La Catalogna che sogna l’indipendenza e respinge il pugno duro della giustizia spagnola contro i suoi leader si è radunata di nuovo sabato sera a Barcellona. Almeno 350mila persone, secondo le cifre generalmente al ribasso fornite dalla polizia locale, sono scese in piazza al grido “libertà per i prigionieri politici“. La manifestazione, guidata dalle organizzazioni indipendentiste Anc e Omnium, si è svolta pacificamente fino alla serata, quando ci sono stati scontri nei pressi della centrale della polizia a Via Laietana e in altri punti del centro, con barricate e fuochi in strada. La polizia – che ha risposto al lancio di oggetti – ha caricato in varie occasioni e arrestato tre persone tra quelle che manifestavano davanti alla questura. Tra i feriti c’è anche un agente dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana: il poliziotto è rimasto gravemente ferito cadendo da un mezzo in movimento, scrive La Vanguardia.
Il bersaglio dei manifestanti è l’Alta corte di Madrid, che 16 giorni fa ha condannato nove leader indipendentisti tra cui l’ex vicepremier Oriol Junqueras, rei di aver promosso il referendum secessionista del 2017, a pene tra i 9 e i 13 anni di carcere. Con il risultato di un’ondata di proteste, costate finora circa seicento feriti e decine di arresti, dopo l’infiltrazione di gruppi violenti nei cortei pacifici.
Il nuovo corteo, che si è snodato lungo Carrer de la Marina, una delle strade più lunghe della città, era andato avanti senza incidenti nel pomeriggio. “Nessuna violenza ci rappresenta”, hanno tenuto a sottolineare gli organizzatori dell’adunata, l’Assemblea Nazionale Catalana e dall’associazione Omnium Cultural, che hanno richiamato oltre 100 sigle di organizzazioni della società civile, culturali, economiche, sindacali. Altrettanto chiaro è stato il messaggio politico: “I nostri leader sono stati detenuti ingiustamente e nessuna sentenza cambierà i nostri obiettivi”: ossia, l’indipendenza della Catalogna. E “noi andremo avanti fin dove i catalani vorranno”, ha sottolineato il presidente della Generalitat Joaquim Torra, che alcune settimane fa aveva annunciato l’intenzione di organizzare un nuovo referendum secessionista entro due anni.
Torra, prima della manifestazione, ha cercato di serrare le fila del movimento incontrando i sindaci di oltre 800 comuni. Ai primi cittadini il leader catalano ha assicurato che “l’autodeterminazione è una strada senza ritorno” e ha fatto un appello all’unità: un appello quanto mai necessario, tanto più che alla sua riunione non hanno partecipato i sindaci delle cinque città più grandi della Catalogna, che rappresentano un terzo della popolazione. Mancava all’appello anche la sindaca di Barcellona, Ada Colau, a cui Torra ha rimproverato una posizione troppo morbida, ancorata al dialogo a tutti i costi con Madrid.
Alla Moncloa, per ora, la porta del confronto con le autorità catalane resta chiusa. Lo ha ribadito la vicepremier Carmen Calvo, ricordando che “il governo ha incontrato gli esponenti della Generalitat in diverse occasioni, ma li ha avvertiti che parlare di diritto all’autodeterminazione è una cosa che non esiste”. E probabilmente a Madrid si confida anche nella parte della Catalogna che di indipendenza non vuol sentir parlare. E che domani ha in programma una contro-manifestazione unionista, sempre a Barcellona.
Mondo
Catalogna, 350mila in piazza a Barcellona: “Liberate i leader indipendentisti”. In serata scontri tra la polizia e i manifestanti
Sabato c'è stata un'altra manifestazione contro le condanne dell'ex vicepremier Oriol Junqueras e di altri otto politici rei di aver promosso il referendum secessionista del 2017. Nel pomeriggio corteo senza incidenti, poi barricate, falò in strada e tensioni davanti alla questura. Un agente dei Mossos d’Esquadra è rimasto gravemente ferito cadendo da un mezzo in movimento
La Catalogna che sogna l’indipendenza e respinge il pugno duro della giustizia spagnola contro i suoi leader si è radunata di nuovo sabato sera a Barcellona. Almeno 350mila persone, secondo le cifre generalmente al ribasso fornite dalla polizia locale, sono scese in piazza al grido “libertà per i prigionieri politici“. La manifestazione, guidata dalle organizzazioni indipendentiste Anc e Omnium, si è svolta pacificamente fino alla serata, quando ci sono stati scontri nei pressi della centrale della polizia a Via Laietana e in altri punti del centro, con barricate e fuochi in strada. La polizia – che ha risposto al lancio di oggetti – ha caricato in varie occasioni e arrestato tre persone tra quelle che manifestavano davanti alla questura. Tra i feriti c’è anche un agente dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana: il poliziotto è rimasto gravemente ferito cadendo da un mezzo in movimento, scrive La Vanguardia.
