La fumata bianca arriverà nei prossimi giorni. Ma ormai nel Pd toscano i giochi sembrano fatti: a meno di grossi scossoni, il candidato Democratico alle elezioni regionali del 2020 sarà Eugenio Giani, presidente del Consiglio regionale che da mesi batte palmo a palmo la Toscana in vista della candidatura. L’accelerazione è arrivata nelle ultime ore dopo la batosta della coalizione Pd-M5S in Umbria: il nome di Giani era un po’ sceso nelle quotazioni nelle ultime settimane proprio in vista di un possibile accordo tra i Dem e i Cinquestelle anche in Toscana, ma la sconfitta ha portato buona parte del Pd a confluire sulla figura del presidente del Consiglio regionale per evitare ulteriori lacerazioni nei prossimi mesi. La paura di perdere l’ultimo bastione rosso rimasto in Italia ha fatto accettare la candidatura di Giani, sostenuto dai renziani di Italia Viva ma fino a domenica malvisto dagli zingarettiani e dalla corrente toscana di Base Riformista. Lui, mentre proseguono le consultazioni del Pd toscano sul programma e il candidato, gongola da candidato in pectore: “Non è un’investitura ufficiale – dice –, ma nelle consultazioni trapelano gli orientamenti che finora hanno portato a mettere in una certa evidenza il mio nome rispetto ad altre indicazioni”.
Una candidatura quasi obbligata – La scelta di Giani, però, sembra essere stata digerita obtorto collo da buona parte dei dem: “Eugenio non si ritirerà mai per un altro candidato – racconta a Ilfattoquotidiano.it un dem toscano di primo piano –, quindi questo significa primarie certe. A quel punto è tutti contro tutti, andiamo sbattere e anche qui vince la Lega. Col rischio che venga giù tutto. Allora meglio Giani”.
Le mire del presidente del consiglio regionale sono note da tempo: in questi cinque anni ha girato in lungo e in largo la regione per farsi conoscere nei luoghi più remoti di tutta la Toscana, tanto che in molti ironizzano sulla sua onnipresenza a inaugurazioni, buffet e tagli di nastri. Ma fino a pochi giorni fa il Pd era fortemente spaccato sul suo nome: sostenuto apertamente da Matteo Renzi, sia l’ala più vicina a Nicola Zingaretti che gli ex renziani rimasti nel Pd avevano più di una riserva su un candidato troppo legato al passato. Gli esponenti più vicini al segretario gli avrebbero preferito l’ex responsabile Sanità del Pd, Federico Gelli, mentre Dario Nardella, Luca Lotti & Co tifavano per la discesa in campo della segretaria toscana Simona Bonafè. Su quest’ultima però, dicono tra i democratici, Renzi avrebbe messo un veto a causa della sua ambiguità durante la scissione: l’europarlamentare che deve tutto all’ex premier si è fatta vedere alla Leopolda, ma sempre prendendo le distanze da Italia Viva. E così, dopo la sconfitta umbra, si è arrivati velocemente al nome di Giani.
L’endorsement di Nardella – Ad accelerare tutto sarebbe stato il pranzo di lunedì a Palazzo Vecchio con il sindaco di Firenze. I due avrebbero già parlato della lista civica in sostegno di Giani ed è il suo nome che il sindaco farà alle consultazioni di giovedì. Dall’altra parte, se i giochi sembrano fatti, gli zingarettiani provano a smorzare la candidatura del presidente del Consiglio regionale: “Al momento la cosa più importante è capire quale sarà la coalizione – dice Valerio Fabiani, uomo di Zingaretti in Toscana – e il candidato viene scelto dalla coalizione, soprattutto in un momento in cui c’è bisogno di unire le forze alla nostra sinistra e con il M5s. L’onda nera della destra è sempre più forte e il nome del candidato sarà fatto quando sarà rappresentativo di una larga coalizione”. I 5 Stelle e la sinistra di Leu, infatti, non accetteranno mai di appoggiare Giani e questo preoccupa non poco gli uomini vicini al segretario. Ma poi conta la maggioranza del partito, che adesso sta con il presidente del Consiglio regionale.
Giani, dal Partito socialista alla corte di Renzi – La discesa in campo per Palazzo Strozzi Sacrati arriva trent’anni dopo la sua entrata in politica, prima nel Partito Socialista e, nel 2007, nel Pd. Sessant’anni, una laurea in Giurisprudenza a Firenze, Giani viene eletto in Consiglio comunale nel 1990, prima di iniziare una lunga trafila a Palazzo Vecchio con i Socialisti Italiani, Socialisti Democratici Italiani fino ai Dem. Nel 2002 viene nominato assessore allo Sport della giunta di Leonardo Domenici, impegnandosi attivamente per la rinascita della Fiorentina dopo il fallimento dell’era Cecchi Gori. Ma nel 2014, quando Renzi è arrivato a Palazzo Chigi, si aspetterebbe che il premier lo scegliesse come suo successore: e invece no, Nardella ha la meglio. Allora Giani si impegna pancia a terra per la candidatura alle Regionali con un obiettivo: succedere a Enrico Rossi nel maggio 2020. Adesso ha il sostegno, non scontato, anche del suo partito.
