Economia & Lobby

Tav Brescia-Verona, la gara d’appalto è andata deserta. L’urgenza per le grandi opere è solo politica

Quante volte abbiamo sentito la cantilena dei cantieri bloccati e paralizzati dalla burocrazia, delle opere (possibilmente “grandi”) da far partire quanto prima per sviluppare l’occupazione e rilanciare l’economia del Paese ferma da molto tempo? In alcuni casi, però, tutta questa urgenza non sembra proprio esserci.

Prendiamo quello della Tav Brescia-Verona: pochi giorni fai il bando da 205 milioni di euro pubblicato dalla società appaltatrice, il Consorzio Cepav 2, è andato deserto. Nessun gruppo, italiano o straniero, ha presentato un’offerta. Sorprendente, così come il constatare che ad avere fretta di aprire i cantieri sembra essere solo la politica, e non le grandi imprese di costruzione. Alle quali, una volta che si sono aggiudicate le grandi commesse dallo Stato (la Brescia-Verona fu assegnata – senza gara – nel 1991, come tutte le altre tratte Tav), sembra non interessare molto della situazione di crisi delle imprese subappaltatrici.

Eppure Pizzarotti, l’azionista e partner operativo del consorzio Cepav 2 (a cui partecipa con il 27% delle quote, assieme a Saipem con il 59% e Imc Maltauro con il 13%), aveva minacciato di chiedere i danni al ministero dei Trasporti per i ritardi che, a suo giudizio, sarebbero derivati dall’attesa dei risultati dell’analisi costi-benefici, eseguita dalla struttura di missione del ministero. Analisi che aveva dato esito negativo, prevedendo una perdita netta di 2,4 miliardi di euro che renderebbe la Brescia-Verona-Padova una delle opere con i più alti costi per chilometro realizzato.

E ora questo nuovo ritardo per la mancanza di partecipanti al bando a chi dovrà essere messo in conto? A Cepav 2? Quel che è certo è che partirà un ennesimo contenzioso che minaccia di aumentare ancora il costo dell’opera. Una vera e propria contrattazione sulla base d’asta, come già avvenuto sulle altre tratte Tav, che hanno fatto lievitare i costi pubblici e portare la spesa fuori controllo pur di concludere (sempre in ritardo) i lavori. Ma davvero bisogna continuare così? Oppure la spending review può finalmente partire?

Ad andare deserto è stato il bando relativo alla galleria di Lonato (lunga 5 chilometri), il lotto più complesso della tratta: ciò causerà sarà uno slittamento nell’inizio dei lavori di almeno otto mesi. Un rinvio che ero potrebbe ottenere un imprevisto effetto positivo: rivedere un progetto vecchio di venti anni trasformandolo da linea Av a quadruplicamento veloce dei binari con fermata sul Garda (primario bacino turistico): l’unico modo per rendere utile l’infrastruttura sia ai treni veloci che a quelli merci, senza lasciare fuori – come al solito – i pendolari.

Quel che appare chiaro, in ogni caso, è che non c’è “sblocca cantieri” che tenga: gli impedimenti alle grandi opere derivano dall’utilizzo di meccanismi di gara obsoleti, incapaci di velocizzare la realizzazione, facendo ricadere i ritardi e le varianti in corso d’opere sulle spalle delle casse pubbliche. Invece di adottare regole chiare, semplici e veloci come quelle di altri paesi europei che hanno recepito gli indirizzi dell’Unione europea sugli appalti, l’Italia continua a mostrare gravi carenze di trasparenza e a essere vulnerabile di fronte a fenomeni di corruzione, grazie a norme che premiano il contenzioso tra imprese e stazione appaltante piuttosto che disincentivarlo.