Il programma di acquisto della Bce ha fatto impennare la domanda di titoli di Stato e societari. Risultato: tassi di interesse negativi. Così prestiti e mutui diventano più convenienti. Ma chi vuole investire è in difficoltà: deve puntare su prodotti rischiosi come azioni o obbligazioni dei paesi emergenti. Oppure pensare alla rovescia, come se i titoli fossero azioni, e fare affidamento non sulle cedole ma sul possibile aumento del valore
Mario Draghi ha finito il mandato al comando della Banca centrale europea lasciando in eredità un nuovo taglio dei tassi e l’avvio di un secondo Quantitative easing. Per la maggior parte degli osservatori una mossa provvidenziale che ha salvato l’Europa e l’euro. Per una minoranza, invece, una scelta con conseguenze pericolose: i rappresentati tedeschi nel board Bce non hanno mancato di mostrare insofferenza e malumori per la decisione con cui Draghi ha portato avanti politiche monetarie che hanno ribaltato il quadro finanziario del Vecchio Continente. In questo mondo alla rovescia chi presta soldi deve pagare per farlo, chi si indebita riceve un premio. I titoli di Stato di Paesi europei come Germania, Francia, Olanda e Svizzera hanno interessi negativi su tutte le scadenze, persino quelle trentennali. Idem per i titoli italiani di durata inferiore a 3 anni. E il fenomeno inizia ad interessare anche obbligazioni emesse dalle società. Intanto le banche iniziano ad applicare interessi negativi sui depositi dei correntisti. Ecco che cosa sta succedendo, quali sono i vantaggi e i rischi e come muoversi.
Perché succede – Si tratta di una situazione nuova per l’Europa ma già “assaggiata” negli anni scorsi dal Giappone. Nel tentativo di scongiurare una recessione e di riportare l’inflazione verso valori ritenuti ottimali (circa il 2%), la Bce ha avviato una serie di politiche monetarie definite “ultra espansive”. In pratica sta facendo di tutto perché le banche prestino soldi, le aziende investano, i consumatori consumino. Come? Inondando il Vecchio Continente di denaro. Due le principali leve utilizzate dalla banca centrale. La prima è il programma di acquisto di titoli di Stato e societari, che la Bce acquista principalmente da banche e fondi pagando con “nuova moneta”, ossia denaro creato dalla banca centrale. Sinora Francoforte ha speso per queste operazioni più di 2.600 miliardi di euro. Il fatto che sul mercato ci sia un compratore con disponibilità teoricamente illimitate (che compra non per ragioni di profitto ma con diverse finalità) provoca una forte crescita della domanda di questi titoli. Al punto che chi li vende per farsi finanziare può addirittura chiedere dei soldi per aggiudicarli ad un acquirente, sotto forma di interessi negativi. Per un suo titolo annuale (uno dei prodotti finanziari più sicuri al mondo) lo Stato tedesco si fa, ad esempio pagare, lo 0,6%. Chi oggi ne acquista 1.000 euro, tra 12 mesi ci si vedrà restituire 994 euro. Perché allora qualcuno acquista questi titoli? La Bce, che ha in pancia il 79% dei bond europei a tasso negativo, perché non agisce per fare profitti. Qualcun altro, come i fondi pensione, perché ha assoluto bisogno di tenere almeno una parte dei soldi che gestisce al sicuro.
La seconda leva sono i tassi applicati sui depositi che le banche europee tengono presso la Bce. Tassi al momento negativi dello 0,5%. E’ un modo per indurre le banche a non tenere i soldi “fermi” ma piuttosto a metterli in circolo, prestarli. Questi tassi sono in territorio negativo da fine 2014, ad oggi le banche della zona euro hanno pagato alla Bce interessi per oltre 21 miliardi di euro.
Vantaggi per i consumatori… – Piuttosto che tenere fermi i soldi a queste condizioni, alla banche conviene persino prestarli perdendoci. Nei paesi scandinavi non mancano casi di mutui immobiliari in cui il contraente restituirà meno di quanto ha ricevuto. Per i singoli debitori affidabili insomma inizia a funzionare lo stesso meccanismo che riguarda Stati e imprese. Per ora queste offerte in Italia ancora non si vedono, ma non è escluso che prima o poi anche questo tabù si possa rompere. In ogni caso prestiti e mutui vengono già oggi erogati a tassi bassissimi. Per chi ha mutui immobiliare accesi già da qualche tempo vale la pena valutare la possibilità di una surroga: molto probabilmente confrontando le diverse offerte si possono trovare condizioni più vantaggiose.
