L’informazione è alla base del business. Viviamo in un mondo dove i dati sono abbondanti. Con gli strumenti giusti si può costruire ogni tipo di scenario. Grazie al mondo dei social possiamo acquisire miliardi (di valore) di informazioni per conoscere i clienti (che siano B2c o B2b non cambia). Esistono svariati strumenti di analisi e valutazione di mercati lontani, eppure restiamo ignoranti. In generale mi riferisco allo scenario delle aziende italiane che, al netto della disponibilità di dati e strumenti menzionati sopra, decidono, scientemente, di restare ignoranti.
Lo scenario delle ricerche di mercato (che dovrebbe essere alla base di ogni pianificazione strategica delle aziende italiane) sta migliorando. Stando ai dati di Assirm l’Italia chiude il 2018 con una crescita pari al +4% e circa 690 milioni di dollari di acquisito. “Un risultato – mi spiega Matteo Lucchi, presidente dell’associazione – che la colloca al quarto posto in Europa, dove il mercato complessivo delle ricerche vale circa 15 miliardi di dollari (dati Esomar), dopo Regno Unito, Germania e Francia”. Una situazione che, per dirla in modo semplice, potrebbe essere migliore.
Cerchiamo di chiarire in soldoni cosa significa una ricerca di mercato. Poniamo che tu sei il Ceo di un’azienda, felice e contento decidi di andare all’estero. Sarebbe opportuno (ma non obbligatorio) che magari controlli, un attimo, che aria tira nella nazione dove vai. Poniamo che tu voglia andare in Cina (si sa, se un’azienda italiana non va in Cina non è un azienda seria). Ti fai la tua bella analisi di mercato (magari due, che la Cina è grandicella) e puoi comprendere alcune cose: abitudini, usi e costumi, interesse della popolazione per i tuoi prodotti, linee di comunicazione, soluzioni di pubblicità più adatte, messaggi più coerenti etc. Certo puoi anche non farla. Poi se finisci a fare una comunicazione sbagliata (Dolce e Gabbana, qualcuno ricorderà) magari perdi qualche milione di euro.
Ok, forse la Cina suona un poco lontana. Facciamo un altro esempio. I bravi ragazzi di Burger King si alzano una mattina e lanciano uno spot per il mercato neozelandese. Tutto sommato i kiwi sono anglo, quindi con loro si va sul sicuro – avranno pensato. Sparano uno spot tv che non ha nulla da invidiare all’acume di quello di D&G. Probabilmente in America non “prendevano” la tv italiana e lo scandalo di cui avevano parlato. E così parte l’ennesima tragedia culturale. Teniamo presente che Kiwiland è a un tiro di schioppo dalla sensibile Cina. Il resto è storia.
Magari, tra i milioni che hai speso, qualche euro in più per capire il mercato che volevi penetrare o affrontare potevi spenderli. Intendiamoci: non è scontato che se fai una ricerca di mercato o analisi “vincerai”. È tuttavia comprensibile che se ignori il tuo target (usando un gergo tecnico) potresti farti molto male.
Il mondo aziendale e degli affari ha mutuato molti termini dal mondo bellico. L’assunto è che far soldi o far business sia un po’ come andare in guerra. Sul tema “conoscenza del territorio” convengono praticamente tutti i maggiori pensatori in ambito bellico o economico. Sun-Tzu diceva: “Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia”.
Ok, Sun-Tzu è cinese, troviamo qualche occidentale. Robert McNamara nella sua celebra video-biografia diceva semplicemente “Get Data” parlando di business. Charles Babbage (l’inventore del primo computatore, 1800 circa) diceva che gli errori usando dati inadeguati sono minori rispetto agli errori senza dati. Potrei continuare all’infinito citando grandi uomini o donne (Ada Lovelace, qualcuno conosce?) che parlano dell’importanza delle informazioni nel mondo del business o della guerra, che son quasi sullo stesso livello. Il problema però è capire quanto le aziende (e i manager o imprenditori che le guidano) siano più propensi a investire soldi in ricerche e acquisizioni di dati e quanto siano disposti a “spenderli” per l’influencer di turno: bello, bello, bello in modo assurdo.