Decine di migliaia di italiani che continuano a emigrare all’estero, segnando un netto impoverimento delle regioni del Sud, sempre più spopolate. Il Rapporto annuale sugli Italiani all’estero della Fondazione Migrantes, che rielabora i dati di Aire e Istat, rileva che nel 2018 sono stati oltre 128mila gli expat, con una differenza rispetto all’anno precedente di 400 unità e oltre 5,2 milioni di connazionali sono iscritti all’anagrafe dei residenti all’estero. Ma il fenomeno dell’emigrazione italiana si comprende meglio osservando il lungo periodo: negli ultimi 13 anni, dal 2006 al 2019, il numero di chi se ne va è aumentato del 70,2 per cento e gli iscritti all’Aire, sono passati da poco più di 3,1 milioni agli attuali 5.288.281 e quasi la metà (48,9 per cento) è partito dal Sud.
Più precisamente, da gennaio a dicembre 2018, al registro dell’anagrafe degli italiani all’estero, si sono iscritti 242.353 italiani di cui il 53,1% per espatrio, il 35,9% per nascita, il 6,8% per reiscrizione da irreperibilità, il 3,3% per acquisizione di cittadinanza e lo 0,9% circa per trasferimento dall’Aire di altro comune. Si conferma la prevalenza degli uomini (oltre 71 mila, il 55,2%) sulle donne (oltre 57 mila, il 44,8%), una differenza che nell’ultimo anno si è leggermente accentuata. Si tratta soprattutto di celibi e nubili (64,0%) e, a distanza, di coniugati/e (30,3%).
Negli ultimi 13 anni, dal 2006 al 2019, gli iscritti all’Aire, sono passati da poco più di 3,1 milioni agli attuali 5.288.281 e quasi la metà (48,9 per cento) è partito dal Sud. Proprio sul Meridione il Rapporto accende un faro in più segnalando “l’inesauribile impoverimento” del Sud: “Se negli anni successivi al Secondo dopoguerra – spiega il dossier – i flussi migratori verso le regioni centrosettentrionali erano prevalentemente costituiti da manodopera proveniente dalle aree rurali del Mezzogiorno, nell’ultimo decennio mediamente il 70% delle migrazioni dalle regioni meridionali e insulari verso il Centro-Nord è stato caratterizzato da un livello di istruzione medio-alto“.
Le storie di chi emigra, secondo quanto emerge, sono spesso caratterizzate da progetti non ben definiti, con situazioni che mutano a velocità impensabili per i motivi più disparati: la nascita di un figlio, il sopraggiungere di un problema di salute, una promozione di carriera, una opportunità lavorativa. “Non vale più la strategia del ‘per sempre'”, la mobilità può avere differenti ragioni, spiega sempre il dossier, ma dovrebbe essere più “circolare”. Quella della fuga dei giovani e dei professionisti dall’Italia è un fenomeno su cui anche il ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti, già cervello in fuga in Sudafrica, ha lanciato l’allarme, sottolineando che la partenza di ogni laureato coincida con la “perdita” di “250mila euro di nostre tasse”. E anche per il presidente della Camera Fico l’emorragia di giovani che decidono di costruire il loro futuro fuori dall’Italia mette a rischio il futuro del Paese.