Quattro righe inserite nella legge di bilancio rischiano di far tornare indietro di quasi dieci anni la lotta al gioco d’azzardo. “Con decreto del ministero dell’Economia”, si legge all’articolo 92, comma 4 del testo depositato in Parlamento, “sono fissate regole uniformi su tutto il territorio nazionale” per il collocamento di slot machine e video lotterie. In poche parole lo Stato vuole stabilire paletti uguali per tutti su dove piazzare le macchinette, ad esempio a una certa distanza da luoghi sensibili come scuole, oratori o centri per anziani. Cosa che in realtà avviene già da anni grazie alle centinaia di regolamenti emanati da comuni e Regioni in base alle esigenze specifiche di ciascun territorio. Ma ora queste norme potrebbero essere superate da regole decise esclusivamente da Roma. Il timore è che alla fine saranno più conformi alle richieste delle aziende attive nel settore, dal momento che l’intera operazione è pensata in vista di una maxi-gara in partenza nel 2020 con cui verranno riassegnate tutte le concessioni. Gli attuali sottosegretari al Mef Alessio Villarosa (M5s) e Pier Paolo Baretta (Pd), contattati più volte da ilfattoquotidiano.it, hanno preferito non commentare la vicenda.
E mentre il caso rischia di deflagrare all’interno della maggioranza – con molti esponenti del Movimento 5 stelle già sul piede di guerra – gli amministratori locali fanno quadrato. “Bisogna stringere le maglie del gioco d’azzardo, non allargarle”, commenta a Ilfattoquotidiano.it il primo cittadino pentastellato di Caltanissetta, Roberto Gambino. “Se una città vuole imporre regole più stringenti, il governo non può impedirlo”, gli fa eco il vicesindaco di Napoli Enrico Panini. Un fronte comune che si estende da Nord a Sud e prescinde dal colore politico. “Non si può vanificare tutto quello che è stato fatto negli anni contro questa piaga”, aggiunge l’assessore a sanità e servizi sociali della Lega in Veneto Manuela Lanzarin.
A segnalare per primo la vicenda è stato pochi giorni fa dalle pagine del Fatto il senatore pentastellato Giovanni Endrizzi, da sempre impegnato nella lotta all’emergenza della ludopatia. Già, perché secondo un’indagine dell’Istituto superiore di sanità nel nostro Paese ci sono 1,5 milioni di giocatori “problematici” con sintomi legati a questa patologia. Eppure per lo Stato si tratta anche di un business molto redditizio: solo nel 2018 – dice un rapporto dell’Agenzia dogane e monopoli – gli incassi hanno raggiunto i 10,4 miliardi di euro, per una spesa complessiva da parte dei cittadini italiani che è arrivata a toccare la quota record di 106,8 miliardi (+5 per cento rispetto al 2017). Il tema è di quelli storici per il Movimento, tanto che uno dei primi provvedimenti del precedente esecutivo – contenuto nel decreto Dignità – fu l’introduzione nel nostro Paese del divieto assoluto di diffondere qualsiasi forma di pubblicità relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro. Eppure alcune norme inserite nell’ultima Legge di Bilancio sembrano andare in direzione contraria. Il pacchetto comprende un aumento delle tasse sulle vincite (nell’ottica di fornire un ulteriore deterrente ai cittadini), il via libera alla gara che entro il 2022 dovrà riassegnare agli operatori tutte le concessioni su 250mila macchinette e 58mila video lotterie e, infine, il varo di nuove regole sulla loro distribuzione territoriale. Secondo Endrizzi, però, il numero di apparecchi messo a bando è “troppo alto” (una prima riduzione del 34 per cento è avvenuta con la manovrina dell’aprile 2017, ndr). E a questo si aggiunge “l’intervento a gamba tesa del governo” sul loro collocamento attraverso l’apposito decreto. Una storia che va avanti dal 2012, quando l’allora ministro della Salute del governo Monti Renato Balduzzi riformò in modo organico il settore. E attribuì al ministero dell’Economia proprio il compito di stabilire i luoghi dove non possono essere installate le slot machine. Ma da allora niente è stato fatto.
