“In questo Paese si lavora in emergenza, sempre. Dal sequestro dell’Ilva sono passati 7 anni e 6 governi hanno pensato solo a fare decreti per regalare l’immunità penale prima ai commissari e poi agli acquirenti. Una follia, l’unico caso in Ue. Di fronte a una grande crisi è mancata una visione politica”. Angelo Bonelli, leader dei Verdi, riporta tutto ai fatti e ora che lo Stato rischia di ritrovarsi in mano le chiavi della più grande acciaieria d’Europa, con un fardello di quasi 11mila dipendenti da gestire, riconosce che la sua è una posizione “minoritaria”, la chiama proprio così, ma “continuo a restare sorpreso d’essere solo, mentre tutti si accodano nel chiedere una nuova immunità penale”.
E il governo sta pensando sostanzialmente di estenderla con un provvedimento ‘erga omnes’. Come giudica la mossa?
Una follia, una barbarie giuridica. Non esiste in alcun Paese europeo. Altrove si rispettano le leggi. Qui si pensa di restringere i diritti di milioni di persone che vivono in aree in cui i livelli di inquinamento sono alti, penso al polo di Priolo. Mi pare tutto incredibile e certamente è incostituzionale. Se davvero il governo arriverà ad approvare una norma valida non solo per l’Ilva ma per tutto il territorio nazionale, raccoglieremo le firme per un referendum abrogativo.
Per scongiurare l’addio di ArcelorMittal potrebbe non bastare. L’azienda pone anche il tema dell’altoforno 2 a rischio spegnimento da parte dei giudici perché non rispetta le norme di sicurezza.
Lì dentro, era il 2015, morì in maniera orrenda un operaio, Alessandro Morricella: aveva una moglie e due figli, venne travolto dalla ghisa bollente. Sono passati 4 anni e secondo i giudici le prescrizioni che era stato imposte non sono state tutte rispettate. Come faceva ArcelorMittal a non saperlo quando nel 2018 è entrato negli impianti? La sicurezza sul lavoro viene trattata come un orpello. E a leggere cosa scrive l’azienda nell’atto di citazione dei commissari, gli stessi rischi esistono in altri due altoforni.
Una sostanziale ammissione che l’impianto di Taranto non è sicuro?
Lo racconta il numero degli incidenti dentro lo stabilimento. Quella di ArcelorMittal è una forma di colonizzazione moderna che il governo sta subendo. Ma del resto l’Ilva è la massima rappresentazione del fallimento della politica di questo Paese. Sono passati 7 anni dal sequestro dell’Ilva, potevano essere fatte tante cose. Non è stato fatto nulla, se non una serie di decreti per tenere a bagnomaria l’impianto.
E cosa avrebbe potuto essere fatto, invece?
A Duisburg, in Germania, esisteva un impianto con capacità produttive e numero di occupati simili a quelli dell’Ilva, quasi sovrapponibili. Avevano persino lo stesso problema: cockerie e agglomerati erano troppo vicini alla città. L’impianto è stato fermato, demolito e ricostruito in un’altra posizione.
Sta dicendo che l’Ilva si può spostare e non è necessaria la riconversione?
Ero e resto per la riconversione totale. Il mio modello è Pittsburgh, in Pennsylvania: una città che produceva il 50% dell’acciaio statunitense e non a caso conosciuta come la Steel City. Oggi è sede di alcuni dei più prestigiosi college americani, ha puntato sull’innovazione e la robotica. Ed è tornata a crescere.
Taranto rinascerebbe senza l’Ilva, insomma: è questa, a suo avviso, la mossa giusta?
Ora è tutto molto complicato, si sono persi 7 anni. Ma continuo a pensare che bisognerebbe istituire una No Tax Area a Taranto, fare di tutto per sfruttare al massimo i fondi Ue per le aree di industriali dismesse e per le bonifiche, chiudere l’area a caldo dell’acciaieria e mantenere in vita l’area a freddo. È già accaduto a Bilbao, in Spagna.
Sembra essere l’unico non solo a crederci, ma perfino a pensarci, ormai.
So che la mia è una posizione minoritaria. Pensavo mi accompagnassero almeno i sindacati. In Spagna, quelli spagnoli, appoggiarono la riconversione. Quando ci sono delle profonde e drammatiche crisi industriali bisogna avere una visione. Qui manca e si finisce sempre per inseguire le emergenze e la risposta è l’immunità penale, ormai chiesta da un coro unanime. E una certa sinistra parlamentare, cosiddetta ecologista, tace di fronte a uno scempio simile.