Per la squadra di Ancelotti quella di ieri doveva essere la prova d'orgoglio, mentre ne è uscita l'ennesima partita brutta e sterile. La formazione di Conte è imprecisa e bruttina, ma riesce a raddrizzare la partita, riprendere il primato temporaneo in classifica e mettere da parte le dure polemiche del post Champions
C’è la sofferenza e il premio finale, per l’Inter. C’è il buio pesto per il Napoli. Dopo ammutinamenti, polemiche, e un martedì di Champions bollente il ritorno in campo in campionato porta umori diametralmente opposti per nerazzurri e partenopei. In casa Inter la tensione, dopo le accuse di Conte alla società nel post gara di Dortmund si avverte e il Verona quasi ne approfitta: l’Inter è imprecisa e bruttina, gli scaligeri si trovano in vantaggio alla fine del secondo tempo grazie a un rigore trasformato da Verre. La reazione degli uomini di Conte è disordinata: Lukaku si mangia di tutto e devono pensarci i due centrali di centrocampo, Vecino prima e Barella poi con un gran gol a ribaltarla. Proprio Barella dunque, che Conte aveva tirato in ballo (assieme a Sensi) come simbolo di inesperienza e di una rosa troppo corta dopo la sconfitta in Campions. Nel finale Conte non tira mai in ballo la società e spende parole al miele per i suoi giocatori che sono momentaneamente primi in classifica in attesa di Juve – Milan di domani. Vittoria e punti pesanti e importantissimi prima della sosta dunque.
Diametralmente opposta la situazione a Napoli: al San Paolo contro il Genoa non si va oltre lo zero a zero e si tocca probabilmente il punto più basso dell’era De Laurentiis. I calciatori entrano tra i fischi assordanti del pubblico: il San Paolo ha deciso che dopo l’ammutinamento post Salisburgo e successivi veleni gli unici colpevoli sono loro. Ci provano anche, Insigne e compagni a trasformare quei fischi in applausi: si abbracciano prima del match a mostrare unità ritrovata, appaiono anche volenterosi giocando praticamente in pianta stabile nella metà campo genoana. Senza creare occasioni però e alla fine gli azzurri potrebbero addirittura capitolare se Koulibaly non salvasse un gol fatto di Pinamonti sulla linea. Avrebbe dovuto essere la prova d’orgoglio ma ne esce l’ennesima partita brutta e sterile: il Napoli è cervellotico, spento, non mette un giocatore davanti alla porta da tempo immemore e oggi l’epoca sarrista pare il paradiso perduto e ricordarlo ai tifosi azzurri è sadismo puro.
Sarà il 4 – 4 – 2 di Ancelotti che tra giocatori fuori ruolo e fuori forma non ha mai convinto, saranno i calciatori a fine ciclo, sarà un momento no, ma il Napoli è davvero brutto, non vince da quasi un mese, ed è settimo in classifica e fuori da qualsiasi posto utile per l’Europa: bilancio drammaticamente negativo per una squadra che secondo staff tecnico e società avrebbe dovuto concorrere per lo scudetto. In chiusura come all’inizio, per Insigne, Mertens e gli ex rivoltosi ci sono i fischi, e poi il silenzio: nessuno del Napoli può parlare, hanno deciso così. La sosta dunque arriva in un momento ideale, anche se pare onestamente difficile che il solo fermarsi per una settimana, al netto della dozzina di giocatori che andrà via per le nazionali, possa portare chissà quale giovamento ad una squadra con tanti, troppi problemi.