Era il 2018, Matteo Renzi indossò l’abito dell’ambientalista e si scagliò contro chi lo criticava per l’introduzione dei sacchetti bio nei supermercati proclamando: “Combatteremo sempre l’inquinamento ambientale da plastica e l’inquinamento verbale da fake news“. Non era la prima volta. Un anno prima, vantandosi di aver lavorato “fianco a fianco” con Obama per l’accordo sul clima di Parigi aveva detto: “L’ambiente è una delle sfide rilevanti dei prossimi decenti”. Un filone, quello verde, a cui ha sempre detto di tenere molto. Tanto che poche settimane fa nello studio di “Porta a porta” ha attaccato Matteo Salvini perché, non sottoscrivendo l’accordo di Parigi, ha “fermato il futuro dei nostri figli“. Eppure, di fronte alla tassa sulla plastica introdotta nella manovra finanziaria in discussione in questi giorni, Renzi ha accantonato tutto il suo ambientalismo. E annunciato darà “battaglia in Parlamento” perché venga tolta l’imposta. Mentre gli studi mettono in evidenza i limiti del riciclo e gli esperti ribadiscono che l’unica strada è la riduzione dell’uso della plastica, il leader di Italia viva si intesta la crociata contro la tassa che è invece pensata dal governo come incentivo perché le aziende producano meno plastica possibile. Sul punto Renzi non ha dubbi e già alla Leopolda di metà ottobre ha liquidato l’intervento: “Non è mettendo una tassa che cambia il mondo”. Poco prima aveva twittato le foto dei ragazzi in piazza per i Fridays for future con una frase “ambientalista” di rito: “Le immagini dei ragazzi che colorano di verde il pianeta allargano il cuore. Ora tocca alla politica fare sul serio. Presenteremo un progetto concreto e fattibile. Perché non si può applaudire i ragazzi e poi tornare a far finta di nulla”. Evidentemente la tassa sulla plastica non rientra tra i suoi obiettivi “concreti”.
Le immagini dei ragazzi che colorano di verde il pianeta allargano il cuore. Ora tocca alla politica fare sul serio. Alla #Leopolda presenteremo un progetto concreto e fattibile. Perché non si può applaudire i ragazzi e poi tornare a far finta di nulla.#FridaysForFuture pic.twitter.com/nrcLQhfJMI
— Matteo Renzi (@matteorenzi) September 27, 2019
La manovra che ha appena avuto il via libera del governo, si prepara ad affrontare la discussione dell’Aula. E tra i primi a chiedere modifiche ci sono appunto gli esponenti di Italia viva che non perdono occasione per differenziarsi dalla coalizione Pd-M5s. “Lavoreremo in Parlamento”, ha scritto su Facebook Renzi, “per eliminare le tasse su auto aziendali (assurdità che mi hanno sempre proposto quando ero premier e ho sempre respinto), plastica e zucchero. Chiedo a tutti di darci una mano e seguire la nostra battaglia in Parlamento”. Ma non c’è solo Italia viva tra i critici. Oggi si è esposto anche il vice ministro M5s al Mise Stefano Buffagni che, pur dicendosi soddisfatto per l’eliminazione dei 100 milioni di indennità dei ministeri, ha detto che “non si è fatto abbastanza per aiutare le imprese” e ha criticato la norma proposta dalla collega Laura Castelli che tassa le auto aziendali: “La norma è stata modificata grazie al nostro intervento, ma a me non piace”, ha dichiarato, “così si fa pagare solo chi già paga. Di lavoro ce ne sarà da fare tanto in Parlamento non dobbiamo aver paura di queste discussioni”. Ieri per cercare di placare le polemiche era intervenuto il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che aveva assicurato infatti che la misura è stata “mal raccontata” ma può essere “migliorata”, e comunque non tocca “ibride ed elettriche”.
