Tra coloro che avevano chiesto di patteggiare, dopo aver collaborato davanti ai pm, c'era anche Alberto Bilardo, ex segretario di FI a Gallarate (Varese) e uno degli uomini più vicini al presunto "burattinaio" Nino Caianiello. Ora la Procura dovrà anche per questi undici indagati chiudere le indagini e chiedere il rinvio a giudizio e poi le difese potranno provare a patteggiare ancora in udienza preliminare
Le pene sono talmente basse che in questo modo gli imputati tornerebbero a delinquere. È in sintesi per questo motivo per il quale il gip di Milano, Maria Vicidomini, ha rigettato tutte le 11 istanze di patteggiamento a pene tra 1 anno e 8 mesi e 3 anni avanzate da altrettanti indagati nella maxi inchiesta milanese su un sistema di tangenti, finanziamenti illeciti, nomine e appalti pilotati. La decisione del giudice è arrivata alla fine di un’udienza a porte chiuse.
Tra coloro che avevano chiesto di patteggiare, dopo aver collaborato davanti ai pm, c’era anche Alberto Bilardo, ex segretario di FI a Gallarate (Varese) e uno degli uomini più vicini al presunto “burattinaio” Nino Caianiello. Per Bilardo era stata proposta la pena di 3 anni, la più alta. Ora la Procura dovrà anche per questi undici indagati chiudere le indagini e chiedere il rinvio a giudizio e poi le difese potranno provare a patteggiare ancora in udienza preliminare.
A sei mesi esatti dalla maxi operazione del 7 maggio scorso, che aveva portato a 43 misure cautelari, è arrivata quindi la dura bocciatura del gip sulle prime undici istanze di patteggiamento nell’inchiesta. Anche Caianiello, tra l’altro, come gli indagati che avevano scelto la strada del patteggiamento, ha deciso da mesi ormai di collaborare e sta continuando a riempire pagine di verbali. Punta, infatti, anche lui a patteggiare, ma i suoi interrogatori vanno avanti e, dunque, non compariva nell’elenco di coloro per i quali era stata fissata l’udienza di oggi.
L’accordo tra i pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri con le difese aveva portato a queste istanze di patteggiamento: 3 anni per Bilardo, 2 anni per Stefano Besani, avvocato di Gallarate, per Laura Bordonaro, ex presidente di Accam spa, per Matteo Di Pierro, ex collaboratore dell’imprenditore della Ecol service Daniele D’Alfonso, per Marcello Pedroni, all’epoca consigliere di Prealpi servizi, per Alessandro Petrone, ex assessore all’Urbanistica di Gallarate, per l’intermediario Pier Michele Miano e per l’imprenditore Piero Tonetti. E ancora 1 anno e 10 mesi per Davide Borsani, all’epoca consigliere di Alfa srl, 1 anno e 8 mesi per Beniamino Crescenti e Andrea Gallina, ex ad di Acqua Novara. Nei giorni scorsi, invece, per 71 persone, tra cui gli esponenti lombardi di Forza Italia Piero Tatarella e Fabio Altitonante e per il deputato di Fi Diego Sozzani, sono state chiuse le indagini. Restano aperti, poi, altri filoni della maxi inchiesta, anche su Sozzani e sull’ex eurodeputata berlusconiana Lara Comi.
Proprio ieri tra l’altro sono tornati liberi quasi tutti gli indagati che erano ancora sottoposti a misure nella maxi inchiesta della Dda di Milano, per la naturale e prevista scadenza dei termini di custodia cautelare di 6 mesi. L’unico a restare ai domiciliari è l’imprenditore della Ecol Service Daniele D’Alfonso, visto che gli è stata contestata anche l’aggravante di aver favorito la ‘ndrangheta (il clan dei Molluso) e pertanto la sua misura cautelare scadrà nel maggio 2020. Torna libero, tra gli altri, anche l’ex dipendente Amsa, l’azienda milanese dei rifiuti, Sergio Salerno. E poi anche Caianiello,Tatarella, che era ai domiciliari, e Mauro Tolbar, ritenuto uno dei collettori di mazzette e che era ancora detenuto.