Matteo Salvini ha vinto, non ci sono dubbi, e vincerebbe anche se si votasse domani in tutta Italia. Inutile negare questa evidenza con formule politiche e analisi. Ma non si può allo stesso modo negare che questo governo in carica ha annunciato per la prima volta la costruzione di una vera rivoluzione nel Paese: la lotta seria all’evasione fiscale, la lotta alla corruzione, una vera politica ambientalista, infine la lotta alla privatizzazione della sanità.
Questi quattro punti sono la sostanza della foto di Narni. Questi punti sono i sentieri che bisogna percorrere obbligatoriamente, indipendentemente dal marketing del consenso. Questa logica politica presuppone un elemento: l’egoismo civico deve essere sotterrato per lasciar spazio a un sacrificio civico. Ovvero meno per tutti, meglio per tutti. Il futuro passa solo da questo sentiero, inutile far finta di niente o negarlo.
Il Paese non potrà mai essere un’isola sovranista che autarchicamente cercherà di risolvere tutto in casa propria chiudendosi, anzi barricandosi come in un Papete con la musica a palla. Le nuvole, i venti e i mari non hanno confini e ogni volta ci attraverseranno, e ogni volta ci sarà un’emergenza perché ormai questo accade da almeno otto autunni. Al sovranismo populista che propone muri e barricate si deve opporre una resistenza civica che invece crei un clima sociale tutto proiettato al bene comune di tutti e al graduale ridimensionamento delle diseguaglianze. Sarà molto complicato spiegarlo ai cittadini, ma sarà il compito dei prossimi anni.
Probabilmente ce lo spiegheranno e imporranno i nostri figli fra poco, come hanno già cominciato a fare con i Fridays for future. Quello che i leader fotografati a Narni devono fare è uscire dalla foto, dal post, uscire dal selfie, uscire dal tweet e scendere nella concreta, maleodorante e instabile realtà. Le parole di Giuseppe Conte che cita Domenico Modugno, mi fanno intuire che qualcuno lo ha capito e forse suggerisce una strategia efficace. Dentro la post-realtà, l’algoritmo di Salvini è imbattibile, quindi inutile inseguirlo in quel meta-mondo. La realtà è altra cosa.
Il tempo della realtà non soggiace all’algoritmo. Luigi Di Maio e i Cinquestelle devono provare a uscire dall’algoritmo che li tiene imprigionati e interpretare un tempo che non sempre segue le loro esigenze costitutive, ma che si fondano su quella elasticità immaginata da Gianroberto Casaleggio che prevedeva approcci per approssimazioni successive.
Il tempo che deborda dallo spazio annullato delle tecniche social è il vero campo nel quale dovrà nascere ciò che sognano oggi Beppe Grillo, Nicola Zingaretti, Pierluigi Bersani e Matteo Renzi. Il tempo necessità del ritmo e il Di Maio di questi giorni mi sembra un po’ impacciato e fuori sincrono.
Coraggio ci vuole, coraggio! Perché nessuno riuscirà più a tornare indietro su evasione, corruzione, ambiente e sanità. Questo è stato il grande risultato dei Cinquestelle assieme all’aver arginato la potenziale rivolta che il Paese rischiava. L’argine oggi non c’è più, ma per fortuna ci resta il tempo.