Il bersaglio dei manifestanti è l’Alta corte di Madrid, che 16 giorni fa ha condannato nove leader indipendentisti tra cui l’ex vicepremier Oriol Junqueras, rei di aver promosso il referendum secessionista del 2017, a pene tra i 9 e i 13 anni di carcere. Con il risultato di un’ondata di proteste, costate finora circa seicento feriti e decine di arresti, dopo l’infiltrazione di gruppi violenti nei cortei pacifici.
Il nuovo corteo, che si è snodato lungo Carrer de la Marina, una delle strade più lunghe della città, era andato avanti senza incidenti nel pomeriggio. “Nessuna violenza ci rappresenta”, hanno tenuto a sottolineare gli organizzatori dell’adunata, l’Assemblea Nazionale Catalana e dall’associazione Omnium Cultural, che hanno richiamato oltre 100 sigle di organizzazioni della società civile, culturali, economiche, sindacali. Altrettanto chiaro è stato il messaggio politico: “I nostri leader sono stati detenuti ingiustamente e nessuna sentenza cambierà i nostri obiettivi”: ossia, l’indipendenza della Catalogna. E “noi andremo avanti fin dove i catalani vorranno”, ha sottolineato il presidente della Generalitat Joaquim Torra, che alcune settimane fa aveva annunciato l’intenzione di organizzare un nuovo referendum secessionista entro due anni.
Torra, prima della manifestazione, ha cercato di serrare le fila del movimento incontrando i sindaci di oltre 800 comuni. Ai primi cittadini il leader catalano ha assicurato che “l’autodeterminazione è una strada senza ritorno” e ha fatto un appello all’unità: un appello quanto mai necessario, tanto più che alla sua riunione non hanno partecipato i sindaci delle cinque città più grandi della Catalogna, che rappresentano un terzo della popolazione. Mancava all’appello anche la sindaca di Barcellona, Ada Colau, a cui Torra ha rimproverato una posizione troppo morbida, ancorata al dialogo a tutti i costi con Madrid.
Alla Moncloa, per ora, la porta del confronto con le autorità catalane resta chiusa. Lo ha ribadito la vicepremier Carmen Calvo, ricordando che “il governo ha incontrato gli esponenti della Generalitat in diverse occasioni, ma li ha avvertiti che parlare di diritto all’autodeterminazione è una cosa che non esiste”. E probabilmente a Madrid si confida anche nella parte della Catalogna che di indipendenza non vuol sentir parlare. E che domani ha in programma una contro-manifestazione unionista, sempre a Barcellona.
Articolo Precedente
Argentina, alle urne in piena crisi con il peronista Fernández in vantaggio. In Uruguay la conferma della sinistra non è più scontata
Articolo Successivo
California in fiamme da mercoledì, ora vento forte e rischio blackout elettrico peggiorano la situazione
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Giustizia & Impunità
Albania, la Corte non convalida: liberi i 43 migranti. Opposizioni: ‘Fallimento di Meloni’. Da destra riparte l’attacco ai giudici: ‘Si sostituiscono al governo’
Politica
Almasri, ora la maggioranza vuole eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale. M5s e Pd: “Così pm sotto il governo e politici impuniti”
FQ Magazine
Vespa scatenato difende il governo: “Ogni Stato fa cose sporchissime”. Opposizioni: “Superato il limite”
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Altri 43 migranti tornano in Italia dai centri in Albania. Presidente Meloni, errare è umano, perseverare è diabolico. Quanti altri viaggi a vuoto dovremo vedere prima che si metta fine a questa pagliacciata costosa per i contribuenti?”. Così Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Terzo flop del ‘modello Albania’: la Corte d’Appello di Roma smonta l’ennesima trovata propagandistica del governo Meloni, sospendendo i trattenimenti e disponendo il trasferimento in Italia dei migranti deportati. Per la terza volta, la destra ha provato a forzare la mano e per la terza volta è stata bocciata. Hanno sprecato milioni di euro pubblici, violato diritti fondamentali e messo in piedi un’operazione disumana, solo per alimentare la loro propaganda. Un fallimento su tutta la linea, mentre il Paese affonda tra tagli alla sanità, precarietà e crisi sociale. Ora che farà Meloni? Toglierà la competenza anche alle Corti d’Appello per accentrarla a Palazzo Chigi?”. Così Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria nazionale Pd ed europarlamentare.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La Corte d’Appello di Roma libera di nuovo immigrati irregolari per i quali potevano essere eseguite rapidamente le procedure di rimpatrio e rimette ancora la palla alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei Paesi sicuri. Le ordinanze che non convalidano i trattenimenti nel centro in Albania e che rimettono alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, insistono sull’individuazione in via generale ed astratta dei “paesi sicuri”, ripercorrendo le motivazioni delle decisioni precedenti, senza giudicare delle posizioni dei singoli migranti. Peccato che la Corte di Cassazione ha ampiamente chiarito, lo scorso dicembre, che questa è una competenza del Governo e non della magistratura. Incredibile che la Corte d’Appello di Roma abbia considerato irrilevante questo principio e insista nel voler riconoscere ai singoli magistrati un potere che è esclusiva prerogativa dello Stato”. Lo dichiara la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.