È il figlio di uno dei giornalisti storici e più famosi della Rai, Bruno Vespa, eppure, nonostante la vita agiata, quella di Federico non è stata affatto facile. Lo speaker di RTL 102.5 (co-conduce con il padre ogni venerdì alle 8 “Non Stop News- Raccontami”) si racconta e si mette a nudo nel suo libro “L’anima del maiale. Il male oscuro della mia generazione“, di cui il quotidiano Il Giornale ha pubblicato alcuni stralci. Federico confessa subito di aver sofferto di un “disturbo ansioso-depressivo” da quando aveva 18 anni.
“Ho passato anni a sentirmi un continuo nodo in gola. Ero l’agnello nella tana dei lupi” – ha scritto il figlio di Vespa. La malattia lo ha portato anche ad affogare nell’alcol che in qualche modo sembrava rendergli la vita “normale”. Ma così non era. Il suo era come fosse “un coma farmacologico”.
Quello di Federico è un male generazionale. Infatti Federico fa anche dei riferimenti storici precisi, a cavallo degli anni ’80 e ’90, che lo hanno segnato e rinchiuso, appunto, nella “tana dei lupi”: “Sono nato nel 1979, mi pesa dirlo, non lo nego. Un anno prima della mia nascita succedevano molte cose in questo maledetto e affascinante Paese. Paradossalmente avrei preferito essere vecchio ora ed essere stato giovane allora. Avrei almeno potuto chiedermi perché uno dei più grandi statisti che l’Italia abbia mai conosciuto, Aldo Moro, sia stato prima rapito con il sacrificio degli uomini della sua scorta, poi assassinato dopo una trattativa Brigate Rosse-Stato”.
Gli anni sono seguiti sempre in preda al “coma farmacologico”, fino a quando è arrivata la consapevolezza di fare i conti con la vita, non da solo. “Chiedere aiuto può fare ancora più paura della paura stessa del male, – spiega Federico – di quel sudore, quell’ansia, quel terrore di perdere il controllo e perfino, di diventare aggressivo, di fare male a qualcuno, magari a qualcuno a cui vuole bene. Il fatto è che il male, con il suo fascino inspiegabile, qualche volta funziona da anestetico, e ti mette sotto una campana che ti allontana dalla vita, dagli affetti, dalla famiglia, dai desideri e allora non ti senti più niente, non provi più niente”. Poi la luce. Infatti è stata la mamma, il magistrato Augusta Iannini, “senza che lei lo sapesse” a salvargli la vita.