Twitter: @salvini_giacomo
Politica
Elezioni Regionali Toscana, il Pd “obbligato” a candidare Eugenio Giani. Dal Psi al renzismo: chi è l’uomo che gli zingarettiani non vogliono
L’accelerazione è arrivata nelle ultime ore, dopo la batosta della coalizione Pd-M5S in Umbria: il suo nome era un po’ sceso nelle quotazioni nelle ultime settimane proprio in vista di un possibile accordo tra Dem e M5s. Ma la sconfitta ha portato buona parte del partito a confluire sulla figura del presidente del Consiglio regionale per evitare ulteriori lacerazioni nei prossimi mesi
La fumata bianca arriverà nei prossimi giorni. Ma ormai nel Pd toscano i giochi sembrano fatti: a meno di grossi scossoni, il candidato Democratico alle elezioni regionali del 2020 sarà Eugenio Giani, presidente del Consiglio regionale che da mesi batte palmo a palmo la Toscana in vista della candidatura. L’accelerazione è arrivata nelle ultime ore dopo la batosta della coalizione Pd-M5S in Umbria: il nome di Giani era un po’ sceso nelle quotazioni nelle ultime settimane proprio in vista di un possibile accordo tra i Dem e i Cinquestelle anche in Toscana, ma la sconfitta ha portato buona parte del Pd a confluire sulla figura del presidente del Consiglio regionale per evitare ulteriori lacerazioni nei prossimi mesi. La paura di perdere l’ultimo bastione rosso rimasto in Italia ha fatto accettare la candidatura di Giani, sostenuto dai renziani di Italia Viva ma fino a domenica malvisto dagli zingarettiani e dalla corrente toscana di Base Riformista. Lui, mentre proseguono le consultazioni del Pd toscano sul programma e il candidato, gongola da candidato in pectore: “Non è un’investitura ufficiale – dice –, ma nelle consultazioni trapelano gli orientamenti che finora hanno portato a mettere in una certa evidenza il mio nome rispetto ad altre indicazioni”.
Una candidatura quasi obbligata – La scelta di Giani, però, sembra essere stata digerita obtorto collo da buona parte dei dem: “Eugenio non si ritirerà mai per un altro candidato – racconta a Ilfattoquotidiano.it un dem toscano di primo piano –, quindi questo significa primarie certe. A quel punto è tutti contro tutti, andiamo sbattere e anche qui vince la Lega. Col rischio che venga giù tutto. Allora meglio Giani”.
Le mire del presidente del consiglio regionale sono note da tempo: in questi cinque anni ha girato in lungo e in largo la regione per farsi conoscere nei luoghi più remoti di tutta la Toscana, tanto che in molti ironizzano sulla sua onnipresenza a inaugurazioni, buffet e tagli di nastri. Ma fino a pochi giorni fa il Pd era fortemente spaccato sul suo nome: sostenuto apertamente da Matteo Renzi, sia l’ala più vicina a Nicola Zingaretti che gli ex renziani rimasti nel Pd avevano più di una riserva su un candidato troppo legato al passato. Gli esponenti più vicini al segretario gli avrebbero preferito l’ex responsabile Sanità del Pd, Federico Gelli, mentre Dario Nardella, Luca Lotti & Co tifavano per la discesa in campo della segretaria toscana Simona Bonafè. Su quest’ultima però, dicono tra i democratici, Renzi avrebbe messo un veto a causa della sua ambiguità durante la scissione: l’europarlamentare che deve tutto all’ex premier si è fatta vedere alla Leopolda, ma sempre prendendo le distanze da Italia Viva. E così, dopo la sconfitta umbra, si è arrivati velocemente al nome di Giani.
L’endorsement di Nardella – Ad accelerare tutto sarebbe stato il pranzo di lunedì a Palazzo Vecchio con il sindaco di Firenze. I due avrebbero già parlato della lista civica in sostegno di Giani ed è il suo nome che il sindaco farà alle consultazioni di giovedì. Dall’altra parte, se i giochi sembrano fatti, gli zingarettiani provano a smorzare la candidatura del presidente del Consiglio regionale: “Al momento la cosa più importante è capire quale sarà la coalizione – dice Valerio Fabiani, uomo di Zingaretti in Toscana – e il candidato viene scelto dalla coalizione, soprattutto in un momento in cui c’è bisogno di unire le forze alla nostra sinistra e con il M5s. L’onda nera della destra è sempre più forte e il nome del candidato sarà fatto quando sarà rappresentativo di una larga coalizione”. I 5 Stelle e la sinistra di Leu, infatti, non accetteranno mai di appoggiare Giani e questo preoccupa non poco gli uomini vicini al segretario. Ma poi conta la maggioranza del partito, che adesso sta con il presidente del Consiglio regionale.
