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Alena Seredova: “Ho tenuto in braccio Giovannino. Quando ero piccola, i medici pensavano avessi l’Ittiosi anch’io”

Vedendo il piccolo, "ho pensato a quanto dovesse essere stato doloroso per i genitori decidere di lasciarlo - ha spiegato la Seredova -. So che sono più o meno miei coetanei, che l’hanno avuto con una fecondazione assistita e che, nonostante, tutti gli esami preventivi, era stato impossibile diagnosticare in anticipo una malattia così rara. Non mi sento di giudicarli”

“Mi hanno presentato questo cucciolo, mi hanno raccontato la sua storia e vederlo è stato un momento molto forte”. Alena Seredova descrive così le emozioni che ha provato tenendo in braccio il piccolo Giovannino, il neonato abbandonato in ospedale a Torino dopo la nascita dai genitori perché affetto da una malattia rara, l’ittiosi di Arlecchino. La modella ex compagna di Buffon è dal 2005 testimonial della Onlus Crescere Insieme al Sant’Anna, quindi frequenta spesso il reparto di terapia intensiva infantile dell’ospedale di Corso Spezia e così in una delle sue visite il primario di Neonatologia, Daniele Farina, pediatra dei suoi figli, le ha fatto conoscere il bimbo. Subito la memoria è tornata alla sua infanzia, quando anche lei aveva avuto un problema alla pelle.

A Praga, i medici pensavano che avessi l’ittiosi anch’io – ha rivelato -. Papà ricorda sempre che, quando mi vide nella culla dell’ospedale, tutta coperta di squame, fece un balzo all’indietro per lo spavento, poi cominciò a piangere. Giovannino ha una malattia rara per la quale non si conosce cura. Io, invece, ero solo nata con la pelle molto asciutta perché ero stata troppo in pancia”. Vedendo il piccolo, “ho pensato a quanto dovesse essere stato doloroso per i genitori decidere di lasciarlo – ha spiegato la Seredova -. So che sono più o meno miei coetanei, che l’hanno avuto con una fecondazione assistita e che, nonostante, tutti gli esami preventivi, era stato impossibile diagnosticare in anticipo una malattia così rara. Non mi sento di giudicarli”.

Alena Seredova ha incontrato il bimbo a settembre: “Pensi che non l’ho visto nella fase peggiore, cioè appena nato. Ho capito che deve essere una patologia molto dolorosa: la pelle è talmente secca che si rompe, fa le piaghe. Ma medici e infermieri lo tengono sempre unto e, quando l’ho conosciuto, non sembrava sofferente, non piangeva. Si vedeva che era curato con amore. Ho incontrato un bimbo molto vispo, super sveglio”.