La senatrice a vita, sopravvissuta al lager di Auschwitz: "Se questi che scrivono insulti possono essere recuperati? La speranza in una nonna c'è sempre, ma la realtà a volte si abbatte sopra la speranza con una bastonata tremenda"
La Procura di Milano da un anno indaga sui messaggi di odio, più di 200, che la senatrice a vita Liliana Segre riceve ogni giorno. Il fascicolo, aperto per molestie e minaccia, è sul tavolo del procuratore aggiunto Alberto Nobili, a capo del pool antiterrorismo, da quando la senatrice, deportata e sopravvissuta ad Auschwitz, ha presentato più denunce. Non sarebbe la sola: secondo quanto riferiscono fonti investigative all’agenzia Ansa, la Procura avvia ogni anno indagini su una decina di messaggi contro il popolo o la religione ebraica.
La senatrice a vita, durante un incontro all’università Iulm (“Sono una persona civile, non conosco altro linguaggio che questo”), è tornata sui messaggi d’odio e sui loro mittenti: gli hater, dice, “sono persone per cui avere pena e vanno curate“. E alla domanda se queste persone possano essere “recuperate”, lei risponde così: “La speranza in una nonna c’è sempre, ma la realtà qualche volta si abbatte sopra la speranza con una bastonata tremenda. Io di bastonate ne ho prese tante e sono ancora qui”. La peggiore bastonata? “Quando hanno ucciso mio padre“. “Ogni minuto va goduto e sofferto – ha aggiunto – bisogna studiare, vedere le cose belle che abbiamo intorno, combattere quelle brutte, ma perdere tempo a scrivere a una 90enne per augurarle la morte… Tanto c’è già la natura che ci pensa”.