Quando dice “parescio” è uno dei momenti più caldi della domenica sera. “Sero a sero” e “sona ciempion” aumentano le palpitazioni. “Grassie” ed “essordio” coronano rapidi gli attimi fuggenti in cui Wanda Nara si regala anima e corpo al suo affezionatopubblico. Quella “s” alla Omar Sivori che riesce a donarci una squadra inesistente – la “pal” – ma incredibilmente sexy – è la Spal, per chi fosse già in tachicardia – è il chiodo fisso di noi tikitakiani di ferro. Altro che le incazzature con saltello di Franco Ordine. Noi passiamo ore, traverse, pali e incontri ravvicinati con l’abbronzatura perenne dell’arbitro Cesari, solo per immaginare l’istante in cui quella consonante scivolosa che vaga nello studio di Canale 5 finisce tra le curve apoplettiche di Wanda. Che poi è uanda, vanda, wendi, tesoro, luce della mia vita.
La schedina tra le dita, i risultati del giorno, una classifica presa di petto e giudicata per sommi capi con brividi lungo la schiena. Ma la Nara 2019/2020 finisce lì. Sacrificatissima. Le ricordate le liti furibonde, altrimenti dette triangolazioni, tra Bobo-Cassano-Wanda poco più di un anno fa? Quando il “caso Icardi” era più insondabile, incomprensibile, irrisolvibile di quello del triangolo delle Bermuda? Ecco, quest’anno ve le scordate. Anzi potete tornare ai tempi di Sara Ventura al Processo di Biscardi. Unica mansione: lanciare la pubblicità. E dire che la novità della Nara, in modalità trespolo Galagoal, anticipata dalla puntata in cui dopo pochi minuti aveva salutato tutti perché il calcio mercato stava per chiudere e lei doveva piazzare il marito al Paris Saint Germain, era parsa subito una genialità dell’ineffabile Pardo.
Un po’ vigilessa in mezzo al traffico, un po’ soldatessa alle grandi manovre, Wanda poteva davvero essere una bomba ad orologeria. Un risultato inatteso, un commento; una vittoria in trasferta, una battuta; un salto in classifica dell’undici dei brocchi, un sorriso dalle labbra infuocate. Invece nulla. Nara deve correre come fosse una ladra. La classifica talvolta nemmeno gliela lasciano sotto agli occhi per più di otto secondi. La scena è tutta altrui. Domenica scorsa abbiamo conteggiato soltanto dodici, dicasi dodici, in quasi due ore di trasmissione, interventi e/o inquadrature di Wanda. Durata media dell’intervento/inquadratura: due secondi e mezzo. Interrotta in fase di fraseggio, sovrastata in area di rigore, lasciata ai margini della discussione, alla wandissima tocca addirittura porre domande qualunque da far penzolare in mezzo ai colleghi pescecani. “È l’Inter che ci si aspettava o manca ancora qualcosa?” (ehm, cosa?). “Bobo e Cassano giocano con qualche strumento?” (verbo sbagliato).
“Ma non si dovrebbe sospendere più nemmeno la partita” (commentando, con sgomento del pubblico di sinistra, il caso Balotelli/Verona). Infine la frase sfumata: “Per me questa squadra…”. E le inquadrature rubate come a Non è la Rai? Una con ditino sotto al mento, una in cui fa “no, no” con la testina, un’altra corrucciata come Brigitte Bardot in bikini a Saint Tropez. Censurata, vilipesa, messa ai margini di Tiki Taka, Wanda nostra, l’Evita del calcio italiano, deve tornare al suo posto. Sul divano. Assieme a Giorgia Rossi, a fianco dell’integerrimo Carlo Pellegatti. Pierluigi tu che puoi tutto, tu che vuoi tutto, ingordo che non sei altro, ridacci Wandona nostra mughinianamente distesa e barricadera sul divanone bianco dove si fa la storia del calcio in tv.