Il tempo stringe e la ricostruzione non procede secondo le aspettative. Il nuovo viadotto sul Polcevera fatica a prendere forma: si lavora ormai da più di cinque mesi, ma alla struttura che sorgerà al posto del ponte Morandi mancano ancora 18 campate su 19. Al momento se ne vede una sola, quel tratto da 50 metri d’impalcato tra le pile 5 e 6 (sul lato ovest) inaugurato il 1° ottobre scorso con una cerimonia solenne, alla presenza del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli. Dopo di che, più nulla.
I piloni completati sono 4 su 18, tutti a ovest, mentre a est i lavori rimangono nelle primissime fasi. Di questo passo appare molto difficile rispettare la prossima scadenza-chiave, oggetto di un preciso impegno da parte del consorzio Fincantieri-Salini-Italferr e sottolineata più volte dal sindaco-commissario Marco Bucci (e non solo): quella, cioè, che vorrebbe l’intero “scheletro” del nuovo ponte in piedi entro la fine del 2019, per arrivare al collaudo nel mese di aprile 2020. Nonostante i turni degli operai coprano 24 ore al giorno, festivi compresi, a rallentare la tabella di marcia sono intervenuti più fattori, dai ritardi nella demolizione al ritrovamento di idrocarburi nel sottosuolo. Fino al meteo, con i nubifragi e le raffiche di vento che hanno colpito Genova nelle ultime settimane (tutt’altro che imprevedibile in autunno in Liguria) complicando ulteriormente le operazioni, in particolare quelle da compiere in quota.
Il piano prevedeva l’avanzamento dei lavori in contemporanea dalle due sponde del Polcevera, ma sul lato di Levante, dove c’è stata l’implosione a fine giugno, l’opera è allo stato embrionale: per quattro pile su nove si sta ancora lavorando sottoterra, con lo scavo delle fondamenta e la realizzazione dei pali di fondazione in ferro. Altre quattro hanno appena cominciato a vedersi, con la posa dei primissimi blocchi, mentre per la pila dieci, la più vicina al torrente, c’è da attendere il completamento di una struttura preparatoria. Per quanto riguarda gli impalcati tra una pila e l’altra (16 blocchi da 50 metri, più i tre centrali da 100), uno è già al suo posto, un altro sta per essere sistemato tra le pile 4 e 5, altri cinque sono in assemblaggio a terra. Dei restanti non c’è ancora traccia.
Bucci e la sua squadra però contano su tre nuove mega-gru, arrivate in cantiere negli ultimi giorni dai Paesi Bassi, che dovrebbero velocizzare, e di parecchio, i lavori. “Il prossimo mese sarà decisivo per capire se la scadenza di fine anno è plausibile”, dice a Ilfattoquotidiano.it l’architetto Stefano Russo, uno dei progettisti dell’opera nel team di Renzo Piano. “Se tutto va per il meglio, il ritardo si può recuperare. Altrimenti per gli ultimi pezzi d’impalcato bisognerà aspettare il 2020”.
A sollevare per primo dubbi sull’effettiva possibilità di rispettare i tempi è stato, il 25 ottobre, il Secolo XIX. Il sindaco-commissario si è preso un giorno per rispondere, poi ha sfoderato il solito ottimismo: “Il nuovo ponte va avanti come deve andare. Non ci sono ritardi, anzi è esattamente l’opposto. A fine aprile faremo l’inaugurazione e gli impalcati si vedranno già a fine anno”, ha detto, ammettendo però che “un paio verranno montati nelle prime settimane di gennaio”. “Ogni project planning ha ritardi e compressioni di tempo, ha argomentato Bucci, la pioggia non ha aiutato, ma altre cose, tipo l’arrivo delle nuove gru, stanno aiutando”. Ilfattoquotidiano.it ha provato più volte, senza successo, a contattare il sindaco: il suo portavoce fa sapere che la posizione ufficiale è quella trasmessa alle agenzie nei giorni scorsi. Anche il consorzio PerGenova, che riunisce Fincantieri e Salini Impregilo, resta irraggiungibile: alla richiesta di un confronto, con domande precise sullo stato di avanzamento dei lavori, non arrivano risposte. Peraltro, le due aziende (insieme a quelle incaricate della demolizione) hanno firmato un contratto che prevede penali salatissime in caso di ritardo sulla data prevista per il collaudo dell’opera, il 15 aprile del prossimo anno.
Ma le bocche sono cucite anche nelle sedi istituzionali. “Dopo il crollo del ponte, il sindaco ci aveva garantito una commissione ogni settimana per relazionare sull’avanzamento dei lavori”, denuncia il consigliere comunale Pd Alessandro Terrile, “ma negli ultimi due mesi siamo stati convocati una volta sola. Hanno sospeso anche le visite periodiche al cantiere, che comunque erano sempre guidate. Al di là delle frequenti inaugurazioni, si può chiedere come stanno procedendo davvero i lavori? È lecito domandarsi a che punto siamo senza essere tacciati di disfattismo? Attendiamo che la struttura commissariale si degni di venirci a riferire”, attacca.
Sullo sfondo, poi, c’è il nodo delle montagne di detriti rimaste nel quartiere del Campasso dopo la demolizione con esplosivo: 25mila metri cubi andranno a formare la collina artificiale su cui sorgerà il parco pubblico ai piedi del ponte, mentre i restanti 35mila, esclusa l’ipotesi di usarli per il ribaltamento a mare di Fincantieri, saranno trasferiti su gomma in un’area di stoccaggio. Anche quelli, aveva promesso di nuovo la struttura commissariale, “entro la fine dell’anno”. Per il trasporto, a spanne, saranno necessari 2.800 viaggi di camion pesanti. Al momento non ne è stato effettuato neppure uno.