Il via a gennaio dalla storica regione "rossa", dove le forze di governo devono decidere come scendere in campo. Poi la Calabria e la Toscana: qui l'elemento imprevedibile è il debutto di Italia Viva di Renzi. Sintesi da trovare anche in Puglia e Campania. Mentre Liguria e Veneto per il centrodestra sembrano già cosa fatta
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte l’aveva detto prima e l’ha detto dopo: con tutto il rispetto, il voto in Umbria non può essere letto come un giudizio sull’operato del governo. Ma lui e la sua maggioranza ce l’hanno messa tutta (foto di gruppo compresa) per trasformarlo nel primo test, a meno di due mesi dal giuramento al Quirinale. E’ andata come tutti sanno: malissimo. Ma se già la piccola Regione del centro – con i suoi 700mila aventi diritto – è diventata la prima ferita della coalizione che sostiene l’esecutivo, davanti a sé il governo Conte 2 ha un vero e proprio percorso a ostacoli. Otto, per l’esattezza, da gennaio a primavera, dall’Emilia Romagna alla Toscana. Una serie di test ad alto impatto che metterà alla prova la solidità di quella che il capo del governo ha definito una coalizione da costruire per il futuro, il leader del Pd Nicola Zingaretti vede come un possibile fronte anti-Salvini, mentre il capo politico del M5s Luigi Di Maio vede già come il fumo negli occhi dopo la catastrofe umbra.
Il primo salto con l’asta sarà con l’Emilia Romagna il 26 gennaio. Poi sarà la volta della Calabria, forse lo stesso giorno o comunque nello stesso periodo centrale dell’inverno. Ma con l’arrivo del nuovo tepore primaverile il gelo per il governo Pd-M5s potrebbe non finire. Dopo l’esperimento in Umbria – finito con l’esplosione del laboratorio dovuta a una fusione a freddo – il primo interrogativo è se Cinquestelle e Pd sceglieranno di ripetere l’esperienza della coalizione. Dall’altro lato del campo, il centrodestra punta a conquistare altre Regioni e in particolare Matteo Salvini lo ribadisce da settimane come un modo per abbattere l’esecutivo che lo ha trascinato fuori dal Viminale: le vinciamo tutt’e nove, continua a ripetere, e mandiamo il governo a casa. Già le ultime elezioni hanno trasfigurato la mappa politica dell’Italia: delle 16 regioni rosse del 2014 ne sono sopravvissute appena sette. E cinque di queste vanno al voto nel 2020: sono Emilia-Romagna, Calabria, Campania, Marche, Puglia e Toscana. Il centrodestra dovrà difendersi in Liguria, dove governa con l’ex esponente di Forza Italia Giovanni Toti, e nel Veneto a trazione leghista con uno dei governatori più amati nelle classifiche di popolarità, Luca Zaia.
EMILIA-ROMAGNA: sfida aperta tra Bonaccini e Borgonzoni
Il 26 gennaio (unica data ad oggi certa) si vota in un’altra regione che, proprio come l’Umbria fino a domenica, è considerata una roccaforte rossa, anche se al suo interno le cose sono già un po’ cambiate. Qui il centrodestra non ha mai governato, ma alle ultime Europee la Lega ha ottenuto il 33,8%, mentre il Pd non è andato oltre il 31,2. Il centrodestra, forte anche dei risultati ottenuti in comuni come Ferrara e Forlì, candida la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, sconfitta da Virginio Merola alle Comunali di Bologna del 2016. I sondaggi parlano di un testa a testa con il governatore uscente, Stefano Bonaccini, che i democratici – il segretario Nicola Zingaretti in testa – hanno confermato come candidato. “La sfida in Emilia-Romagna era e resta apertissima. La vittoria della destra in Umbria è netta, ma quella era un’altra partita e io resto fiducioso“, ha scritto su Facebook il presidente della Regione. Determinante potrebbe essere la scelta del M5s: alle Europee ha ottenuto il 12,9%, i sondaggi gli accreditano di un consenso sotto il 10. Bonaccini è una figura politica, più difficile da digerire rispetto a un candidato civico come Bianconi in Umbria. Il governatore dalla sua ha dato la sua disponibilità a un’alleanza e a trovare delle convergenze. E se Salvini ha detto di avere già prenotato il PalaDozza di Bologna per dare il via, a novembre, alla campagna, Di Maio ha annunciato di voler incontrare e ascoltare gli eletti sul territorio per decidere come presentarsi. Peserà come un macigno il precedente dell’accordo per Perugia e del suo esito fallimentare.
