Il capo politico del M5s al Corriere della Sera: "Con il premier ci siamo sentiti, serve una spinta maggiore nelle risposte da dare al Paese. Ma ci serve una nostra maggioranza autonoma". E oggi incontrerà gli eletti di Emilia Romagna e Calabria per decidere sul voto di gennaio
Con il Pd si lavora bene. Anzi, “meglio di quanto si lavorasse con la Lega“. Ma al presidente del Consiglio Giuseppe Conte che rilancia le alleanze sottolineando che per un patto come questo serve tempo la risposta del capo politico del M5s Luigi Di Maio è che “dopo uno tra i minimi storici alle Regionali, direi che può considerarsi un’esperienza chiusa”. Più precisamente, al capo del governo risponderanno indirettamente gli eletti di Calabria ed Emilia Romagna che oggi incontreranno di Maio: “Saranno i territori a decidere, ma sono pronto a scommettere che nessuno mi chiederà di allearci con il Pd dopo il dato umbro”. L’intervista che Di Maio rilascia al Corriere della Sera mescola professione di umiltà e ritorno alla rigidità pre-accordo col Pd, quando ad agosto erano gli altri a convincerlo della bontà dell’intesa. E’ chiaro che Di Maio teme uno stillicidio per il movimento oltre che per il governo, visto che da qui a primavera i test elettorali regionali saranno 8, a partire dal 26 gennaio in Emilia Romagna. “Penso che serva grande umiltà nel ripartire – è la linea di Di Maio – Dobbiamo azzerare le aspettative e affrontare le regionali come le comunali con lo spirito di chi vuole dare una opportunità ai cittadini di partecipare”.
Quindi la direttrice è doppia: avanti col governo, indietro sulle alleanze locali. “Non è un mistero – afferma – che durante la formazione del governo io fossi abbastanza perplesso. Ma l’approvazione del taglio dei parlamentari, del carcere per i grandi evasori, il decreto clima e il decreto che stabilizza gli insegnanti precari mi convincono che se stiamo facendo cose per gli italiani è giusto andare avanti”: “il Movimento nelle sue varie parti è concorde sul restare al governo”. Dall’altra parte, tuttavia, “quello in Umbria è stato un esperimento, non ha funzionato e punto”.
Di Maio dice di aver parlato con Conte: “Siamo tutti perfettamente consapevoli che serve una spinta maggiore nelle risposte da dare al Paese”. E introduce subito il tema dell’immigrazione: “Non se ne può fare un tema elettorale – dice – Guardiamoci in faccia: esiste un problema? Sì. Va risolto? Sì e non dobbiamo aver paura a dirlo, non si può arrivare al paradosso che dire che l’Italia non può farsi carico di tutti i migranti che partono dalle coste del Nord Africa diventi motivo di vergogna. Bisogna fare la cosa giusta, non quella che spaventa di meno. Non è possibile che la Viking (al decimo giorno senza porto, ndr) per l’ennesima volta sbarchi sempre e solo in Italia”.
Guardando avanti, Di Maio evidenzia che “l’obiettivo non deve cambiare: arrivare al governo del Paese con una maggioranza autonoma che ci permetta di metterci veramente alla prova, se miglioreremo significativamente la qualità della vita degli italiani allora migliorerà anche la percezione delle nostre proposte”. Serve un nuovo contratto, dunque? “Quando alzai la voce durante le consultazioni tutti mi accusarono di voler far cadere tutto, ma la realtà è proprio un’altra, la realtà sono i contenuti, dobbiamo pensare non al chi ma al che cosa si fa. Non c’è nulla di incondizionato, c’è il programma. E in questa settimana che ho trascorso in Umbria mi si avvicinavano cittadini, artigiani, commercianti chiedendomi delucidazioni sulle carte di credito, l’obbligo del pos e altro, questo significa che occorre affinare il metodo partendo dalle proposte”.