di Andrea Masala
Un dato interessante: il Parlamento della legislatura 2013-2018 è il primo parlamento dall’Unità d’Italia in cui i non laureati sono più dei laureati. Il primo dall’Unità d’Italia: il dato è molto forte e non deve condurci a considerazioni facili o sbagliate.
Prima considerazione facile: è colpa dei 5stelle. Invece gli eletti 5stelle avevano più laureati di tutti gli altri gruppi: probabilmente cognitariato.
Seconda considerazione facile: allora è più rappresentativo della società e più popolare. Qui va visto al rovescio e forse il problema non è un parlamento con pochi laureati ma una società che ha pochissimi laureati. In Italia infatti abbiamo il 26% di laureati (20 per i maschi e 33 per le donne) contro una media europea del 34% (44 le donne). La media europea: ma i Paesi che dovrebbero essere paragonabili al nostro ne hanno più del doppio.
Siamo penultimi, peggio di noi solo la Romania (di pochissimo), ma pure quei pochi laureati non vengono assorbiti dal mercato del lavoro interno, cioè la nostra imprenditoria non assume le competenze, competenze che sono costrette o a lavori sottopagati e sottoqualificati o a emigrare per andare a lavorare per aziende di paesi che hanno il doppio dei nostri laureati, che li impiegano tutti e a cui avanzano anche posti per i nostri.
Sicuramente abbiamo un problema di istruzione, ma deriva da un tessuto produttivo e da un ceto imprenditoriale totalmente refrattario e disinteressato alle alte competenze, che non sa competere su innovazione e sviluppo ma solo su compressione dei salari. Quando si parla di competenze, si dovrebbe partire da qui. Perché tra il bassissimo numero di giovani e il miserrimo numero di laureati il nostro Paese si avvia verso l’obsolescenza, ed è programmata.