Da aprile 2019, quando è cominciata l’operazione “Vulcano di Rabbia” del Generale Khalifa Haftar, Aziziya – 30 chilometri sud di Tripoli – è la linea del fronte. È dove le milizie fedeli al Governo di Accordo Nazionale (Gna) di Fayez al-Serraj hanno respinto i nemici dell’Esercito nazionale libico (Enl), interrompendo quella che sembrava un’avanzata inarrestabile. Da mesi ormai la guerra si consuma in questa distesa di sabbia, strade e case ammassate l’una sull’altra.
Sono sei settimane che a fianco delle truppe di Haftar ci sono circa 200 miliziani del Wagner Group, società di soldati privati russi molto vicina al Cremlino. Il comparto di questo genere di aziende – che ogni anno fanno girare migliaia di dollari nel mondo- è parecchio controverso: la Convenzione Onu del 1989 contro il reclutamento, l’uso, il finanziamento e la formazione dei mercenari considera il loro dispiegamento “una violazione delle leggi internazionali”. Tuttavia, nessuna legge internazionale vieta l’utilizzo di società private per scopi militari e di sicurezza quali guardie armate, scorta di convogli, manutenzione di armamenti, detenzione di prigionieri e formazione di eserciti. Eppure, sia il singolo mercenario che la società privata di soldati di fatto prendono parte a situazioni di conflitto per soldi. La differenza sostanziale dovrebbe stare nel fatto che un mercenario non risponde ad alcuna regola, mentre alle società private dovrebbe essere proibito uccidere. Ma secondo i media internazionali tra i soldati di Wagner ci sarebbero anche degli sniper, cecchini.
La notizia della presenza del Wagner Group era stata riportata inizialmente da giornali libici ed è stata confermata il 5 novembre dal New York Times. In un contesto di guerra dove le milizie di solito contano meno di 400 soldati, male armati e poco addestrati, la carta dei mercenari è una mossa che può cambiare gli equilibri. “Sono mondi completamente diversi”, commenta Emed Badi del Middle East Institute di Washington al quotidiano americano. Sebbene da otto anni in Libia ci sia l’embargo sull’ingresso di nuove armi, ormai il conflitto si combatte a terra tra i gruppi armati rivali, autoctoni, mentre in cielo volano droni portati nel Paese dalla Turchia a sostegno di Serraj e dagli Emirati a sostegno di Haftar. La violazione dell’embargo è palese sin dallo scorso maggio.
Il nome Wagner Group deriverebbe dal nom de guerre usato da Dmitry Utkin, ex ufficiale dei servizi segreti militari russi (Gru) che nel 2014 ha fondato l’azienda di mercenari. Secondo il giornale russo Fontanka, Utkin scelse “Wagner” perché affascinato dalle teorie naziste: il compositore Richard Wagner è stato tra i favoriti di Adolf Hitler.
Il suo ritiro dall’esercito russo risale all’anno precedente, il 2013, il momento in cui esplode l’industria degli eserciti privati in cui lavorano ex militari dell’esercito russo. Prima di costituire la Wagner, Utik lavorava per una di queste, il Moran Security Group. Si legge nel sito che la società fornisce ai clienti “sicurezza, trasporti, assistenza medica, salvataggi e servizi di consulenza”. Nel curriculum si legge che dagli anni 2000 l’azienda è protagonista di azioni per il recupero di navi dirottate dai pirati dell’Oceano Indiano e del Golfo di Aden, di servizi di scorta in Iraq, Kenya, Nigeria e Repubblica Centrafricana, persino assistenza a un canale russo che voleva trasmettere da Fallujah, sempre in Iraq, nel 2004.
Dalla Moran, come riporta il sito Radio Free Europe, nel 2013 si è poi distaccato un gruppo di ex militari per formare, sempre a cavallo tra il 2013 e il 2014, lo Slavonic Corp, società di mercenari registrata a Hong Kong che è apparsa sui forum militari russi per reclutare personale in Siria al fine di “proteggere giacimenti petroliferi e oleodotti”. Insieme a Wagner, sono l’altro contingente privato composto da militari russi che si trova schierato più di frequente.
La Siria è stato il secondo teatro di guerra dove sono state schierate le truppe del Wagner Group, a sostegno del regime di Bashar al-Assad dalla fine del 2015. Nel 2014 erano in Ucraina, insieme ai separatisti filorussi. Poi ci sono stati tre anni di silenzio, fino al 2018, quando il gruppo ha svolto operazioni in Repubblica Centrafricana per addestrare le armate locali impegnate contro il gruppo armato Séléka. A Bangui, la capitale, il consigliere per la sicurezza del presidente Faustin-Archange Touadéra è un’ex spia russa inviata dal Cremlino, Valery Zakharov. Tre giornalisti russi che cercavano di investigare sulla presenza russa nel Paese africano – il reporter Orhan Djemal, il documentarista Alexandre Rastorgouïev e il cameraman Kirill Radtchenko – sono stati ritrovati morti a luglio 2018 in circostanze ancora da chiarire. A gennaio 2019, soldati privati della Wagner sono stati dislocati anche a sostegno di Nicholas Maduro, in Venezuela.
Romanzesca tanto quanto la storia della società è la biografia dell’uomo che i media russi suppongono essere il proprietario, Yevgeny Prigozhin. Nativo di Leningrado, come Putin, da giovane è finito in carcere per rapina, racconta il Guardian. È diventato poi un semplice ristoratore, fino a quando un giorno, per caso, il presidente russo non si è fermato da lui a cena. Due anni dopo, Prigozhin aveva in mano gli appalti più importanti per il servizio di catering al Cremlino. Da ristoratore, poi, si è trasformato in altro. Nel 2016 è stato messo sotto sanzioni dal Dipartimento del Tesoro americano perché le sue aziende Concord Management e Concord Catering hanno sostenuto operazioni militari di separatisti russi in Donbass. In quello stesso procedimento viene sanzionato anche il Wagner Group, per quanto non venga fatto risalire a Prigozhin.
Concord Management e Concord Catering riappaiono poi nel rapporto di Robert Mueller come enti finanziatori della Internet Research Agency Llc, una delle società accusate di aver “cercato di interferire nel processo politico ed elettorale americano, incluse le elezioni del 2016” diffondendo fake news. Per quanto ufficialmente fuori dal controllo diretto del presidente Putin, è chiaro che il Wagner Group sia l’esercito schierato da Vladimir Putin nelle missioni più delicate, dove Mosca vuole avere gli scarponi sul terreno, senza però farsi notare. Non è l’Armata Russa, ma la sua fedeltà al presidente è la stessa. In Libia, per Mosca, è tempo che si chiuda la guerra e che il generale Haftar si prenda Tripoli.