Attualità

Lettera aperta di Paolo Brosio: “A Live non è la D’Urso le mie parole sono state distorte da una schiera di opinionisti”

Il giornalista ci ha scritto una lettera che pubblichiamo: "Di fronte all’ennesimo racconto dello stesso episodio dell’attrice Serena Grandi che era stata costretta baciarsi con un’altra bambina dal suo parroco, ed essendo lo stesso racconto più volte fatto e rifatto, detto e ridetto e ripetuto nella stessa serata, e dopo che più volte avevo detto che chi subisce deve denunciare e fare nomi e cognomi, mi è uscita proprio dal cuore l'espressione “chi se ne frega” ma non per coprire bensì per rimarcare l’inutilità dello stesso racconto se poi non si procede con la denuncia facendo nomi e cognomi"

In risposta all’articolo leggibile a questo link, riceviamo e pubblichiamo:

Ieri sera ho partecipato alla trasmissione LIVE NON E’ LA D’URSO condotta da Barbara D’Urso in prima serata su Canale 5 dove è stato affrontato l’argomento delle suore incinte in Sicilia, di alcuni presunti episodi di violenze e di pedofilia che sarebbero stati posti in essere da sacerdoti delle diocesi italiane, e ancora di altri episodi di preti che sono stati scomunicati perché si sono sposati con altri uomini e che continuano a celebrare la santa messa in altre confessioni cristiane o presunte tali.

Di fronte a questo fior fiore di episodi, casi di cronaca estremamente negativi per la chiesa cattolica, ho preso con forza le difese della mia religione sostenendo in sintesi che non si può parlare solo di episodi drammatici e vergognosi, ma la chiesa cattolica è rappresentata in stragrande maggioranza da sacerdoti, suore e vescovi che svolgono il loro lavoro nella santità e obbedienza ai valori cristiani e nel silenzio della quotidianità.

E veniamo al punto cruciale: di fronte all’ennesimo racconto dello stesso episodio dell’attrice Serena Grandi che era stata costretta baciarsi con un’altra bambina dal suo parroco, ed essendo lo stesso racconto più volte fatto e rifatto, detto e ridetto e ripetuto nella stessa serata, e dopo che più volte avevo detto che chi subisce deve denunciare e fare nomi e cognomi, mi è uscita proprio dal cuore l’espressione “chi se ne frega” ma non per coprire bensì per rimarcare l’inutilità dello stesso racconto se poi non si procede con la denuncia facendo nomi e cognomi. Pareva infatti che il racconto venisse ripetuto solo per rimarcare ulteriormente ed arricchire le accuse alla chiesa come si trattassero di più episodi diversi. La mia frase male interpretata è stata ripresa da varie fonti giornalistiche on line fra le quali Il Messaggero.it , Leggo.it, ilfattoquotidiano.it. Data l’autorevolezza delle testate tengo a ribadire che le mia frase sono state distorte dalla numerosa schiera di opinionisti presenti che certamente non hanno dimostrato di avere cuore i valori sacri e la santità della chiesa cattolica.

Ho passato una vita intera come inviato speciale di cronaca nera giudiziaria sia in alcuni dei quotidiani più importanti d’Italia, La Nazione del gruppo QN Il secolo XIV di genova e poi nei più prestigiosi telegiornali nazionali di Mediaset per raccontare abusi e sopraffazioni, denunce e condanne con sentenze certe e non chiacchiere e non sono certo io, ora, quello che vuole coprire i presunti abusi a danno dei minori. Mi viene veramente da ridere. Nella stessa serata più volte ho ribadito la necessità che si faccia piazza pulita nelle competenti sedi giudiziarie di quei preti o di quelle suore, o di quei vescovi che si rendono veramente colpevoli di atti gravi. Non sono però d’accordo di sparare nel mucchio e di sostenere delle accuse che non siano fondate su denuncia circostanziate e indagini serie ma episodi raccontati per alzare il polverone che finisce per coinvolgere la stragrande maggioranza di una chiesa che considero santa e sacra, da rispettare e da difendere.