Con Arcelor Mittal che minaccia di abbandonare l’Ilva entro 30 giorni con il pretesto dello scudo penale, sui giornali rispuntano nomi che nel passato recente si erano affacciati a Taranto: Sajjan Jindal, già proprietario delle ex acciaierie Lucchini di Piombino, il gruppo Arvedi di Cremona e Cassa depositi e prestiti. Ovvero la cordata che, ai tempi del governo Gentiloni, aveva perso la gara contro il colosso franco-indiano.
La Repubblica attribuisce la regia dell’operazione a Matteo Renzi, che nel cda di Jindal può contare sull’amico Marco Carrai. “Sugli scenari ipotizzati dalla politica e dai quotidiani, pende la necessità di rimettere a gara le acciaierie – ricorda a Ilfattoquotidiano.it Rocco Palombella, segretario della Uilm – Servirà un bando europeo, come è accaduto con l’assegnazione ad ArcelorMittal. Tempi stimati? Tre anni”. Al momento è difficile ipotizzare uno scenario: esiste un quadro di regole comunitarie da rispettare, ma – spiegano fonti vicine al dossier a Ilfattoquotidiano.it – tutta la vicenda Ilva si muove con normativa speciale. E quindi non è possibile escludere nulla. Certo, assicurano le stesse fonti, servirebbe un provvedimento ad hoc.
L’idea di coinvolgere chi ha perso la prima gara, riporta Il Messaggero che aggiunge al gruppo la Delfin di Leonardo Del Vecchio, è stata discussa anche nel summit di lunedì a Palazzo Chigi, seguito a quello tenuto nel pomeriggio al ministero dello Sviluppo economico al quale hanno partecipato il ministro Stefano Patuanelli, i ministri per il Sud e per l’Ambiente, Giuseppe Provenzano e Sergio Costa, e i titolari dell’Economia e del Lavoro Roberto Gualtieri e Nunzia Catalfo. Mercoledì Patuanelli incontrerà i vertici di ArcelorMittal con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Un incontro che era previsto già martedì ma che è stato rimandato di 24 ore.
“Non consentiremo la chiusura dello stabilimento – ha affermato lunedì Patuanelli – La questione dello scudo penale è una foglia di fico, un alibi per nascondere un altro problema”. “È evidente – ha proseguito il ministro – che la governance che aveva seguito gli impianti fino a adesso non ha funzionato”. Sulla stessa linea il premier Conte: “Il governo vuole confrontarsi con ArcelorMittal, ma riteniamo non ci sia alcun motivo che possa giustificare il recesso – ha detto il capo del governo ai sindacati – La norma sullo scudo penale non era nel contratto e non può essere invocato per giustificare il recesso”.