di Andreina Fidanza
Dalle sei pagine della Legge di Bilancio inviate a Bruxelles sono emersi quei provvedimenti che dovranno impattare positivamente sul futuro del Paese. Tra le varie misure elencate le principali riguarderanno gli anziani, la famiglia e la disabilità. Queste ultime dovrebbero avere risorse pari a 100 milioni per il 2020, a 265 per il 2021 e a 478 per l’anno 2022. Tre fondi distinti che si snoderanno tra la tutela per il diritto al lavoro, il trasporto delle persone e i caregiver.
Tra i caregiver, riconosciuti dal comma 255 art. 1 della legge di bilancio 2018 ma ancora non normati da una legge che ne disciplini diritti e doveri, le problematiche continuano ad essere molteplici. Causa la totale inadeguatezza di servizi a cui fare affidamento, milioni di persone (in Italia si contano 9 milioni di disabili che vengono assistiti da oltre 7 milioni di potenziali caregiver, di cui il 60% sono donne tra i 45 e 55 anni) si sono dovute dedicare a tempo pieno alle cure e all’assistenza dei propri cari. Lavoratrici e lavoratori a tutti gli effetti che nel nostro Paese sono praticamente senza diritti e vanno incontro ogni giorno a difficoltà che potrebbero essere superate se solo ci fosse una rete e un riconoscimento dell’importanza sociale della loro attività.
Il ddl 1461, legge Nocerino – un testo atteso da famiglie e associazioni e promesso da tempo, dal momento che l’Italia è l’unico Paese in Europa a non riconoscere e tutelare questa figura – si arricchisce e si aggiorna di 11 articoli dedicati a definizioni, procedure e tutele che però non può soddisfare a pieno. E se positivi sono molti dei punti articolati – vedi l’articolo 6 che elenca interventi di sollievo, di emergenza o programmati, mediante l’impiego di operatori socio-sanitari o socio-assistenziali in possesso della qualifica professionale – rimane il ragionevole dubbio che senza le risorse necessarie difficilmente si potranno concretizzare interventi e programmi.
Per quel che invece riguarda il sostegno all’interno del percorso scolastico non si è letto alcun provvedimento e conseguenti risorse che tutelino l’alunno disabile. Una lacuna che richiama le continue richieste (inascoltate) del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti: “Negare il sostegno è una cosa gravissima. Bisogna assolutamente fare in modo che si arrivi ad individuare il problema prima che inizi il nuovo anno scolastico.”
Ma la totale assenza di risorse destinate a supplire una problematica che ha visto nell’ultimo anno un ulteriore aumento di 10mila alunni disabili fa sì che venga difficile credere e sostenere che in quello prossimo andrà meglio, considerando che la stragrande maggioranza delle supplenze annuali, con scadenza 30 giugno – parliamo di oltre 50mila contratti – vengono assegnate a precari privi del titolo d’insegnamento di didattica speciale. E quest’anno sono stati messi a concorso, dalle Università, la pochezza di 14mila posti.
Non è un caso che negli otto anni finora trascorsi dai miei due figli disabili nel percorso scolastico sia stata messa a disposizione una sola maestra, a un solo bambino e per un solo anno, con il titolo di sostegno. Condizione che non solo ha precluso un insegnamento mirato e professionale, ma non ha nemmeno garantito quella continuità indispensabile per consentire tanto al docente quanto e soprattutto all’alunno di programmare un lavoro a lungo termine e instaurare un rapporto che vada oltre il mero linguaggio didattico.
Sono una delle tante mamme italiane che si dedica e si occupa a tempo pieno dei propri figli disabili, che ha dovuto improvvisamente interrompere il proprio lavoro e che vorrebbe semplicemente avere le strutture adatte, l’assistenza necessaria e quelle figure professionali che possano offrire un domani migliore. A 45 anni, con un mondo del lavoro sempre più distante, sarebbe bene che venga riconosciuta l’importanza dell’attività sociale svolta, normata finalmente da una legge che possa garantire e disciplinare diritti e doveri.
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