Contestati i reati di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Ai dirigenti di Rfi i pm contestano di aver omesso "di mettere a disposizione dei lavoratori di Trenord srl e di tutti i viaggiatori dei treni percorrenti" la linea interessata "attrezzature idonee ai fini della sicurezza" senza garantire così "che l’infrastruttura fosse mantenuta in buono stato di efficienza per la sicura circolazione dei treni"
Rete ferroviaria italiana aveva omesso “di mettere a disposizione dei lavoratori di Trenord srl e di tutti i viaggiatori dei treni percorrenti” la linea interessata “attrezzature idonee ai fini della sicurezza” senza garantire così “che l’infrastruttura fosse mantenuta in buono stato di efficienza per la sicura circolazione” dei treni. E il suo amministratore delegato, Maurizio Gentile, “nonostante i ripetuti e frequenti episodi di rotture” dei giunti “su tutto il territorio nazionale”, non provvide “a dare disposizioni o direttive generali” affinché fossero “intensificate le attività ispettive sull’infrastruttura” e fosse “assicurata la rapida sostituzione di tutte le parti ammalorate” o a “rischio rottura”. È un atto di accusa durissimo nei confronti dei vertici di Rfi quello contenuto nell’avviso di chiusura indagini per l’incidente ferroviario di Pioltello in cui il 25 gennaio 2018 morirono 3 persone e decine rimasero ferite.
Dodici le persone indagate, tra cui 2 manager e 7 tra dipendenti e tecnici Rfi, nonché 2 ex vertici dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie.e la stessa Rete ferroviaria italiana. Nell’inchiesta, condotta dalla Polfer e coordinata dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, alle 11 persone fisiche vengono contestati i reati di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, mentre la società Rfi è indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. Nei giorni scorsi, si era saputo che oltre ai nove, tra manager e dipendenti di Rfi, indagati già noti, gli inquirenti avevano iscritto anche Amedeo Gargiulo, all’epoca direttore dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie, ed un suo vice. Anche per loro si profila la richiesta di rinvio a giudizio.
Secondo la relazione finale dei consulenti tecnici nominati dai pm, depositata lo scorso marzo, il disastro ferroviario di Pioltello è stato causato dallo “spezzone di rotaia” di 23 centimetri che “si è fratturato”, nel cosiddetto ‘punto zero’, per “un danneggiamento ciclico irreversibile generato da condizioni di insufficiente manutenzione”. E “l’assenza dei controlli US (ultrasonori)” non ha consentito di monitorare la “progressione irreversibile del danneggiamento del giunto” in cattive condizioni, anzi ci sono stati “ritardi” nella “sostituzione” proprio di quest’ultimo.
La causa del deragliamento, infatti, fu “la sopraelevazione della ruota destra” del terzo vagone del convoglio dovuta alla “interposizione dello spezzone di rotaia“, quello da 23 centimetri che si staccò, “tra il binario di corsa e la ruota stessa”. E la mancata “istruzione delle richieste di sostituzione” del giunto nel ‘punto zero’ – il cui problema era noto da almeno 11 mesi – “secondo quanto le procedure Rfi imponevano” e i “ritardi nella programmazione delle attività di sostituzione” ha permesso “all’irreversibile ammaloramento del giunto di procedere fino al cedimento finale“. Per tamponare il problema, venne soltanto piazzata una tavoletta di legno sotto il giunto per evitare che la rotaia sbattesse contro la massicciata.