La notizia l’ha data l’agenzia Reuters, ed è subito rimbalzata su importanti siti internazionali, come ad esempio sul New York Times. E giustamente, perché l’Italia è il primo paese che insegnerà il cambiamento climatico nelle scuole. Il ministro della Pubblica Istruzione Lorenzo Fioramonti ha annunciato, nel silenzio incomprensibile dei nostri media, che non hanno quasi commentato, che dal prossimo anno gli studenti faranno 33 ore di lezione di cambiamento climatico all’anno, più o meno una a settimana. Ma non solo. Il cambiamento coinvolgerà anche molte materie, come la geografia e la fisica, che non saranno più studiate in maniera tradizionale, ma nella nuova prospettiva legata ai cambiamenti climatici.
Sembra una cosa piccola, invece, davvero, se ovviamente l’iniziativa sarà confermata, si tratta di una vera e propria rivoluzione. Perché finalmente la conoscenza del drammatico fenomeno in atto nel mondo entrerà nel luogo giusto, ossia a scuola. Finalmente milioni di studenti apprenderanno, almeno un minimo, cosa significa riscaldamento globale. Capiranno perché – come loro stessi avvertono – il clima è sempre più caldo e le estati sempre più torride e insopportabili.
E finalmente le materie che studiano saranno orientate in maniera corretta: che senso ha oggi studiare la geografia di laghi e fiumi se ad esempio, molti di quelli sono prosciugati o scomparsi (è di ieri la notizia, data dall’Avvenire, giornale molto attento ai temi ambientali, che le cascate Vittoria, patrimonio dell’umanità sono addirittura a secco, una notizia sconvolgente)? Che senso ha studiare ad esempio il tema del mare se gli studenti non sanno cosa sta accadendo ai nostri mari, dall’inquinamento all’innalzamento del loro livello a causa dello scioglimento dei ghiacciai? Proprio l’altro giorno guardavo il quaderno di geografia di mio figlio, attualmente alle elementari, e pensavo quanto fosse inutile studiare il mondo così com’era un tempo. Mentre oggi, purtroppo, la sua fisionomia è stravolta e minacciata.
Insegnare il cambiamento climatico a scuola avrebbe anche un altro importante effetto: quello di far sì che bambini e ragazzi formino a loro volta i propri genitori, i quali probabilmente di cambiamento climatico non sanno nulla, vista la quasi nulla informazione che fanno i nostri media, specie radiotelevisivi, e i nostri talk show. Forse finalmente avremo famiglie più consapevoli delle minacce a cui esse stesso vanno incontro, e di cui nessuno parla loro, magari per paura di perdere consenso elettorale. O magari, peggio ancora, perché i nostri politici sono ancora convinti che il cambiamento climatico è qualcosa che non riguarda l’oggi ma il domani, quando invece, come tutti sanno, l’innalzamento delle temperature è già in atto da decenni, i suoi effetti li ha dati già negli anni passati e li sta dando ancor più adesso: in questa legislatura, politicamente parlando.
Avere ragazzi e genitori più formati significa anche avere cittadini che si faranno certamente più attenti non solo a questi temi, ma anche al modo in cui alcune risorse preziose, ad esempio l’acqua, sono e saranno sempre più gestite. Cittadini col fiato sul collo dei propri rappresentanti, e magari finalmente costretti anche loro a uscire dall’apatia e indifferenza a cui un sistema capitalista ci ha condotto. Costretti ad alzare la testa dal nostro iPad, costretti a capire il pericolo e a reagire. Grazie alla scuola.
Solo una cosa, purtroppo, temo. E cioè che questo governo, sia pur fragile, sia pur senza una visione forte, sia pure nato in maniera difensiva, possa cadere, lasciando il paese nelle mani di una destra che oltre ad essere arrogante, spesso razzista, è – e questo forse è la cosa più pericolosa – completamente ignorante sul piano scientifico e in particolare sul tema del cambiamento climatico, sul quale ci giochiamo la nostra stessa sopravvivenza. Temo un ministro della Pubblica Istruzione ottuso e ideologico che possa tornare indietro e togliere questa iniziativa, facendoci ripiombare nel baratro dell’incoscienza.
Speriamo dunque che il progetto parta davvero e che il governo duri. Che almeno per un paio di anni i nostri studenti possano essere formati. Io credo che se capiscono davvero di cosa si sta parlando, se intuiscono e comprendono la gravità di ciò che sta accadendo, difficilmente torneranno indietro, difficilmente crederanno a chi racconta loro cose false, quando intorno a loro vedono incendi, deforestazioni, ghiacciai che si estinguono, siccità devastanti, alluvioni, prime massicce migrazioni. Se i professori avranno dato loro le nozioni giuste, gli occhi dei nostri ragazzi vedranno chiaro. E sarà qualcosa di veramente fondamentale.