Come capita spesso con le Rivoluzioni, arriva il Termidoro e il potere torna ai vecchi padroni. Chi ha combattuto per la Rivoluzione, chi è stato in galera per realizzarla, chi si è battuto per la libertà di tutti è uno sconfitto. È una legge sociale naturale, crudele ma implacabile. A Berlino, a Dresda, in Germania è stato lo stesso.
Alla fine hanno vinto i trasformisti alla Angela Merkel o certa gente senza memoria come le Katia Kipping, i Nico Kohler gli Jorg Urban i Björn Höcke o le Sahra Wagenknecht, uomini e donne sopraffatti dalle ideologie e che, non avendo lottato per la libertà quando sarebbe stato rischioso, ancora oggi non hanno capito cosa era la DDR e alimentano, su opposti fronti vecchie, criminali nostalgie.
Hanno invece perso i Wolf Biermann, gli uomini che nella DDR hanno creduto nella libertà e in un modello alternativo alla democrazia filoamericana della Brd, ma proprio per questo sono stati perseguitati, incarcerati, espulsi e in molti casi eliminati. Esclusi dal potere allora, allontanati anche oggi, anche se proprio ciò che accadde quel 9 novembre avvenne solo grazie ai loro sacrifici. E questo dopo trent’anni è quello che soprattutto ci resta del crollo del Muro di Berlino. Così anche la politica tedesca ha sbagliato strada e vorrebbe farci rimpiangere la riconquista della libertà.
Sergio Romano recentemente ha scritto: “Trent’anni dopo, le preoccupazioni della signora Margaret Thatcher [sulla Riunificazione] mi sembrano almeno in parte giustificate. Con la sua insistenza per il riconoscimento della Slovenia e della Croazia nel gennaio 1991, la Germania unificata ha provocato la disintegrazione dello Stato jugoslavo e la frammentazione dei Balcani. Con l’apertura dell’Unione europea agli ex satelliti dell’Urss, fortemente voluta da Berlino, sono stati creati due problemi. Abbiamo accolto nella Ue paesi che non hanno alcun desiderio di rinunciare alla propria sovranità per creare un’Europa federale; e quei paesi sono diventati satelliti della Nato, pregiudicando gravemente i rapporti con la Russia… alcune regioni della Germania orientale continuano a manifestare malumori per le loro condizioni sociali. Sembra esistere ancora, paradossalmente, un patriottismo tedesco-orientale che ha favorito l’ascesa della destra radicale…”
Inutile negarlo; gli ultimi anni sono stati anni difficili per l’Europa, per i paesi europei. Certamente negli ultimi anni, molto più di quanto fosse avvenuto subito dopo la Riunificazione, i rapporti tra l’Italia e la Germania sono drammaticamente peggiorati, nel segno di un nazionalismo deteriore, fondato sulla disinformazione e sulla scarsa conoscenza reciproca.
I bei ricordi di un passato anche recente sono rimasti tali. In Italia, ma non solo in Italia, si è sviluppata una cultura anti-tedesca che si regge su una fondamentale scarsa conoscenza dei fatti e dei problemi. Al pari non v’è dubbio che molte delle opinioni comuni e dei titoloni dei giornali popolari, che negli ultimi anni in Germania sono stati diffusi, non solo non corrispondevano affatto al vero, ma si fondavano su informazioni sbagliate, spesso volutamente false.
Risultato, a oggi le istituzioni europee non godono di grande salute, la Germania è sulla soglia della recessione e l’Italia non esce da una crisi, non solo economica, incominciata almeno nel 2008. La razionalità di Immanuel Kant e Benedetto Croce sembra essere stata sconfitta e alla fine siamo tutti più poveri. Non c’è molto di cui andare fieri. Cosa sappiamo noi della Germania, cosa sappiamo noi dei problemi tedeschi, delle soluzioni tedesche? Che sappiamo noi del Muro di Berlino e delle aspettative dei popoli della Germania Orientale? Che sanno i tedeschi dell’Italia, oltre ai luoghi comuni della pizza, mandolino e mafia?
Di fatto le ricette che in Italia, come in Germania, vengono avanzate per risolvere i problemi del dopo Muro e per dare seguito alla marcia di libertà che ha determinato il crollo del comunismo non ci tranquillizzano, perché si concentrano sugli effetti, sui sintomi esteriori di un malessere interiore, segno di difficoltà più profonde che non possono essere curate con gli antidolorifici. La strada è invece solo quella del dialogo, dell’ascolto, dell’approfondimento reciproco, della conoscenza e dell’utilizzo degli esempi che la storia e la tradizione ci hanno consegnato come risolutori.
Nulla può essere più efficace di una compiuta, paritaria collaborazione italo-germanica per approfondire le nostre reciproche caratteristiche. Dobbiamo conoscere la storia del Muro, dobbiamo conoscere più a fondo i problemi della Germania per poter risolvere i nostri. Questo è il grande insegnamento a trent’anni dalla caduta del Muro.