È per questo che nel corso degli anni comuni e Regioni hanno deciso di fare di testa propria, da Torino a Palermo, passando per Milano, Bologna, Firenze e Roma, solo per citare le più grandi. Anche a Napoli, dove un regolamento su video-lotterie e sale giochi esiste già dal 2015. E prevede, fra le altre cose, una distanza minima di 500 metri “misurati per la distanza pedonale più breve” da scuole, università, luoghi di culto, impianti sportivi, case di cura per anziani, spiagge, parchi pubblici e persino musei nazionali. “Siamo usciti indenni da decine di ricorsi al Tar e ciò dimostra la bontà di quanto fatto finora”, spiega a ilfattoquotidiano.it il vice di De Magistris a Napoli Enrico Panini. “Una legge nazionale potrebbe anche essere utile”, ammette, “ma l’autonomia degli enti locali deve essere salvaguardata. Non vorrei che l’obiettivo del governo alla fine sia quello di ricalcare vecchie pulsioni, cioè reperire risorse per le finanze pubbliche attraverso le nuove gare per gli operatori”. Un timore condiviso anche dall’assessore leghista in Veneto Lanzarin, prima sostenitrice di un provvedimento entrato in vigore nella sua Regione solo pochi mesi fa. A suo parere “va rivisto l’intero sistema”, soprattutto se si pensa che la ludopatia “è diventata una piaga sociale distruttiva per intere famiglie”. Lo Stato, aggiunge, “dovrebbe difendere il coraggio mostrato da tanti sindaci del nostro Paese, anziché pensare ad incassare scaricando tutto il resto sulle nostre spalle”. In materia di costi, infatti, sottolinea da Caltanissetta il primo cittadino Gambino, “spetta poi a sanità regionale e a servizi sociali comunali intervenire, specie quando il gioco si trasforma in patologia”. E dove c’è crisi, le dipendenze aumentano. “Qui a Caltanissetta tanta gente vive centri scommesse e slot machine quasi come un rifugio. Solo i sindaci conoscono davvero a fondo le esigenze del proprio territorio”.
In realtà un primo passo per mettere fine al tira e molla con Roma e trovare una quadra comune sul gioco d’azzardo è stato fatto nel 2017, quando Stato ed enti locali hanno siglato un’intesa in Conferenza unificata. “In sostanza quel documento prevedeva l’approvazione di nuove regole su scala nazionale, salvaguardando in extremis le normative locali più restrittive”, chiarisce Simone Scagliarini, associato di diritto pubblico all’università di Modena e Reggio Emilia. “Un compromesso raggiunto a stento”, aggiunge, “ma basato su un principio di per sé ragionevole: che senso ha che due Comuni vicini abbiano regole radicalmente diverse tra loro?”. A suo parere, però, il rischio che “i paletti stabiliti dall’attuale governo possano essere troppo ‘gentili’ è pienamente fondato, vista la fatica con cui sono state condotte le trattative due anni fa”. Fermo restando, conclude, che “un decreto ministeriale difficilmente può scavalcare delle leggi regionali, verrebbe subito impugnato”. Scenario a cui gli amministratori locali si dicono già preparati. Soprattutto perché, in vista della nuova gara con cui dovranno essere redistribuite tutte le macchinette, le pressioni da parte delle aziende si stanno facendo sempre più forti. Non è un caso, allora, che nemmeno l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) sia stata informata della norma. E che dal ministero del Tesoro non confermino quale manina sia intervenuta per inserirla, né a quale scopo. Specie se si pensa che, dopo l’avvicendamento di Lega e Partito democratico a Palazzo Chigi, la delega ai giochi non è ancora stata assegnata.
