La Camera degli Stati Uniti ha riconosciuto in modo bipartisan, quasi all’unanimità (405 sì su 435 voti, di cui 11 contrari) una risoluzione che invita a “commemorare il genocidio armeno” e a “rifiutare i tentativi di associare il governo americano alla sua negazione”, nonché a educare sulla vicenda. L’approvazione è stata salutata con un lungo applauso in aula. Si tratta del primo riconoscimento formale da parte di Washington.
Nella stessa occasione la Camera ha anche approvato (con 403 sì e 11 no, ora deve pronunciarsi il Senato) un’altra risoluzione con cui chiedere al presidente Donald Trump di imporre sanzioni e altre restrizioni alla Turchia e ai dirigenti di quel Paese per l’offensiva nella Siria settentrionale. Immediata la reazione turca, che ha convocato l’ambasciatore americano ad Ankara, David Satterfield. Lo riferisce l’agenzia ufficiale turca Anadolu che cita fonti diplomatiche. Il Paese guidato da Erdogan “rifiuta” la risoluzione sul genocidio armeno, bollandola come una decisione “ad uso interno, priva di qualunque base storica e giuridica”. “È un passo politico insignificante – ha detto il capo della diplomazia di Ankara Mevlut Cavusoglu – indirizzato solo alla lobby armena e ai gruppi anti-Turchia”. Il ministero degli esteri turco ha condannato fortemente anche la risoluzione sulle sanzioni, sottolineando che la decisione non è consona all’ alleanza Nato tra i due Paesi e all’accordo tra Usa e Ankara sulla tregua in Siria, e ammonendo Washington a prendere misure per evitare passi che danneggino ulteriormente le relazioni bilaterali. Entrambe le risoluzioni arrivano dopo che Trump ha ritirato le truppe Usa dalla Siria abbandonando gli alleati curdi all’offensiva turca. Incalzato dal Congresso, il tycoon ha imposto alcune sanzioni modeste, revocandole non appena è stata annunciata la tregua.
Il genocidio armeno è stato riconosciuto da una trentina di Paesi, tra cui l’Italia. Secondo le stime tra 1,2 e 1,5 milioni di armeni sono stati uccisi durante la prima guerra mondiale dalle truppe dell’impero ottomano, all’epoca alleato di Germania e Regno austro-ungarico. Ma Ankara rifiuta il termine genocidio sostenendo che vi furono massacri reciproci sullo sfondo di una guerra civile e di una carestia che fecero migliaia di morti da entrambe le parti. Nell’aprile 2017, pochi mesi dopo l’insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump aveva definito il massacro degli armeni “una delle peggiori atrocità di massa del XX secolo”, senza però usare il termine genocidio. Ma bastò a suscitare l’ira della Turchia. Barack Obama, prima di essere eletto nel 2008, si era impegnato ad riconoscere il genocidio armeno, ma in seguito non lo fece.
Dall’Italia, arriva il commento di Giulio Centemero, tesoriere della Lega e presidente dell’Intergruppo di amicizia tra i parlamenti Armeni e Italiano. “Anche gli Stati Uniti riconoscono il genocidio armeno: enorme passo in avanti per i diritti umani. Sono particolarmente felice che l’ostinazione dell’Italia siano serviti da esempio ad altri Stati che, come noi, hanno deciso di condannare tali barbarie che rappresentano, ancora oggi, una minaccia per la civiltà”. Prosegue: “Lo scorso 10 aprile la Camera dei Deputati aveva approvato la mozione bipartisan a prima firma Formentini (Lega), che impegna il governo a ‘riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale’ ricorda Centemero. “Un atto di grande coraggio che, nonostante l’irritazione di Erdogan, ha avuto un’eco a livello internazionale tale da sensibilizzare altri paesi come il Portogallo e gli Stati Uniti sul tema”. “Proprio questi ultimi, martedì scorso, hanno infatti votato in modo schiacciante la risoluzione con la quale vengono riconosciute le uccisioni di massa contro il popolo armeno ad opera dell’impero ottomano”, conclude il tesoriere della Lega.
Mondo
Stati Uniti, la Camera riconosce formalmente il genocidio armeno. La Turchia convoca ambasciatore americano ad Ankara
La risoluzione approvata quasi all'unanimità (405 sì su 435 voti, di cui 11 contrari) invita a "commemorare il genocidio armeno" e a "rifiutare i tentativi di associare il governo americano alla sua negazione", nonché a educare sulla vicenda. Secondo il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, la scelta di chiedere misure restrittive non è conforme all’alleanza Nato tra i due Paesi e al loro accordo sulla tregua in territorio siriano
La Camera degli Stati Uniti ha riconosciuto in modo bipartisan, quasi all’unanimità (405 sì su 435 voti, di cui 11 contrari) una risoluzione che invita a “commemorare il genocidio armeno” e a “rifiutare i tentativi di associare il governo americano alla sua negazione”, nonché a educare sulla vicenda. L’approvazione è stata salutata con un lungo applauso in aula. Si tratta del primo riconoscimento formale da parte di Washington.