Giani, dal Partito socialista alla corte di Renzi – La discesa in campo per Palazzo Strozzi Sacrati arriva trent’anni dopo la sua entrata in politica, prima nel Partito Socialista e, nel 2007, nel Pd. Sessant’anni, una laurea in Giurisprudenza a Firenze, Giani viene eletto in Consiglio comunale nel 1990, prima di iniziare una lunga trafila a Palazzo Vecchio con i Socialisti Italiani, Socialisti Democratici Italiani fino ai Dem. Nel 2002 viene nominato assessore allo Sport della giunta di Leonardo Domenici, impegnandosi attivamente per la rinascita della Fiorentina dopo il fallimento dell’era Cecchi Gori. Ma nel 2014, quando Renzi è arrivato a Palazzo Chigi, si aspetterebbe che il premier lo scegliesse come suo successore: e invece no, Nardella ha la meglio. Allora Giani si impegna pancia a terra per la candidatura alle Regionali con un obiettivo: succedere a Enrico Rossi nel maggio 2020. Adesso ha il sostegno, non scontato, anche del suo partito.
Twitter: @salvini_giacomo
Articolo Precedente
Fca-Psa, Conte: “Governo non può rimanere indifferente, va garantito livello di produzione e di occupazione in Italia”
Articolo Successivo
Fiano (Pd) prende la parola in Aula e qualcuno gli urla “sionista”: scoppia la bagarre alla Camera tra Fratelli d’Italia e il Partito democratico
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Cronaca
Peggiorano le condizioni di Papa Francesco: “Infezione polimicrobica, il quadro clinico è complesso. La degenza sarà adeguata”
Mondo
Summit di Parigi sull’Ucraina: l’Europa prova a uscire dall’irrilevanza. Lavrov e Rubio a Riyad: ‘Non ha senso invitare l’Ue ai negoziati’. Anche Zelensky va in Arabia
Mondo
Russia ancora contro Mattarella: ‘Parallelo con Hitler? Conseguenze’ Hacker russi attaccano siti italiani
Roma, 17 feb (Adnkronos) - Ha da poco preso il via, alla Camera, la 'chiama' dei deputati per il voto di fiducia sul Dl emergenze.
Londra, 17 feb. (Adnkronos) - Il principe William ha saltato la cerimonia dei Bafta, premio di cui è presidente. Anziché unirsi al mondo dello spettacolo in occasione della premiazione annuale cinematografica dell'Accademia a Londra, che ha visto 'Conclave' e 'The Brutalist' fare incetta di premi, il futuro re britannico ha deciso di concedersi una vacanza ai Caraibi con la sua famiglia. Il Mail on Sunday ha rivelato che il principe di Galles si trova a più di seimila chilometri dalla Gran Bretagna, nell'esclusivo paradiso caraibico dell'isola di Mustique.
Il principe William, Kate e i loro figli sono volati sull'isola privata giovedì, pochi giorni dopo che Kensington Palace aveva annunciato che la coppia non avrebbe preso parte alla cerimonia, a cui hanno partecipato numerose star, alla Royal Festival Hall. La famiglia sta trascorrendo la seconda vacanza nel giro di pochi mesi, dopo la pausa sciistica di Capodanno. Si ritiene che abbiano viaggiato tutti insieme in business class, su un volo della British Airways, poiché negli ultimi anni il protocollo che prevede che gli eredi al trono volino separatamente è stato allentato.
Una fonte afferma che hanno preso un volo per Saint Lucia prima di prenderne uno privato per Mustique, notoriamente il rifugio preferito della defunta principessa Margaret, nonché un luogo di fuga molto amato dalle celebrità. Anche la defunta regina e il principe Filippo vi fecero visita nel 1966, 1977 e 1985. Sembra che anche la madre di Kate, Carole Middleton, che apprezza la privacy che il luogo offre, si trovi sull'isola. Mustique è di proprietà di una società privata e non consente la permanenza a giornalisti o fotografi. Sull'isola c'è un piccolo hotel e i visitatori devono possedere una casa o avere un invito per soggiornarvi.