Lobby
Azzardo, il governo vuole paletti nazionali su slot e sale. Comuni (e M5s): “Rischiamo norme più blande di quelle locali”
Un comma della legge di bilancio attribuisce allo Stato il compito di riordinare le regole di un mercato da 106 miliardi e 10 miliardi di incassi per lo stato, in vista della maxi-gara con cui verranno riassegnate le concessioni di 250mila macchinette e 58mila video lotterie a partire dal 2020. Ma per le amministrazioni locali il rischio è che le norme siano più permissive e meno specifiche di quelle fin qui varate da molti Comuni. No comment da parte del governo
Quattro righe inserite nella legge di bilancio rischiano di far tornare indietro di quasi dieci anni la lotta al gioco d’azzardo. “Con decreto del ministero dell’Economia”, si legge all’articolo 92, comma 4 del testo depositato in Parlamento, “sono fissate regole uniformi su tutto il territorio nazionale” per il collocamento di slot machine e video lotterie. In poche parole lo Stato vuole stabilire paletti uguali per tutti su dove piazzare le macchinette, ad esempio a una certa distanza da luoghi sensibili come scuole, oratori o centri per anziani. Cosa che in realtà avviene già da anni grazie alle centinaia di regolamenti emanati da comuni e Regioni in base alle esigenze specifiche di ciascun territorio. Ma ora queste norme potrebbero essere superate da regole decise esclusivamente da Roma. Il timore è che alla fine saranno più conformi alle richieste delle aziende attive nel settore, dal momento che l’intera operazione è pensata in vista di una maxi-gara in partenza nel 2020 con cui verranno riassegnate tutte le concessioni. Gli attuali sottosegretari al Mef Alessio Villarosa (M5s) e Pier Paolo Baretta (Pd), contattati più volte da ilfattoquotidiano.it, hanno preferito non commentare la vicenda.
E mentre il caso rischia di deflagrare all’interno della maggioranza – con molti esponenti del Movimento 5 stelle già sul piede di guerra – gli amministratori locali fanno quadrato. “Bisogna stringere le maglie del gioco d’azzardo, non allargarle”, commenta a Ilfattoquotidiano.it il primo cittadino pentastellato di Caltanissetta, Roberto Gambino. “Se una città vuole imporre regole più stringenti, il governo non può impedirlo”, gli fa eco il vicesindaco di Napoli Enrico Panini. Un fronte comune che si estende da Nord a Sud e prescinde dal colore politico. “Non si può vanificare tutto quello che è stato fatto negli anni contro questa piaga”, aggiunge l’assessore a sanità e servizi sociali della Lega in Veneto Manuela Lanzarin.
A segnalare per primo la vicenda è stato pochi giorni fa dalle pagine del Fatto il senatore pentastellato Giovanni Endrizzi, da sempre impegnato nella lotta all’emergenza della ludopatia. Già, perché secondo un’indagine dell’Istituto superiore di sanità nel nostro Paese ci sono 1,5 milioni di giocatori “problematici” con sintomi legati a questa patologia. Eppure per lo Stato si tratta anche di un business molto redditizio: solo nel 2018 – dice un rapporto dell’Agenzia dogane e monopoli – gli incassi hanno raggiunto i 10,4 miliardi di euro, per una spesa complessiva da parte dei cittadini italiani che è arrivata a toccare la quota record di 106,8 miliardi (+5 per cento rispetto al 2017). Il tema è di quelli storici per il Movimento, tanto che uno dei primi provvedimenti del precedente esecutivo – contenuto nel decreto Dignità – fu l’introduzione nel nostro Paese del divieto assoluto di diffondere qualsiasi forma di pubblicità relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro. Eppure alcune norme inserite nell’ultima Legge di Bilancio sembrano andare in direzione contraria. Il pacchetto comprende un aumento delle tasse sulle vincite (nell’ottica di fornire un ulteriore deterrente ai cittadini), il via libera alla gara che entro il 2022 dovrà riassegnare agli operatori tutte le concessioni su 250mila macchinette e 58mila video lotterie e, infine, il varo di nuove regole sulla loro distribuzione territoriale. Secondo Endrizzi, però, il numero di apparecchi messo a bando è “troppo alto” (una prima riduzione del 34 per cento è avvenuta con la manovrina dell’aprile 2017, ndr). E a questo si aggiunge “l’intervento a gamba tesa del governo” sul loro collocamento attraverso l’apposito decreto. Una storia che va avanti dal 2012, quando l’allora ministro della Salute del governo Monti Renato Balduzzi riformò in modo organico il settore. E attribuì al ministero dell’Economia proprio il compito di stabilire i luoghi dove non possono essere installate le slot machine. Ma da allora niente è stato fatto.
