Il magistrato palermitano è la prima vittima italiana del dovere: fu ucciso a colpi di pistola il 26 gennaio del 1960 durante un'udienza al tribunale di Nicosia di cui era presidente. Nella sua carriera indagò sulla strage di Portella della Ginestra
Gerusalemme rende omaggio alla prima vittima del dovere italiana, il giudice Antonino Giannola. Al magistrato, già inserito a dicembre 2018 nell’elenco “Le rose spezzate” dell’Anm che raccoglie i nomi dei magistrati morti per il loro impegno contro la criminalità, è stata intitolata una quercia commemorativa nella foresta presidenziale di Tzora, sulle colline di Gerusalemme. Sul tronco della quercia è stata riportata la nota frase del giudice Paolo Borsellino: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Il nuovo albero, secondo quanto riportato dall’agenzia stampa Agi, si aggiunge agli altri 27 dedicati ad altrettanti magistrati uccisi dalla criminalità.
Alla cerimonia, nel bosco della memoria, ha partecipato una delegazione italiana composta, tra gli altri, dal vice presidente del Csm, Davide Ermini, dal consigliere del Csm Piercamillo Davigo, dal magistrato Stefano Amore, assistente di studio presso la Corte Costituzionale, dall’ambasciatore Italiano in Israele Gianluigi Benedett, e dal generale Giovanni Nistri, comandante generale dei Carabinieri,
Giannola, nato a Partinico in provincia di Palermo nel 1906, fu ucciso a colpi di pistola il 26 gennaio del 1960, durante un’udienza al tribunale di Nicosia di cui era presidente. L’assassinio, a cui vennero poi concesse le attenuanti per infermità mentali, prima di sparare urlò di voler “uccider la giustizia“. Il giudice era entrato in magistratura a soli 24 anni e svolse il suo primo incarico alla Corte d’Assise di Palermo dove indagò sulla strage di Portella della Ginestra del 1947. Fu, quindi, giudice a latere nel processo alla banda di Salvatore Giuliano, accusato di essere autore della strage dei contadini che si erano radunati per festeggiare l’1 maggio.
Il giudice lo scorso 26 gennaio fu ricordato dal Csm come “il primo magistrato italiano ucciso in ragione della funzione esercitata”. Eppure l’omicidio di Giannola, marito e padre di tre figli all’epoca dell’assassinio ancora minorenni, è l’unico caso in cui alla famiglia non è stato riconosciuto alcun risarcimento: questo perché le leggi entrate in vigore dopo il 1960 hanno limitato gli indennizzi ai fatti accaduti dopo il gennaio del 1961. La storia del giudice è stata raccontata anche nel libro, presentato a Gerusalemme, “Ritratti del coraggio – Lo Stato italiano e i suoi magistrati”, curato dal Stefano Amore e dedicato ai 28 magistrati italiani vittime della criminalità comune, della mafia e del terrorismo caduti per la loro missione in difesa dei diritti e della libertà, dal 1960 in poi.