C'è un solo bar, il Basil's, la cui clientela include Mick Jagger, Daniel Craig, Noel Gallagher e Kate Moss. Inizialmente, gli addetti ai lavori dei Bafta speravano che William e Kate avrebbero preso parte insieme alla cerimonia di ieri, segnando un ritorno sul red carpet per Kate, dopo la sua malattia. William ha partecipato alla cerimonia l'anno scorso senza la moglie, ma non vi ha preso parte per due anni consecutivi da quando è diventato presidente nel 2010.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - "Mentre Giorgia Meloni annuncia con ostinazione di voler portare avanti il protocollo Italia-Albania, la realtà dei fatti racconta un'altra storia: il progetto si sta rivelando un fallimento sotto ogni aspetto. Continuare a insistere, ignorando le evidenti criticità emerse, significa solo perseverare nell’errore e continuare a sprecare somme ingenti di denaro pubblico, già oltre il miliardo di euro". Lo dichiarano i deputati democratici della Commissione Affari Costituzionali alla Camera, Simona Bonafè, Gianni Cuperlo, Federico Fornaro, Matteo Mauri e Matteo Orfini.
"La premier rivendica il 'diritto della politica di governare', ma governare significa anche assumersi la responsabilità di riconoscere quando un’operazione non funziona e soprattutto rispettare la legge. Il miliardo di euro investito nel progetto avrebbe potuto rafforzare servizi essenziali come sanità, istruzione e welfare, invece viene impiegato per un’iniziativa che sta mostrando tutti i suoi limiti".
"La notizia dei licenziamenti nei centri di Shengjin e Gjader - concludono - certifica ulteriormente la fragilità di questo sistema. Il governo prenda atto della realtà e non insista con nuove forzature legislative per tenere in piedi un’iniziativa ormai compromessa".
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - “In merito allo scandalo Paragon, non è stato smentito che, oltre all'intelligence, non vi siano altri apparati dello Stato che abbiano in dote tale spyware, non indicando nello specifico quali sarebbero i clienti italiani di Paragon Solutions”. Così una interrogazione di Matteo Renzi e dei senatori di Italia Viva rivolta al Ministro della Giustizia Carlo Nordio.
“Pare fondamentale accertarsi dal Ministro interrogato che la Polizia penitenziaria sia totalmente estranea all’utilizzo di Paragon e se così non fosse, si chiede di sapere quando e da chi sia stato firmato il contratto e quanto valga, sia l’importo dell’accordo; se risulti veritiero o meno che la Polizia penitenziaria abbia in dote e utilizzi tale spyware, se risulti veritiero che il Gom utilizzi una propria struttura di intercettazione e quante persone compongano l’ufficio incaricato di seguire le intercettazioni per la polizia penitenziaria e quante risorse economiche siano state utilizzate dalla stessa per gli strumenti di intercettazione negli ultimi tre anni".
"Se risulti veritiero che l’ex capo del Dap si sia dimesso e abbia indicato le ragioni del suo gesto in una lettera riservata inviata al Ministro. Se in questa lettera e nella decisione delle dimissioni influiscano divergenze tra le vedute dell’ex capo del Dap e il sottosegretario Del Mastro delle Vedove e la capo di gabinetto Bartolozzi”, si legge nell’ interrogazione.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - "È in atto un attacco all’Europa per dividerla e indebolire la sua forza. Un obiettivo delle destre di tutto il mondo che va contrastato con determinazione perché solo un’Europa più forte e coesa può garantire una soluzione di pace per l’Ucraina. Per questo chiediamo alla Premier Meloni oggi a Parigi di abbandonare le sirene trumpiane e di collocare l’Italia nel campo europeista dove pace, democrazia e sicurezza sono valori irrinunciabili". Così in una nota Chiara Braga e Francesco Boccia, capigruppo Pd alla Camera dei Deputati e al Senato, e Nicola Zingaretti, capo delegazione Pd al Parlamento Europeo.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - "Come già dimostrato dai fatti, il protocollo Italia-Albania rimane un progetto fallimentare, costosissimo, contro i diritti umani e le normative internazionali e Ue". Così in una nota Alessandro Zan, vice presidente della commissione Libe, responsabile diritti nella Segreteria Pd.
"Le dichiarazioni del Commissario Brunner appaiono quanto meno sorprendenti, soprattutto perché Giorgia Meloni ha scialacquato un miliardo di euro dei contribuenti italiani che poteva invece essere investito nella sanità pubblica. La Commissione deve garantire il sistema europeo comune di asilo, le norme comuni dell'Ue in materia di migrazione, per non lasciare sola l’Italia e non cercare scorciatoie sbagliate e inumane. Come può quindi condividere gli obiettivi del modello Albania e sostenere l'elusione degli obblighi internazionali e Ue? Dal Parlamento Ue continueremo a vigilare e far sentire la nostra voce contro ogni violazione e contro ogni ulteriore sperpero di denaro pubblico."
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Su "tutto ciò che costruisce unità, noi ci saremo". Angelo Bonelli risponde così interpellato sulla possibilità di una manifestazione sulla questione sociale annunciata da Giuseppe Conte e su cui Elly Schlein si è detta disponibile.