La vita di Andrea Lanari è cambiata a 35 anni. "I primi giorni sono stati terribili", racconta, ma già in ospedale pensava a riorganizzare la sua nuova vita. Oggi è progettista, nuota a livello agonistico, crea ausili per disabili e va nelle scuole per raccontare la sua storia di rivincita e sensibilizzare operai e imprenditori sull'importanza delle norme di sicurezza
“Ero un operaio specializzato nella costruzione di stampi per materie plastiche e tranciatura dei metalli. Sette anni fa una pressa si abbassò di colpo schiacciandomi entrambe le mani. All’epoca ero felicemente sposato, padre di un bimbo di 6 anni e di un altro in arrivo”. La vita di Andrea Lanari è cambiata a 35 anni. In una frazione di secondo. “Sopravvivere senza mani per 6 mesi e dover dipendere da tutti è una cosa che non augurerei nemmeno al peggior nemico”, racconta. Oggi Andrea si è ripreso il suo destino: è progettista, nuota a livello agonistico, crea ausili per disabili, va nelle scuole per raccontare la sua storia di rivincita e, soprattutto, si impegna per sensibilizzare operai, imprenditori ed enti nazionali ad adottare e divulgare l’importanza della sicurezza sul lavoro.
Andrea ha 42 anni ed è di Castelfidardo, 18mila abitanti in provincia di Ancona. Dopo il diploma all’istituto professionale per l’industria e l’artigianato trova lavoro in un’azienda vicino casa. Poi, l’infortunio. “La macchina si è azionata prima del tempo. I primi giorni sono stati terribili – racconta – vivevo nel terrore di passare il resto della mia vita con delle protesi non funzionali”. Due anni dopo l’incidente sua moglie se n’è andata chiedendo la separazione. “Fortunatamente la mia famiglia, i miei amici, la comunità in cui vivo mi è sempre stata vicino”, continua. E anche lo Stato non gli ha fatto mancare il suo supporto: tutte le spese mediche sono pagate, l’assistenza assicurata, le protesi di ultima generazione.
Dopo aver costruito la sua bici da corsa con freno a contropedale Andrea sta lavorando ad un’attrezzatura che permetta alle persone con mobilità limitata di lavarsi in completa autonomia. La voglia di iniziare a progettare e costruire dispositivi per migliorare la propria condizione di disabilità è nata poco dopo l’infortunio. Il desiderio di ritornare alla normalità era talmente grande che, durante le notti passate all’ospedale, “con mio cognato cominciavo a ragionare su come costruire degli attrezzi da attaccare ai monconi alla buona, magari solo per riuscire ad andare in bagno. Le prime vere attrezzature ho cominciato a costruirle dopo aver messo le protesi, cioè quando ho iniziato a usare gli ausili che mi erano stati forniti”. Andrea trova infatti quelli in commercio di difficile utilizzo con le sue protesi: e allora ne costruisce di nuovi, su misura, e così personalizza materiali e componenti. “Ora dò consigli alle persone con disabilità su come costruirseli da soli in base alle loro esigenze specifiche. Spesso invece queste attrezzature vengono costruite da persone che non ne hanno bisogno”.
L’altra battaglia di Andrea è quella contro le morti e gli infortuni sul lavoro. “È inaccettabile che in un Paese civile e industrializzato come il nostro si abbia una media giornaliera di 3 persone morte sul lavoro e decine di infortuni gravi”, insiste. Per Andrea la sicurezza non è solo un obbligo, ma uno stile di vita. Bisogna aumentare le campagne di sensibilizzazione e parlarne a scuola per formare i lavoratori del futuro. “E andrebbero inaspriti i controlli e le pene, magari formando squadre specializzate che facciano controlli periodici e che intervengano con le dovute misure”. Andrea fa parte dell’Anmil (l’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invaliti del lavoro): lì ha ricevuto aiuto e sostegno da esperti, psicologi e lavoratori infortunati come lui. Il suo prossimo obiettivo, insieme all’associazione, è quello di incontrare sempre più studenti, aziende e istituzioni per sensibilizzare il maggior numero di persone sull’importanza della sicurezza sul lavoro. Come si vede Andrea tra dieci anni? Proprio come ora, al lavoro per costruire protesi sempre più efficaci e in giro nelle scuole a raccontare la sua storia. Un giorno, poi, sogna di leggere nei dati Inail la formula zero morti sul lavoro. “Sette anni fa un brutto infortunio mi ha reso la vita difficile, ora – conclude – è tempo di rendere la vita difficile all’infortunio”.