CALABRIA: i due aspiranti candidati rinviati a giudizio
Una data certa non esiste, ma sicuramente le elezioni in Calabria non potranno tenersi oltre il prossimo mese di gennaio. Altrettanto mistero c’è sui candidati: il governatore uscente Mario Oliverio punta a guidare nuovamente la coalizione Pd, mentre Forza Italia vorrebbe il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto a capo del centrodestra. Entrambi però sono tra i 20 indagati dell’inchiesta Passpartout per cui la procura ha chiesto il rinvio a giudizio. Storia di appalti truccati e corruzione, ma anche nomine telecomandate e traffico di influenze. La segreteria nazionale di Zingaretti per ora è rimasta tiepida su Oliverio, mentre nel centrodestra la Lega ha fatto sapere di non volere Occhiuto: “Meglio persone senza problemi con la giustizia”. L’accordo vorrebbe però che fosse Forza Italia a indicare un nome. Nel frattempo i Cinquestelle non si sono avvantaggiati: i due ipotetici candidati sono l’imprenditore Pippo Callipo (già candidato nel 2010 con il sostegno dell’Italia dei Valori, Lista Pannella-Bonino e associazioni della società civile) e il vicepresidente dell’Associazione medici per l’Ambiente Ferdinando Laghi. Ma c’è anche l’autocandidatura della deputata al secondo mandato Dalila Nesci che insiste nel chiedere una deroga per dimettersi dal Parlamento e quindi correre per la Regione. In Calabria alle Europee il M5s ha retto come primo partito (26,7%) davanti al 22,6 della Lega e al 18,25 del Pd.
TOSCANA: il Pd senza un candidato e con il terzo incomodo Renzi
In primavera andrà al voto un’altra roccaforte rossa. In Toscana, rispetto all’Emilia-Romagna, il Pd è riuscito a rimanere davanti alla Lega alle ultime Europee (33,3 contro 31,5), ma è orfana di un candidato forte che possa succedere a Enrico Rossi, che sta concludendo il suo secondo mandato. I nomi che girano non sono una garanzia per reggere l’onda d’urto leghista (il nome più forte è dell’attuale presidente del consiglio regionale Eugenio Giani, che non trascina le folle fuori dal circondario di Firenze). Il centrodestra già governa in alcune realtà importanti, come Pisa e Grosseto, ma non è ancora riuscito a sfondare nelle zone più ‘rosse’, a partire dal capoluogo Firenze. Il candidato dovrebbe essere espressione della Lega e la scelta potrebbe ricadere su Susanna Ceccardi, sindaca di Cascina dal giugno 2016 al giugno 2019, quando è stata eletta al Parlamento europeo. Nel centrosinistra invece la “grana” è Italia Viva di Matteo Renzi che sicuramente presenterà una sua lista per puntare al battesimo fortunato, magari anche in doppia cifra. Il M5s in Toscana soffre da un po’ – basti pensare al disastro elettorale delle Comunali di Livorno dopo l’esperienza amministrativa di Filippo Nogarin – e difficilmente andrà oltre il 12,7 per cento delle Europee. Il Pd da qualche tempo ha avviato un dialogo con i Cinquestelle. “Sui temi”, come si dice in questi casi. A partire dai rifiuti: il cambio di strategia dei democratici – stop ai nuovi impianti, spinta sull’economia circolare – sembrava un modo per lubrificare le relazioni con il M5s. C’è da capire se dopo il caso umbro questa danza di corteggiamento proseguirà.
