“Sono morto ormai, non saprei descrivere diversamente il mio stato d’animo. È tutto finito, anche la mia vita. Dopo dieci giorni dentro questa cella, io sono ancora lì con il mio corpo, la mia testa e il mio cuore, in quel momento maledetto ed eterno, con Chiara tra le braccia, senza vita in mezzo a una strada. E l’omicida sono io”. Un avvocato di grido nato in una famiglia bene e un tossico impenitente, giocoso e scopatore cresciuto in periferia. Federico e Alessandro. Un’amicizia profonda che nasce sui banchi di scuola, attraversa tempo, classi sociali e risse di strada, arrivando alle porte di un carcere che sembrano chiudersi per sempre. In mezzo a loro ci è finita l’ambigua Chiara, femme fatale alla film di Salvatores prima maniera, a rimescolare le carte del destino. Cavalieri di specchi, scritto da Fabrizio Bartelloni e Giovanni Vannozzi (MdS Editore) è una sorta di prolungato romanzo di formazione oltre l’adolescenza raccontato a due voci (le vicende di Federico in terza persona, quelle di Alessandro in prima) che scivola via ironico e guascone tra gli anni novanta e duemila, intriso di canne, cocaina e amorazzi, sullo sfondo dell’alta via toscana Pisa, Firenze e Isola d’Elba. Bartelloni è davvero un avvocato e anche magistrato onorario a Lucca. Vannozzi altrettanto realisticamente è lo scrittore sognatore con la testa perennemente tra le nuvole.