Intanto oggi è intervenuto il segretario Pd Nicola Zingaretti per lamentarsi di chi attacca il governo continuamente. “Toc toc… c’è qualche altro leader che sostiene e che ha voluto questo governo, che lo difende dalle bugie e dagli attacchi della destra?”, ha scritto su Facebook rilanciando l’intervista alla ministra dell’Interno Lamorgese. “Dopo mesi di chiacchiere e bugie sono state rimesse al centro le politiche per la sicurezza. Ci sono le risorse per il riordino delle carriere, 48 milioni annui per gli straordinari delle forze di polizia, risorse per il rinnovo del contratto. Tutte richieste degli operatori della sicurezza che non venivano neanche ricevuti da Salvini, perché preferiva girare l’Italia per la sua propaganda. Dopo le bugie sui flussi migratori svelate oggi dal ministro Lamorgese, quello di oggi è l’inizio di un nuovo tormentone. La sicurezza la pretendiamo noi del Pd e per fortuna in Italia c’è una nuova ministra degli Interni”.
Poco dopo è intervenuto Luigi Di Maio: “Sulla manovra invece”, ha detto, “fatemi dire che siamo molto più soddisfatti rispetto all’inizio. Il governo ha fatto un ottimo lavoro di squadra, ma se è cambiata molto, se le multe sui pos sono state rimandate e se altre tasse superflue sono state cancellate è grazie al Movimento”. Solo ieri, in difesa della legge di Bilancio, era intervenuto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, additando come una “bugia” che si tratti di una manovra di sole tasse. Per le opposizioni siamo di fronte a un governo di “sanguisughe e avvoltoi”, mentre Confidustria ha descritto l’impianto del programma economico giallorosso “timido” e troppo pesante nei confronti delle imprese. Infine i sindacati hanno bocciato come “elemosina” la mini-rivalutazione delle pensioni basse. Per il capo degli industriali, Vincenzo Boccia a far tremare il settore auto è la stretta sui veicoli in “fringe benefit” che rischia, ha detto l’Associazione di Confindustria delle auto a noleggio, di azzoppare l’intero comparto. La tassa però vale oltre mezzo miliardo, 513 milioni non semplici da reperire altrove. Soprattutto se insieme si vuole abolire la sugar tax (che di milioni, nel 2020, nel vale ‘solo’ 200, perché parte da metà anno).
Il passaggio alle Camere della legge di Bilancio quindi, che dovrebbe iniziare la prossima settimana, sarà dunque in acque agitate: in Parlamento la manovra potrà essere “ancora migliorata”, ha assicurato nelle scorse ore Luigi Di Maio. Ma chi definisce la manovra come quella “delle tasse”, ha detto il leader M5s lanciando una stoccata all’ex alleato Salvini, “è chi, facendo cadere il governo avrebbe causato l’aumento dell’Iva”. Se è vero che l’imposta sul valore aggiunto non aumenterà e che quindi, come sottolinea anche il premier, non ci sarà un aumento “complessivo della pressione fiscale”, è vero anche che nelle 90 pagine della manovra ci sono alcuni microbalzelli: ci sono gli aumenti della “tassa sulla fortuna” (che per chi gioca alle new slot scatteranno anche sulle piccole vincite sotto i 500 euro), il classico rincaro dei tabacchi, che colpirà per la prima volta anche filtri e cartine per le sigarette “fai da te” (anche se il prelievo è stato già limato da 0,005 allo 0,0036 a pezzo contenuto nelle confezioni), l’aumento del 20% di tutti i diritti consolari all’estero. Senza contare la tassa sugli zuccheri aggiunti e quella, appunto, sulla plastica, che non si applicherà sulle compostabili e sulle siringhe ma che, secondo i leghisti, costerà 110 euro in più a famiglia. Sulle imprese peserà anche la stretta sui prodotti delle trivelle, sulle agevolazioni sul gasolio per camion e pullman euro 3, e quella sui prodotti energetici impiegati per produrre energia (che potrebbe rimbalzare anche in bolletta).