Entro il 2023 si saranno investiti 225 miliardi di euro in oltre 230 modelli elettrici. Intanto, però, al calo del gasolio corrisponde l'aumento di vendite dei motori a benzina, che non aiuta di certo l'ambiente
Tanti investimenti e pochi ritorni in termini di profitto, con conseguente riconfigurazione del mercato globale. Al momento, è questo il significato del passaggio alla propulsione elettrica per le case automobilistiche. Le ultime stime arrivano dal Global Automotive Outlook, in occasione dell’annuale ForumAutomotive organizzato da AlixPartners.
Secondo lo studio, la svolta elettrica porterà i costruttori a compiere, entro il 2023, investimenti per 225 miliardi di euro: un impegno economico massiccio, che in produzione di auto a zero emissioni si tradurrebbe in oltre 230 modelli (oggi sono circa 60, compresi quelli elettrificati) a livello europeo. Il Global Automotive Outlook, però, non riporta stime rosee per l’industria di settore che, a fronte di grandi investimenti, non troverebbe altrettanti profitti: la diffusione delle EV su larga scala, infatti, avrebbe ancora forti limiti.
La transizione verso motorizzazioni alternative, quindi, sarebbe più problematica di quanto si pensi: perché se da un lato non si riuscirà a parlare di boom delle elettriche per ancora qualche anno, dall’altro si assiste sin da ora a un forte calo delle vendite del diesel, fattore che non aiuta a ridurre le emissioni di anidride carbonica. Infatti, se pure crescono le ibride, tra le motorizzazioni più diffuse a farla da padrona è sicuramente quella a benzina, il cui utilizzo genera un aumento della CO2 emessa. Un cane che si morde la coda, quindi, perché come sottolineato dallo studio, “di questo passo sarà difficile raggiungere gli obiettivi di emissioni medie delle flotte imposti per il 2020 (95 gr CO2/km) e il 2025 (81 gr/km) con conseguente impatto negativo sui conti delle case costruttrici”.
Basti pensare che, nel 2018, la percentuale di auto private e veicoli commerciali leggeri a gasolio è scesa al 36% e per il 2030 si attende un calo netto al 10%. Un crollo, quello del diesel, che non causerà soltanto l’aumento delle vetture a benzina circolanti – e, a catena, dell’anidride carbonica nell’atmosfera – ma, a lungo andare, creerà pure difficoltà occupazionali.
Senza contare che il passaggio all’elettrico comporterà problemi per after market e officine di autoriparazioni, dal momento che le auto a batteria richiederanno una manutenzione minore e più rada. Insomma, a quanto pare l’altra faccia della medaglia dell’avere motori più puliti nel parco circolante potrebbe essere un “deserto del profitto”, come è stata descritta dallo studio la situazione del mercato globale da qui ad almeno il prossimo decennio.