La prima volta fu nel 1975. Si giocava a Stoccolma e a raggiungere quello che all’epoca veniva denominato “The Masters” fu Adriano Panatta, reduce dalla seconda semifinale al Roland Garros della carriera. In quella edizione del torneo creato nel 1970, però, Panatta non riuscì ad andare oltre la round robin, sconfitto in tutte e tre le sfide da Arthur Ashe, Ilie Nastase e Manuel Orantes. Non ebbe maggior fortuna nemmeno Corrado Barazzutti, che tre anni dopo si presentò sul sintetico del Madison Square Garden di New York rimediando altre tre sconfitte contro Brian Gottfried, Eddie Dibbs e Raul Ramirez.
Quarantuno anni dopo quell’ultima apparizione di Barazzutti a New York, Matteo Berrettini riesce nell’impresa di riportare il tennis azzurro nel torneo più importante e prestigioso del circuito dopo i quattro Slam: le Atp Tour Finals. Grazie al 6-2 6-2 con cui Denis Shapovalov ha battuto Gael Monfils nei quarti di finale di Parigi-Bercy, il 23enne romano sarà presente insieme a Novak Djokovic, Roger Federer, Rafael Nadal, Daniil Medvedev, Dominic Thiem, Alexander Zverev, Stefanos Tsitsipas a Londra per contendersi il titolo di “Maestro”.
Un traguardo storico per il tennis maschile italiano raggiunto al termine di una stagione che ha visto il romano scalare la classifica dal 52esimo posto (dello scorso 1 gennaio) al n. 8 attuale, e che può rappresentare davvero (anche guardando agli exploit di Fabio Fognini e alla crescita di Jannik Sinner) l’inizio di una nuova epoca d’oro per il tennis maschile. Un percorso, quello di Berrettini, che racchiude al suo interno quattro momenti decisivi:
Stoccarda – Dieci set vinti e zero persi. Kyrgios, Khachanov, Kudla, Struff e Felix Aliassime. Sono i numeri e i nomi messi in fila da Matteo Berrettini a Stoccarda. Un torneo non prestigioso (appena un Atp 250) ma che regala ai colori azzurri un titolo su erba che mancava dal 2013, quando Andreas Seppi si impose a Eastbourne. Non è il primo titolo per Berrettini, già vincitore sulla terra di Bastad nel 2018 e su quella di Budapest un mese e mezzo prima. E’ però la vittoria più convincente, nonché quella che lascia la sensazione di aver trovato un giocatore diverso da quelli avuti negli ultimi decenni, legati all’indissolubile tradizione della terra rossa. Nessuno se ne accorge ma l’allievo di Vincenzo Santopadre comincia a costruire l’obiettivo Finals proprio a Stoccarda, dove acquisisce una nuova consapevolezza di sé, sia dal punto di vista tecnico che mentale. Non è un caso, infatti, che di lì a poche settimane Matteo Berrettini centrerà il suo primo ottavo Slam a Wimbledon.
Wimbledon – 6-1 6-2 6-2. Cinque game conquistati per appena 74 minuti di gioco. E’ la prima volta che Berrettini raggiunge la seconda settimana di uno Slam ed è la prima volta che gioca sul Center Court dei Championship contro Roger Federer. Di fronte all’otto volte campione di Wimbledon il servizio e il diritto si bloccano, disinnescati (prima che dalla classe dello svizzero) da una tensione che solo la storia del Center Court riesce a trasmettere. Impossibilitato a esprimere quel tennis che l’ha ispirato nei turni precedenti contro Bedene, Baghdatis e Schwartzman, Berrettini conclude il proprio torneo con 180 punti fondamentali per la classifica e qualcosa di più prezioso da mettere da parte: l’esperienza. Quella classica lezione, indispensabile per crescere, che può tornare utile per l’avvenire. Un futuro che però nessuno si sarebbe mai aspettato sarebbe sopraggiunto appena due mesi dopo, a New York.
Us Open – Uno spartiacque. Così si può definire lo Us Open di Matteo Berrettini. C’è infatti un prima e dopo New York nel 2019 del romano. Prima l’ipotesi Finals era pura utopia. Dopo, invece, l’obiettivo Londra divenne qualcosa di realizzabile. Nella mente rimane il match contro Monfils nei quarti di finale (vinto al quinto set) ma, paradossalmente, è la sconfitta contro Rafael Nadal la partita più importante. Quella sconfitta così lottata contro lo spagnolo è la migliore conferma di quanto la lezione di Wimbledon sia servita. Prima dello spagnolo e del francese, Berrettini aveva battuto Gasquet, Thompson, Popyrin e Rublev senza affanni né tentennamenti. Come fanno i giocatori ormai consapevoli dei propri mezzi. Settecentoventi è il valore della prima semifinale in uno Slam sul cemento di un italiano. Agli Us Open c’era già riuscito quarantadue anni prima Corrado Barazzutti. E pensare che prima dell’agosto 2019 non aveva mai visto un match sul cemento americano.
Shanghai – Se New York è stato lo spartiacque, Shanghai è la prova del nove. Dopo la semifinale di New York, nessun appagamento e un obiettivo ormai dichiarato in testa: le Finals. Abnegazione, umiltà e ambizione. Qualità che Berrettini mette in mostra – dopo aver dominato Struff e Garin nei primi turni – nello scontro diretto contro Bautista Agut e, sopratutto, contro Dominic Thiem nei quarti di finale. Entrambi sconfitti in due set netti. Due prestazioni che hanno confermato a tutti come quello degli Us Open non fosse un exploit isolato, ma qualcosa di ben diverso. Trecentosessanta punti che valgono la spinta decisiva per Londra e per un altro traguardo: la Top 10. Risultato che Berrettini conquisterà appena due settimane dopo.