Nella lunga e fortunata carriera di Fiorello gli spettacoli che mi hanno veramente entusiasmato sono sempre stati quelli brevi, concentrati. Per carità, nulla da togliere ai sontuosi varietà come Stasera pago io o Il più grande spettacolo dopo il weekend. Ma è stato nella brevità di Viva radio 2 minuti di Rai 1 o del Fiorello show di Sky, realizzati tra il 2008 e il 2009, e poi nell’Edicola Fiore che il Nostro ha rivelato una dote e un merito che non sempre gli vengono riconosciuti o almeno non sono sottolineati abbastanza: quelli dello sperimentatore.

In un momento della vita della televisione, un momento per la verità lunghissimo, in cui si tende a dilatare al massimo i tempi, la durata dei programmi, affastellando cose su cose, allungando – come si suol dire – il brodo fino a togliergli ogni gusto, progettare e realizzare un programma di intrattenimento concentrato in pochi minuti è stata una scelta rivoluzionaria, una provocazione, una forma di sperimentazione linguistica della cui portata si è parlato troppo poco. Ricordo una serata formidabile. Era il 27 maggio del 2009 e nel tendone di piazzale Clodio a Roma, da cui si trasmetteva lo show, fu vietato l’accesso al pubblico per motivi di sicurezza.

Allo stadio Olimpico, a poca distanza da lì si giocava la finale di Champions League tra Barcellona e Manchester United e la zona fu completamente isolata. Fiorello andò in onda ugualmente sostituendo gli ospiti e gli spettatori che non potevano arrivare con delle sagome di cartone. L’effetto fu straordinario, una sorta di teatro dell’assurdo degno di Beckett.

Questa lunga premessa per spiegare quale fosse la mia attesa per l’esordio di Viva RaiPlay!. Più che sulle novità tecnologiche, sulla distribuzione sulle varie piattaforme, sulle modalità e o gli apparati del consumo (i famosi telefonini), ero interessato a vedere cosa sarebbe riuscito di nuovo a combinare Fiorello in un quarto d’ora. E ancora una volta non mi ha deluso. Prima di tutto c’è una scelta, non nuova nei suoi spettacoli, ma che qui assume un rilievo particolare. Alla concentrazione temporale corrisponde una dilatazione dello spazio: lo show si svolge non solo sul palcoscenico, ma anche in una serie di luoghi laterali, salette, corridoi, entrate e uscite dagli studi. Il cambio rapido e frequente di luogo produce ritmo e dà il senso di un percorso proposto allo spettatore, di un viaggio: oserei la definizione di road-show.

Poi c’è il colpo di genio, sempre declinato sul fattore-tempo: la lunga strepitosa scena in cui Fiorello legge la critica televisiva non troppo positiva sul suo show, una critica nel vecchio formato cartaceo che appare non solo in contemporanea con lo show ma addirittura ne prevede gli sviluppi. Parodia di una forma di consumo oggi molto diffusa che ama commentare in diretta ciò che vede in tv, ma anche riflessione filosofica sul tempo, sul rapporto tra la realtà del tempo e il cosiddetto “tempo reale” dei media, così onnipotenti da produrre più che predire il futuro.

Basterebbero i due minuti di questa geniale trovata (una ogni sera, per favore!) per fare di Viva RaiPlay! qualcosa di importante. Anzi Viva questi due minuti che da soli valgono il prezzo del biglietto, cioè del canone.

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