Due sentenze in pochi giorni che hanno fatto cadere l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Don Luigi Ciotti si dice preoccupato.”Con la sentenza su Mafia Capitale è stato cancellato il 416 bis. Ci preoccupa. Anche la sentenza recente di Bologna è inquietante. Sono segnali che non dobbiamo sottovalutare”, dice il sacerdote fondatore dell’associazione antimafia Libera. “Ciascuno di noi deve fare la propria parte per conoscere, scegliere e poi schierarsi”, ha continuato Ciotti oggi alla Spezia partecipando a un incontro organizzato da Libera.
Il sacerdote si è molto soffermato sulle nuove mafie, sempre più organizzate dal punto di vista “tecnologico e finanziario. Non passerà molto che parleremo di cartello di mafie del narcotraffico anche in Europa”.
I processi citati da don Ciotti sono due. Quello romano ribattezzato Mafia capitale, che in Cassazione ha visto cadere per tutti gli imputati l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. I principali accusati sono Massimo Carminati a Salvatore Buzzi, rispettivamente ex estremista di destra con rapporti con la Banda della Maglia ed ex ras delle cooperative. Per la procura erano al vertice di un’associazione mafiosa che dettava legge nella Capitale: per la procura di Roma, invece, si trattava di una doppia associazione a delinquere dedita alla corruzione. Carminati in appello era stato condannato a 14 anni e mezzo, Buzzi invece a 18 anni e 4 mesi. Come deciso dagli ermellini le pene dovranno essere ricalcolata dai giudici dell’appello di Roma. Nel frattempo a Carminati è stato revocato il carcere duro mentre gli avvocati di Buzzi si preparano a chiedere la scarcerazione del loro cliente.
Il processo bolognese citato da Ciotti, invece, è il processo Black Monkey. La corte d’Appello di Bologna che ha fatto cadere l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso nel processo al presunto clan Femia Secondo i giudici si tratta di associazione semplice e questo comporta una riduzione delle condanne per gran parte dei 23 imputati. Con l’unica eccezione dell’amminstrazione dello Stato sono stati revocati anche tutti i risarcimenti per le parti civili, compresi quelli per il giornalista minacciato Giovanni Tizian (presente in aula), per Libera, per la Regione Emilia Romagna e per il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.
Nicola Femia, considerato dalla Procura il capo dell’organizzazione legata alla ‘ndrangheta che faceva profitti con le slot, passa da 26 anni e 10 mesi a 16 anni. Molti dei reati sono stati dichiarati prescritti, mentre alcuni imputati minori sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato oppure perché il fatto non sussiste. La Corte d’Appello ha rideterminato la pena anche per il figlio di Femia, Rocco Maria Nicola, condannato ora a 10 anni di reclusione e 2.500 euro di multa e per la figlia Guendalina, condannata a cinque anni. Diminuisce anche la pena per Domenico Cagliuso, 10 anni, e per Giannalberto Campagna, genero di Nicola Femia, condannato a 7 anni. Quattro anni invece per l’ispettore di polizia Rosario Romeo e per Valentino Trifilio, 5 anni per Luigi Condelli e 3 per Massimiliano Colangelo.