Se un insegnamento si può trarre dalla vicenda di Antonello Nicosia è quello di stare in guardia dai soggetti che si ammantano di virtù facendone cifra e mestiere della loro vita. Vi siete mai chiesti perché alcuni individui fanno dell’essere virtuosi un lavoro, cercando in maniera parossistica e smodata di convincere l’altro della propria inscalfibile moralità? Semplice narcisismo? Non sempre.

La rubrica da lui curata in un’emittente televisiva si apre con le parole di Giovanni XXIII, preludio a una lunga dichiarazione di attenzione verso i carcerati, i figli dei carcerati, i torturati e gli afflitti privi di parola dietro le sbarre. Colui che ha “progettato e coordinato corsi di formazione per svantaggiati sociali e disoccupati (…) Direttore dell’Osservatorio Internazionale dei Diritti Umani, impegnato in attività a favore degli immigrati” è oggi accusato di essere stato un tramite con boss malavitosi.

La psicoanalisi e la storia ci insegnano a dubitare dell’ostentazione smodata della virtù tipica dei “buoni per professione”, in alcuni casi indice della doppia morale del soggetto perverso, il quale si presenta come un probo viro, ammantato di un’aura moralizzatrice strombazzata ai quattro venti, la quale ha spesso lo scopo di nascondere misfatti e malefatte che devono essere celate. E tanto più sono sbandierate le virtù, tanto più sono profonde le oscenità che devono essere occultate.

L’11 giugno 2007, un uomo è seduto in un bagno dell’aeroporto di Minneapolis. Da sotto la parete divisoria col cesso accanto, Larry Craig gli fa piedino, cerca di strusciargli la gamba, poi passa la mano sotto la parete divisoria e fa segni ammiccanti. Allora l’uomo si alza, bussa alla porta accanto e, come agente sotto copertura contro i crimini sessuali, arresta Larry Craig. Il punto è che Craig, 62 anni e padre di tre figli, esponente di spicco della destra religiosa, è senatore repubblicano dell’Idaho, e da anni conduce una crociata anti-gay: da sempre si oppone al matrimonio gay. Di esempi come questo ce ne sono a bizzeffe.

Se le accuse saranno dimostrate avremo la conferma che Nicosia assolveva alla funzione di “tramite” tra due mondi che necessitano di marcare le rispettive aree di influenza, salvo doversi parlare. Come ho avuto modo di scrivere, lo Stato ha sempre “trattato” con i mondi fuorilegge. Dallo sbarco alleato in Sicilia, passando per gli anni di piombo e della morte di Aldo Moro, attraversando i canali sotterranei del patto Stato-Mafia, sino ai legami strutturati con il mondo delle curve e con il “Mondo di mezzo” di Roma capitale.

Questi universi fuorilegge devono avere dei contatti col mondo regolato dalla legge emanata da un’assemblea democraticamente eletta, la quale non può permettere che questi satelliti vivano una vita completamente autonoma. Deve pertanto permettere loro di esistere, garantendo un patto di non intromissione tramite canali sotterranei di comunicazione. Un patto grazie al quale le leggi che si lambiscono e si incrociano nelle zone carsiche, fondendosi e contaminandosi, si dividono di nuovo una volta in superficie per combattersi.

Questa era la natura del papellu fatto avere dai Corleonesi allo Stato. Le ipotesi degli inquirenti non fotografano solo un semplice millantatore, bensì un uomo vestito con gli abiti puliti della legge, usati per poter meglio avere i contatti con chi ha fatto dell’antistato la propria ragione di vita e raccogliendone le richieste, al fine di “portare avanti l’ambizioso progetto di alleggerire il 41 bis o favorire la chiusura di penitenziari giudicati inidonei a garantire un trattamento dignitoso”.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono morti non per un “incidente sul lavoro”, quanto per aver cercato di chiudere, una volta e per sempre, questo canale nel quale passavano i Cahiers de doléances. Oggi guru messianici col dito alzato e depositari del bene infestano i media. Bisogna starne in guardia, indagare la loro condotta fuori dai riflettori. Dietro le quinte, si possono annidare verità inconfessabili.

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