Il giudice respinge la richiesta della Procura per la proroga delle misure cautelari: dal 6 novembre tornano in libertà gli ultimi rimasti in carcere o ai domiciliari. L'eccezione è solo per il titolare della Ecol Service che è accusato di aver favorito la 'ndrangheta
Stop alle misure cautelari: tutti gli indagati dell’inchiesta sulle tangenti in Lombardia condotta dalla Direzione antimafia di Milano torneranno tutti liberi. Tranne uno: l’imprenditore Daniele D’Alfonso al quale è stata contestata l’aggravante di aver favorito la ‘ndrangheta – il clan dei Molluso – e per il quale quindi la misura scadrà sei mesi dopo, a maggio. Tutte le altre figure principali, invece, lasceranno carcere e domiciliari il 6 novembre, mercoledì prossimo: l’ex coordinatore di Forza Italia a Varese Gioacchino Caianiello (considerato uno dei perni dell’inchiesta), l’ex consigliere comunale berlusconiano Pietro Tatarella (che ai tempi dell’arresto era candidato alle Europee), Mauro Tolbar, ritenuto uno dei collettori di mazzette, e Sergio Salerno, ex dipendente dell’Amsa (la municipalizzata dei rifiuti).
La conferma è arrivata da un provvedimento firmato dal gip del tribunale di Milano Raffaella Mascarino che ha rigettato la richiesta avanzata dalla Procura di sostituire la misura detentiva con una misura meno afflittiva, come l’obbligo di dimora o di firma. Il giudice invece ha dichiarato direttamente solo l’inefficacia della misura detentiva e respinto la richiesta dei pm perché, secondo il gip Mascarino, “nella richiesta oggetto d’esame, non vengono esplicitate in alcun modo le esigenze cautelari che legittimerebbero l’adozione” di un provvedimento alternativo come quello proposto dai pm “quasi alla scadenza del termine” di custodia cautelare dei sei mesi e del quale mancherebbero i “presupposti“.Inoltre, si legge nell’ordinanza, si considera “che il tempo decorso rispetto al momento” in cui furono arrestati “e la puntuale osservanza degli obblighi (…) consente di ritenere che gli indagati abbiano tratto dall’esperienza giudiziale un sufficiente monito per astenersi, nel futuro, dal commettere altri reati della stessa specie”.
Discorso diverso invece per D’Alfonso, a cui è contestata l’aggravante mafiosa perché accusato di aver dato lavoro a esponenti della cosca dei Molluso con la sua Ecol Service. L’imprenditore resta ai domiciliari. E’ lui che secondo la Procura finanziò in modo illecito il deputato di Forza Italia Diego Sozzani (indagato anche lui) per il quale i magistrati avevano chiesto pure l’arresto: la Camera però ha salvato il parlamentare azzurro, negando peraltro anche l’uso delle intercettazioni.
Gli arrestati che finirono in carcere o ai domiciliari il 7 maggio furono 28 nell’ambito di una operazione che aveva portato la Guardia di finanza e i carabinieri a notificare altri 12 provvedimenti dell’obbligo di firma in una inchiesta. Gli indagati sono più di cento. Molti di loro hanno deciso di collaborare: tra loro proprio Caianiello, ritenuto il “burattinaio” del sistema, che si è reso disponibile a numerosi interrogatori fiume con i pm titolari dell’inchiesta e che non ha ancora finito – secondo fonti giudiziarie – di riempire verbali di dichiarazioni. Giovedì davanti al gup Maria Vicidomini si discuterà della richiesta di patteggiamento avanzata di alcuni degli indagati.