Zonaeuro

Mario Draghi, è meglio che l’ex banchiere non scenda in politica. O rischia l’effetto Monti

Mario Draghi è stato un ottimo banchiere ma se entrasse in politica sarebbe un pessimo politico, un pessimo uomo di Stato. Governare le banche e governare una nazione sono cose profondamente diverse. Ognuno deve fare il suo mestiere: per esempio il professore Mario Monti quando è sceso in politica si è alienato in pochi mesi il favore dei cittadini elettori. Speriamo quindi che Draghi, l’ex banchiere centrale europeo, l’ex banchiere della banca d’affari Goldman Sachs, l’ex governatore della Banca d’Italia, non scenda mai in politica.

Draghi è stato un buon banchiere perché ha salvato le banche europee iniettando enormi quantità di moneta a loro vantaggio. Dopo la crisi dei subprime le banche non si prestavano più soldi perché non si fidavano più le une delle altre, e la Bce le ha soccorse fornendo loro oltre 4 triliardi (migliaia di miliardi) di liquidità – una cifra enorme, pari a circa il 20% del Pil europeo – e fissando i tassi centrali di interesse a livello zero, cioè dando e prestando soldi praticamente gratis.

Su un punto Draghi è stato davvero geniale: quando nel 2012, per fermare la crisi dell’euro che stava precipitando sotto gli attacchi della speculazione, ha bluffato affermando che poteva e voleva fare qualsiasi cosa per salvare l’euro a qualunque costo, e che questo sarebbe bastato. Ha fatto finta che la Bce fosse una vera banca centrale – come per esempio la Federal Reserve americana – che può intervenire sul mercato stampando moneta in quantità illimitata, così da sventare qualsiasi speculazione al ribasso sulla moneta.

Un bluff evidente, perché la Bce non ha nessuno strumento per fornire alle banche e agli Stati liquidità illimitata, anzi: per statuto non può farlo. Per il trattato di Maastricht deve solo limitare l’inflazione al 2% circa, e non può finanziare Stati e pubbliche amministrazioni. Ma la speculazione internazionale ha preferito non vedere le carte di Draghi e il bluff ha avuto successo. Non è detto però che riesca un’altra volta.

Draghi ha salvato l’euro? Vero! Ma solo temporaneamente. L’euro è e resta una moneta molto fragile, sempre in bilico. Doveva servire per realizzare gli Stati Uniti d’Europa. Che però non ci saranno mai perché gli stati forti, Germania e Francia, non rinunceranno alla loro sovranità, e perché sarebbe pazzesco unire 28 Stati (o anche solo 5 o 10) in una unica istituzione centrale. Al massimo l’euro potrebbe diventare la moneta comune di una Confederazione europea, di un’unione lasca di stati sovrani con un bilancio comune. Ma anche questo è difficile, perché la Germania dichiara apertamente che non vuole la “transfer union”, la condivisione e il trasferimento di risorse, e perché un bilancio fiscale comune e condiviso presuppone una unione politica al momento impensabile. L’euro è quindi destinato a navigare come un tappo sul mare in tempesta.

L’espansione monetaria di Draghi – che ha comprato titoli di Stato dalle banche, diminuendo il peso dei debiti pubblici – ha salvato l’euro ma non l’economia reale che infatti in Europa è ancora a rischio di recessione; la moneta stampata ex novo dalla Bce ha invece gonfiato a dismisura i mercati finanziari (cioè i ricchi), nuovamente a rischio sboom.

Se ci sarà una nuova crisi, l’euro sarà nuovamente in pericolo. Per salvarlo occorrerebbe che la Germania e l’intera Ue facessero politiche espansive a vantaggio di tutti gli stati: ma questo è molto difficile. La Germania non cambierà politica a vantaggio degli altri paesi. Oppure bisognerebbe fare l’Helicopter Money, cioè stampare e distribuire soldi non più solo per le banche ma direttamente per i cittadini e le aziende, e magari anche gli enti pubblici. L’HM è suggerito ormai da colossi come BlackRock, che gestisce fondi per circa 6 triliardi di dollari, e da alcuni articoli apparsi su testate autorevoli come il Financial Times.

Ma è molto improbabile che la Bce di Christine Lagarde voglia e possa offrire denaro direttamente alle famiglie saltando l’intermediazione bancaria. In compenso, Draghi l’HM lo ha fatto a favore delle maggiori società europee comprando 178 i miliardi di loro obbligazioni. I beneficiari in Italia, secondo quanto riporta Repubblica, sarebbero Atlantia, A2A, Enel, Eni, Telecom Italia, Terna, Hera, Snam, Acea, Iren, Autostrade, Italgas, 2i Rete Gas, ADR Aeroporti di Roma, Ferrovie dello Stato, Beni stabili, Exor, Cnh.

Come politico Draghi è stato certamente ultra-conservatore. All’inizio ha abbracciato completamente le teorie di Angela Merkel: ognuno doveva innanzitutto fare i compiti a casa sua e stringere la cinghia. All’inizio del suo mandato Draghi, nella sua prima intervista concessa al Wall Street Journal nel febbraio del 2012, ha chiarito la sua visione: il modello sociale europeo è una zavorra per l’economia, un peso da gettare, e l’unica cosa cosa da fare è ripagare presto i debiti grazie alle “riforme strutturali”.

Che cosa fossero le riforme strutturali Draghi lo aveva già spiegato nella lettera inviata al governo italiano il 5 agosto 2011 e firmata insieme a Jean Claude Trichet, l’ex presidente della Bce. La lettera imponeva di: riformare la Costituzione per introdurre il pareggio di bilancio (che è una vera bestemmia contro lo sviluppo economico); modificare il sistema di contrattazione salariale collettiva, privilegiando la contrattazione aziendale rispetto a quella nazionale; rivedere il sistema pensionistico allungando l’età pensionabile; privatizzare i servizi pubblici su larga scala. Tutte le indicazioni della Bce sono state poi messe in atto dai successivi governi italiani: ma l’austerità non ha fatto crescere il Pil e non ha ridotto neppure il debito pubblico.

Inoltre bisogna ricordare che cosa ha fatto la Bce di fronte alla tragedia della crisi greca. Ha imposto la chiusura degli sportelli bancari la settimana prima del referendum del luglio 2015 in modo da dimostrare che cosa poteva accadere in caso la popolazione avesse deciso – come poi effettivamente ha fatto a grande maggioranza – di non aderire alle imposizioni della Troika (Bce, Ue, Fmi).

Solo di fronte al palese fallimento delle sue politiche anti-deflazionistiche, Draghi sembra essersi in parte ricreduto. Negli ultimi tempi ha rinnegato le sue visioni ultra-liberiste affermando finalmente che nella Ue è necessaria anche un’espansione fiscale e che gli stipendi sono troppo bassi. Ma si è ricreduto un po’ tardivamente: speriamo che sua moglie gli suggerisca di continuare a fare il banchiere o di andare in pensione, e non di entrare in politica.