Nella stessa occasione la Camera ha anche approvato (con 403 sì e 11 no, ora deve pronunciarsi il Senato) un’altra risoluzione con cui chiedere al presidente Donald Trump di imporre sanzioni e altre restrizioni alla Turchia e ai dirigenti di quel Paese per l’offensiva nella Siria settentrionale. Immediata la reazione turca, che ha convocato l’ambasciatore americano ad Ankara, David Satterfield. Lo riferisce l’agenzia ufficiale turca Anadolu che cita fonti diplomatiche. Il Paese guidato da Erdogan “rifiuta” la risoluzione sul genocidio armeno, bollandola come una decisione “ad uso interno, priva di qualunque base storica e giuridica”. “È un passo politico insignificante – ha detto il capo della diplomazia di Ankara Mevlut Cavusoglu – indirizzato solo alla lobby armena e ai gruppi anti-Turchia”. Il ministero degli esteri turco ha condannato fortemente anche la risoluzione sulle sanzioni, sottolineando che la decisione non è consona all’ alleanza Nato tra i due Paesi e all’accordo tra Usa e Ankara sulla tregua in Siria, e ammonendo Washington a prendere misure per evitare passi che danneggino ulteriormente le relazioni bilaterali. Entrambe le risoluzioni arrivano dopo che Trump ha ritirato le truppe Usa dalla Siria abbandonando gli alleati curdi all’offensiva turca. Incalzato dal Congresso, il tycoon ha imposto alcune sanzioni modeste, revocandole non appena è stata annunciata la tregua.
Il genocidio armeno è stato riconosciuto da una trentina di Paesi, tra cui l’Italia. Secondo le stime tra 1,2 e 1,5 milioni di armeni sono stati uccisi durante la prima guerra mondiale dalle truppe dell’impero ottomano, all’epoca alleato di Germania e Regno austro-ungarico. Ma Ankara rifiuta il termine genocidio sostenendo che vi furono massacri reciproci sullo sfondo di una guerra civile e di una carestia che fecero migliaia di morti da entrambe le parti. Nell’aprile 2017, pochi mesi dopo l’insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump aveva definito il massacro degli armeni “una delle peggiori atrocità di massa del XX secolo”, senza però usare il termine genocidio. Ma bastò a suscitare l’ira della Turchia. Barack Obama, prima di essere eletto nel 2008, si era impegnato ad riconoscere il genocidio armeno, ma in seguito non lo fece.
Dall’Italia, arriva il commento di Giulio Centemero, tesoriere della Lega e presidente dell’Intergruppo di amicizia tra i parlamenti Armeni e Italiano. “Anche gli Stati Uniti riconoscono il genocidio armeno: enorme passo in avanti per i diritti umani. Sono particolarmente felice che l’ostinazione dell’Italia siano serviti da esempio ad altri Stati che, come noi, hanno deciso di condannare tali barbarie che rappresentano, ancora oggi, una minaccia per la civiltà”. Prosegue: “Lo scorso 10 aprile la Camera dei Deputati aveva approvato la mozione bipartisan a prima firma Formentini (Lega), che impegna il governo a ‘riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale’ ricorda Centemero. “Un atto di grande coraggio che, nonostante l’irritazione di Erdogan, ha avuto un’eco a livello internazionale tale da sensibilizzare altri paesi come il Portogallo e gli Stati Uniti sul tema”. “Proprio questi ultimi, martedì scorso, hanno infatti votato in modo schiacciante la risoluzione con la quale vengono riconosciute le uccisioni di massa contro il popolo armeno ad opera dell’impero ottomano”, conclude il tesoriere della Lega.
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Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Il Segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato alla Cbs che ci sarà un aumento dei casi di detenzione simili a quello del manifestante filo-palestinese Mahmoud Khalil. "Ogni giorno, ormai - ha aggiunto - approviamo revoche di visti e anche di Green Card".
"Devi fare certe dichiarazioni", ha spiegato a proposito dei non cittadini che arrivano negli Stati Uniti. "Se ci dici, quando fai domanda per un visto, che stai arrivando negli Stati Uniti per partecipare a eventi pro-Hamas che vanno contro gli interessi della politica estera... Se ci avessi detto che lo avresti fatto, non ti avremmo mai dato il visto".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - Hezbollah ha condannato in una dichiarazione gli attacchi americani contro obiettivi Houthi nello Yemen. "Affermiamo la nostra piena solidarietà nei confronti del coraggioso Yemen e chiediamo a tutti i popoli liberi del mondo e a tutte le forze di resistenza nella nostra regione e nel mondo di unirsi per contrastare il progetto sionista americano contro i popoli della nostra nazione", ha scritto in una nota il Partito di Dio.
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi americani in Yemen sono "un avvertimento per gli Houthi e per tutti i terroristi". Lo ha detto a Fox News il vice inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, sottolineando che "questa non è l'amministrazione Biden. Se colpisci gli Stati Uniti, il presidente Trump risponderà. Il presidente Trump sta ripristinando la leadership e la deterrenza americana in Medio Oriente".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.