È per questo che nel corso degli anni comuni e Regioni hanno deciso di fare di testa propria, da Torino a Palermo, passando per Milano, Bologna, Firenze e Roma, solo per citare le più grandi. Anche a Napoli, dove un regolamento su video-lotterie e sale giochi esiste già dal 2015. E prevede, fra le altre cose, una distanza minima di 500 metri “misurati per la distanza pedonale più breve” da scuole, università, luoghi di culto, impianti sportivi, case di cura per anziani, spiagge, parchi pubblici e persino musei nazionali. “Siamo usciti indenni da decine di ricorsi al Tar e ciò dimostra la bontà di quanto fatto finora”, spiega a ilfattoquotidiano.it il vice di De Magistris a Napoli Enrico Panini. “Una legge nazionale potrebbe anche essere utile”, ammette, “ma l’autonomia degli enti locali deve essere salvaguardata. Non vorrei che l’obiettivo del governo alla fine sia quello di ricalcare vecchie pulsioni, cioè reperire risorse per le finanze pubbliche attraverso le nuove gare per gli operatori”. Un timore condiviso anche dall’assessore leghista in Veneto Lanzarin, prima sostenitrice di un provvedimento entrato in vigore nella sua Regione solo pochi mesi fa. A suo parere “va rivisto l’intero sistema”, soprattutto se si pensa che la ludopatia “è diventata una piaga sociale distruttiva per intere famiglie”. Lo Stato, aggiunge, “dovrebbe difendere il coraggio mostrato da tanti sindaci del nostro Paese, anziché pensare ad incassare scaricando tutto il resto sulle nostre spalle”. In materia di costi, infatti, sottolinea da Caltanissetta il primo cittadino Gambino, “spetta poi a sanità regionale e a servizi sociali comunali intervenire, specie quando il gioco si trasforma in patologia”. E dove c’è crisi, le dipendenze aumentano. “Qui a Caltanissetta tanta gente vive centri scommesse e slot machine quasi come un rifugio. Solo i sindaci conoscono davvero a fondo le esigenze del proprio territorio”.
In realtà un primo passo per mettere fine al tira e molla con Roma e trovare una quadra comune sul gioco d’azzardo è stato fatto nel 2017, quando Stato ed enti locali hanno siglato un’intesa in Conferenza unificata. “In sostanza quel documento prevedeva l’approvazione di nuove regole su scala nazionale, salvaguardando in extremis le normative locali più restrittive”, chiarisce Simone Scagliarini, associato di diritto pubblico all’università di Modena e Reggio Emilia. “Un compromesso raggiunto a stento”, aggiunge, “ma basato su un principio di per sé ragionevole: che senso ha che due Comuni vicini abbiano regole radicalmente diverse tra loro?”. A suo parere, però, il rischio che “i paletti stabiliti dall’attuale governo possano essere troppo ‘gentili’ è pienamente fondato, vista la fatica con cui sono state condotte le trattative due anni fa”. Fermo restando, conclude, che “un decreto ministeriale difficilmente può scavalcare delle leggi regionali, verrebbe subito impugnato”. Scenario a cui gli amministratori locali si dicono già preparati. Soprattutto perché, in vista della nuova gara con cui dovranno essere redistribuite tutte le macchinette, le pressioni da parte delle aziende si stanno facendo sempre più forti. Non è un caso, allora, che nemmeno l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) sia stata informata della norma. E che dal ministero del Tesoro non confermino quale manina sia intervenuta per inserirla, né a quale scopo. Specie se si pensa che, dopo l’avvicendamento di Lega e Partito democratico a Palazzo Chigi, la delega ai giochi non è ancora stata assegnata.
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La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
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A Milano indagine per evasione fiscale su Twitter-X. Mancati pagamenti Iva per 12,5 milioni
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Francesco, condizioni critiche ma stazionarie: “Nuova tac di controllo”. Ha visto il cardinale Parolin. Buenos Aires in ansia per il ‘suo’ Papa
Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.