…ma i risparmiatori devono ragionare alla rovescia – In questo panorama, il valore delle obbligazioni statali o private con tassi sotto allo zero ha ormai raggiunto i 15mila miliardi di euro. Chi ha dei soldi da investire si trova in grande difficoltà. Se si vuole ottenere qualche guadagno significativo bisogna comprare prodotti più rischiosi come azioni oppure obbligazioni dei paesi emergenti e/o di società finanziariamente meno solide (bond high yield). Uno degli obiettivi del quantitative easing è proprio deprimere i rendimenti dei titoli più sicuri per spostare denaro verso investimenti più vicini all’economia reale. In sostanza prestare meno soldi allo Stato e di più alle aziende, comprando azioni obbligazioni societarie. Un’alternativa, in un mondo rovesciato, è quella di pensare alla rovescia. I bond diventano azioni, le azioni sono obbligazioni. Cosa significa? Per guadagnare con Bot, Bund o Btp bisogna fare affidamento non sulle cedole (gli interessi periodici) , ma sull’eventuale aumento del valore del titolo, rivendendolo prima della scadenza. Esattamente come fino a qualche tempo fa si sarebbe fatto con le azioni.
Per le azioni, più che sul loro apprezzamento, bisogna guardare ai dividendi. Mai come in questo periodo infatti i rendimenti da dividendi azionari risultano superiori a quelli delle cedole obbligazionari. In ogni caso si tratta di un approccio di investimento molto più attivo. Meglio dimenticarsi i tempi in cui si compravano Btp e si dormivano sonni tranquilli per 5 o 10 anni. Peraltro in questo momento i titoli di Stato italiani rappresentano un buon compromesso. Sono tra i pochi in Europa ad offrire rendimenti positivi e il paese non sembra correre rischi di imminenti tracolli finanziari. In questo scenario i risparmiatori hanno un solo vantaggio: l’inflazione molto bassa. Questo fa si che il denaro non perda valore, o ne perda molto poco, anche se sta fermo o è investito in modo da rendere poco o nulla.
Opzione materasso? – In teoria mai come oggi avrebbe un senso tenere soldi in contanti. Inflazione bassa e rendimenti depressi riducono la perdita di potere d’acquisto che inesorabilmente erode il denaro non investito. Tuttavia i metaforici materassi costano più di quanto non si creda. Se davvero si vuole sicurezza le banconote vanno tenute in luoghi sicuri e assicurate. Tutto questo ha un costo che di fatto rappresenta un rendimento negativo anche per il denaro “cash”. Esiste l’alternativa dei conti deposito. In questo caso si ricevono interessi che nei migliori dei casi possono arrivare anche all’1% annuo e i soldi sono protetti dal fondo interbancario per la tutela dei depositi. In sostanza anche nella malaugurata ipotesi per cui la banca dovesse fallire, il denaro sul conto è assicurato fino a 100mila euro. Il rovescio della medaglia è che questi conti comportano l’impegno a vincolare il denaro per periodi di tempo più o meno lunghi.
I pericoli: bolle e segnali sbagliati sui rischi – Questa situazione non è priva di pericoli, la cui entità non è per ora del tutto chiara neppure agli esperti. L’abbondanza di denaro può facilmente portare alla proliferazione di bolle. Ossia al gonfiarsi dei prezzi di prodotti finanziari o di immobili legato non a un reale aumento di valore ma al semplice fatto che tutti comprano. In generale cresce il livello di rischio in capo a chi investe. Il fatto che qualsiasi prodotto finanziario sia molto richiesto fa si che scendano anche i rendimenti di quelli più rischiosi. Così viene meno il segnale di pericolo che è insito nel livello degli interessi. Se un’azienda deve pagare il 15% per riuscire a vendere una sua obbligazione (ossia per farsi prestare soldi dagli investitori), è abbastanza semplice intuire che si tratti di un investimento rischioso. Ma se la domanda per questa obbligazione sale (perché tutti cercano qualcosa che renda e mancano alternative) la stessa azienda può permettersi di pagare interessi sensibilmente più bassi, magari al 4 o 5%. Trasmettendo così l’idea di un investimento relativamente sicuro.
Per varie ragioni, alcune condivisibili, le banche non suscitano grandi moti di solidarietà. Tuttavia è vero che in queste situazione fare quadrare i conti per gli istituti di credito è molto arduo. Prestiti concessi a interessi irrisori significano una drastica riduzione dei ricavi. In prospettiva, quindi, un indebolimento del sistema creditizio. Non è un caso che dalla Germania, paese dove il fenomeno dei tassi nulli o negativi è più esasperato, arrivino da tempo grida di dolore rivolte alla Bce perché attenui questa situazione.
Twitter @maurodelcorno