Il quartiere di don Pino Puglisi è sotto attacco da parte dei vandali. Otto gli atti messi a segno in quindici giorni da un gruppo di ragazzini dai 15 ai 17 anni nella piazza intitolata al sacerdote ucciso da Cosa nostra nel quartiere di Brancaccio a Palermo. L’ultimo episodio è quello di lunedì sera quando quattro ragazzi hanno rotto un lampione poco prima l’ingresso della casa-museo di don Puglisi e rubato alcune lampadine. “È da martedì 22 ottobre che i vandali sono entrati in azione. I giovani hanno anche danneggiato un pannello della mostra fotografica che racconta la visita a Brancacio di Papa Francesco del 15 settembre dello scorso anno in occasione del 25esimo anniversario dell’assassinio. Purtroppo, abbiamo notato che appena si abbassa la guardia, i ‘balordi’ ritornano”, racconta Maurizio Artale, presidente del Centro Padre nostro fondato da Puglisi a Brancaccio e inaugurato pochi mesi prima il suo omicidio.
“Sembra non esserci più ritegno e pudore da parte di chi, indisturbatamente, continuano a sfregiare la memoria dell’ex parroco di Brancaccio, che volle sacrificarsi anche per ragazzini come loro – aggiunge Artale – Era da un anno che non succedevano fatti simili, ora invece siamo costretti a fare un passo indietro e ritornare a rieducare i giovani. I genitori devono insegnare ai ragazzi l’importanza di questo luogo”. Gli atti vandalici sono stati condannati anche dal presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra che sulla sua pagina twitter scrive: “Un vero esempio di inciviltà. Bisogna insistere sull’educazione, fondamentale per combattere la mafia in quartiere”.
Sull’accaduto è intervenuto anche il deputato del Movimento 5 Stelle Francesco D’Uva: “Non dobbiamo mai sottovalutare episodi di questo tipo, per nessuna ragione. Costituiscono un allarme sociale e culturale, che merita la massima attenzione da parte di tutte le istituzioni, e ad ogni livello”. E aggiunge: “Dobbiamo impegnarci ogni giorno per togliere i nostri ragazzi dalle mani della malavita e renderli protagonisti in positivo della società in cui costruiranno il loro futuro”.
Brancaccio è il quartiere diventato tristemente noto per essere la zona di influenza della famiglia guidata dei boss Filippo e Giuseppe Graviano, condannati per le stragi del 1992 e 1993. Oggi qui gli eredi di don Puglisi – che per ordine dei Graviano venne assassinato – cercano di costruire. “Abbiamo presentato – precisa Artale – in Comune il progetto definitivo e stiamo per completare anche il progetto esecutivo. A breve, dunque, si procederà con la messa al bando della realizzazione dell’opera”. Costruire un nido a Brancaccio era un’idea del sacerdote antimafia. Non è l’unica che è stata realizzata nel quartiere a Sud di Palermo: “Ad oggi gestiamo uno spazio per il doposcuola dei ragazzi, uno per gli anziani, uno che aiuta mamme con figli vittime di abusi e maltrattamenti e uno che offre la possibilità ai detenuti in esecuzione penale esterna di scontare la pena con noi volontari del Centro Padre Nostro”.
Al vaglio del Comune c’è anche il progetto per la costruzione di una nuova piazza. “In quartiere mancano dei luoghi di aggregazione – continua Maurizio –. Anche se abbiamo una piscina e un teatro all’aperto sempre più frequentati dai ragazzi del centro”. Già i ragazzi, il materiale umano sul quale lavorava don Puglisi. Lo stesso che per Cosa nostra era fondamentale. “Se prima eravamo noi ad andare di casa in casa per cercare i giovani, ora sono loro che vengono da noi. È questa l’eredità di don Pino che portiamo avanti con tanto impegno. Negli anni abbiamo dovuto lottare, abbiamo ricevuto minacce di morte ma non ci siamo mai fermati”. Gli accumuli di spazzatura agli angoli della strada e qualche ragazzo ancora coinvolto nei giri di droga ricordano che a Brancaccio c’è ancora tanto da fare. Ma gli insegnamenti di padre Puglisi si vedono.