CAMPANIA: il M5s punta a governare, le incognite De Luca e Carfagna
Altrettanto difficile la convivenza tra Pd e M5s in Campania. Nella Regione attualmente guidata da Vincenzo De Luca (Pd), il M5s è ancora forte (33,85% alle ultime Europee) e ha la tentazione di provare ad eleggere un governatore pentastellato. Nel centrosinistra l’avventura di De Luca sembra arrivata al capolinea e per questo il M5s confida in un nome “forte”, rappresentativo delle istanze del Movimento, che però potrebbe convincere anche il Pd. Anche perché il governatore uscente, se ce ne fosse stato bisogno (“Giggino” Di Maio, come lo chiama lui, è il bersaglio preferito dei suoi monologhi), ha già chiuso a qualsiasi possibile accordo. Nel centrodestra invece, in una Regione tradizionalmente democristiana e amministrata dall’azzurro Stefano Caldoro fino a 5 anni fa, la scelta del futuro candidato dovrebbe spettare a Forza Italia: il nome forte è quello di Mara Carfagna, ma le ultime distanze con Silvio Berlusconi potrebbe far cambiare opinione anche al resto dell’alleanza.
PUGLIA: Emiliano chiude a un’alleanza, il centrodestra spera
A chiudere per ora a un’alleanza con il M5s in Puglia è il governatore Michele Emiliano, in polemica per quelle che definisce le “promesse mancate” su Tap e Ilva. L’attuale presidente di Regione in vista delle urne propone un accordo di tutto il centrosinistra che però tenga fuori i Cinquestelle. Nel Pd però ancora nulla è deciso: potrebbe esserci le primarie oppure la segreteria nazionale potrebbe optare su un altro nome, con l’incognita di una candidatura autonoma di Emiliano. Intanto alle Europee il Pd in regione era appena sopra il 16%. Nella Puglia del premier Giuseppe Conte, il M5s rimaneva invece ancora primo partito con il 26,3%, ma la Lega era vicinissima al 25,3%: sono stati tanti i delusi dai Cinquestelle dopo un anno di governo. Nel centrodestra – che ha governato dal 1995 al 2005 con gli azzurri Distaso e Fitto – a scegliere il candidato potrebbe essere Fratelli d’Italia, ma ancora siamo nel campo delle suggestioni.
MARCHE: la Lega ha già sfondato, Fratelli d’Italia punta al governatore
Risalendo l’Adriatico, il centrodestra punta a conquistare anche un’altra Regione tradizionalmente di centrosinistra: le Marche, oggi amministrate da Luca Ceriscioli. Qui alle Europee la Lega ha sfondato con il 38%, contro il 22,2% del Pd e il 18,4 del M5s. Il capogruppo della Lega in consiglio regionale Sandro Zaffiri già evoca “la ricetta Umbria” anche per questa regione: quindi un centrodestra compatto, aperto anche alle liste civiche. Fratelli d’Italia ha l’obiettivo di governare la Regione con un suo uomo. Per ora si parla di Carlo Ciccioli, Francesco Acquaroli e Guido Castelli, l’ex sindaco di Ascoli che per la sua amministrazione ha ricevuto spesso complimenti e attestati di stima anche dallo schieramento avversario. Al modello Umbria potrebbero puntare anche Pd e M5s, magari con qualche mese in più di tempo per preparare una candidatura forte: sembra l’ultimo modo per arginare la crescita del centrodestra a guida Carroccio, in sfondamento dal Nord verso il centro.
LIGURIA E VENETO: nessuna probabilità di ribaltone
Le uniche regioni al voto nel 2020 in cui il centrodestra già governa sono Liguria e Veneto. Sono anche quelle dove l’esito pare più scontato. Luca Zaia è già al secondo mandato ma il suo successore a Venezia sarà sicuramente un leghista: per dirlo basta guardare al 49,88% raccolto alla Europee. In Liguria l’unica grana per il centrodestra riguarda il nome dell’attuale governatore Giovanni Toti, fresco di addio a Forza Italia. Il vicesegretario della Lega, Giancarlo Giorgetti, ha fatto capire chiaramente che per quel che riguarda il Carroccio va bene il leader del nuovo partito ‘Cambiamo!’. A storcere il naso sono ovviamente i berlusconiani, ma alla fine – per mantenere tutto il Nord a targa centrodestra – si troverà un punto di caduta. E magari – con l’en plein – anche la caduta del governo