Delle proteste che il mese scorso hanno riempito le piazze di mezzo mondo (da Barcellona a Hong Kong, da Santiago del Cile a Beirut, da Haiti all’Ecuador), sono quelle delle città irachene ad aver pagato il prezzo più alto in vite umane. Solo nei primi 10 giorni di ottobre i morti tra i manifestanti erano stati almeno 177 e i feriti oltre 5mila.
Con le nuove proteste dell’ultima decade del mese, il numero delle vittime è salito ad almeno 250 e quello dei feriti a 8mila. Ma, poiché il ministero della Salute ha imposto agli ospedali il divieto di fornire informazioni, queste cifre potrebbero essere al ribasso.
A Kerbala, la notte del 28 ottobre si sono viste scene terribili. Le forze di sicurezza irachene hanno usato proiettili veri e gas lacrimogeni contro manifestanti pacifici che stavano prendendo parte a un sit-in in largo Tarbiya e hanno lanciato le camionette contro la folla. I morti sono stati almeno 14, i feriti un centinaio.
Nella capitale Baghdad c’è uno sviluppo molto preoccupante. Dal 25 ottobre le forze di sicurezza sono dotate di almeno due nuovi modelli di candelotti di gas lacrimogeni, prodotti dalla serba Sloboda Čačak e dall’iraniana Defense Industries Organization. Sono tipici prodotti per uso militare, il cui peso e la cui velocità moltiplicano l’effetto dell’impatto. Invece di essere lanciati in aria per per disperdere la folla (e anche queste operazioni incontrano dei limiti ben precisi secondo il diritto internazionale), sono esplosi da distanza ravvicinata, puntando alla testa o al petto, e uccidono, spesso dopo aver causato terribili bruciature.
A Baghdad, nei pressi di piazza Tahrir (prossima alla “zona verde”), è successo almeno cinque volte in altrettanti giorni. I feriti sono molti di più. Testimonianze oculari e dettagli a volte veramente raccapriccianti sono contenuti in questo comunicato stampa di Amnesty International.