La stessa inquadratura per 90 minuti di partita. Mai uno stacco. Mai una pausa. Mai un diversivo. Una sperimentazione visiva degna di Empire di Andy Warhol. È domenica pomeriggio. Ore 15 meno qualche minuto. Canale 817, TRC Modena. In campo uno dei tanti derby della via Emilia. Serie C, girone B: Modena-Reggio Audace. A mezzo busto, nella classica inquadratura dallo stadio, modello Quelli che il calcio, ci sono il giornalista Giancarlo Tacconi e l’ex giocatore canarino Rubens Pasino. Tacconi a destra, più vicino all’obiettivo. Pasino a sinistra, leggermente più lontano dall’obiettivo. Guardateli bene. E se non li vedete bene, nessun problema. Tanto rimarranno così per l’intera durata della partita.
Un’unica inquadratura. Identica. Immobile. Fissa. Per 90 interminabili minuti. Tacconi e Pasino. Pasino e Tacconi. Sempre lì con le cuffie in testa. Alla ricerca di un gol del Modena che, tra l’altro, non arriva mai. Anzi segna la Reggio Audace attorno al quindicesimo. E ancora: Tacconi e Pasino. Pasino e Tacconi. Ammiriamo alcune otturazioni dentali di Tacconi. Rimaniamo affascinati degli occhioni azzurri di Pasino. Ma anche stupefatti dagli antidiluviani infissi dello stadio Braglia alle spalle dei due. Al ventesimo minuto Pasino primeggia in sofismi: “Le caratteristiche non si comprano al supermercato: o le si ha o non le si ha”. Al 36esimo Tacconi ricorda che sono “collegati” (mentalmente? umanamente? teoricamente?) con gli altri campi di A. Al 41esimo una saggia citazione di Pasino: “Come dice un mio amico: è lunga!”.
Infatti. L’inquadratura rimane la stessa. Sempre uguale. Sempre identica dal primo minuto. Sempre fissa. Il “riposo” non porta consiglio. Il cameraman nemmeno esiste. E allora i tatuaggi di Pasino si dispiegano in tutta la loro profondità estetica. Le sopracciglia di Tacconi un po’ sbarazzine ricordano che Stefano Belisari, in arte Elio, e lo zio Bergomi, non sono soli nell’universo. E attorno al 70esimo della ripresa siamo ancora lì. Tacconi e Pasino. Pasino e Tacconi. L’obiettivo non si sposta di un millimetro. Un vicino di sedia di Pasino, un lontano sosia di Vladimiro Caminiti, stanco e affranto per un match che non sembra granché, tira un po’ indietro il busto e per pochi secondi scopriamo che c’è vita al Braglia oltre Tacconi e Pasino. Oltre Pasino e Tacconi.
Tempo di pareggio, sperato ma mai arrivato: mani nei capelli quando il Modena lo sfiora, bocca tirata quando sbaglia per la seconda volta. Intanto della polo di Pasini conosciamo nei particolari le raffinate finiture bianche di maniche e colletto. E della giacca blu elettrico di Tacconi iniziamo a sapere a memoria taglia, composizione dei tessuti e modalità di lavaggio. Una trasmissione così formalmente sperimentale, roba che Aldo Grasso impazzirebbe, viene vista sia da un tifoso modenese a Parigi (fonte sms in diretta) e addirittura da un tifoso che in quel momento si trova lì, a pochi metri da Pasino e Tacconi, sugli spalti del Braglia (altro sms). Una mise en abyme alla André Gide. Un incauto spettatore, poi, sempre via sms, sostiene che ci sia stata un’interruzione del segnale e che i due siano fuori sincrono. Pochi istanti di panico puro. Ma Pasino e Tacconi non mollano di un metro. Bocche e voci tornano a sovrapporsi. Sempre dentro lo stesso immobile quadro. Minuti di recupero compresi. Dopo diverse ore dalla fine del match fonti locali dicono che Pasino e Tacconi siano ancora lì a sedere allo stadio. Uno di fianco all’altro. Cuffie in testa. Pasino e Tacconi. Tacconi e Pasino (ad libitum…).