Il procuratore generale Giulio Benedetti ha ribadito la volontà di uccidere da parte degli imputati. Le condanne più pesanti sono per Davide Caddeo, a 8 anni di reclusione, e ad Albano Jakej, a 6 anni e 4 mesi
I giudici della terza sezione d’appello di Milano hanno confermato la sentenza di primo grado, ma hanno rimodulato – per un semplice motivo tecnico – due delle quattro condanne contro gli imputati a processo per l’aggressione dell’1 luglio 2018 contro Niccoló Bettarini, figlio dell’ex calciatore Stefano e della conduttrice tv Simona Ventura, accoltellato all’uscita della discoteca ‘Old Fashion’. La condanna più pesante resta quella contro Davide Caddeo, 30 anni, che in aula ha ammesso di aver inferto alcune coltellate contro Niccolò. Per lui la pena passa dai 9 anni di reclusione a 8 anni in appello. Per Albano Jakej la pena passa da 6 anni e mezzo a 6 anni e 4 mesi. Confermato il verdetto a 5 anni e 6 mesi per Alessandro Ferzoco e a 5 anni per Andi Arapi.
“E’ una sentenza esemplare, che rende giustizia per quel che è successo. Episodi violenti come questo non devono più accadere. I nostri ragazzi devono essere liberi di andare in discoteca in sicurezza”. È il commento dell’avvocato di Bettarini, Daniela Missaglia. “Siamo soddisfatti perché è stata confermata la prima sentenza con una lieve riduzione di due pene, riduzione necessaria per rimediare a un piccolo errore di calcolo”.In aula, nel processo che si è svolto con rito abbreviato, il procuratore generale Giulio Benedetti ha ribadito la volontà di uccidere da parte degli imputati. Le coltellate contro Bettarini “inferte in prossimità degli organi vitali” rappresentano – ha detto il rappresentante dell’accusa nella sua requisitoria – il reato di tentato omicidio” e non rissa. Confermato anche il risarcimento di 200 mila euro a titolo di provvisionale che né la vittima né la sua famiglia avrebbero intenzione di incassare. L’avvocato Missaglia conferma che la somma, se dovesse essere riscossa, sarà devoluta in beneficenza. Assente in aula Niccolò Bettarini, che dopo l’aggressione era stato costretto a un un intervento chirurgico all’ospedale Niguarda per recuperare la piena funzionalità della mano destra.
I difensori dei quattro imputati avevano invece negato la volontà di uccidere dei loro clienti e avevano sostenuto che da parte loro ci fosse stata una reazione, seppur grave, a una sua provocazione. Tutti i legali hanno affermato che i loro assistiti non sapevano dell’esistenza dell’arma con cui è stato accoltellato Niccolò Bettarini, tranne Robert Ranieli, legale di Davide Caddeo. Ranieli ha sostenuto davanti ai giudici che si è trattato di un fatto “estemporaneo”, che non c’è stata alcuna “preparazione” e che il suo cliente “non conosceva” la vittima e, quindi, “non aveva motivi di rancore”. Per tanto aveva chiesto di mitigare la pena, (reato di lesioni aggravate o rissa aggravata) per consentire a Caddeo anche di “riprendere un percorso di recupero” già cominciato in carcere e di andare a lavorare, dato che l’uomo ha altri 4 anni definitivi da scontare per altri reati. Gli avvocati Mirko Perlino e Daniele Barelli, legale di Alessandro Ferzoco e Albano Jakej (entrambi ai domiciliari) hanno sostenuto che quella sera “il primo che è partito con un pugno è stato proprio Bettarini”, sottolineando che nessuno conosceva il ragazzo.