Gli incentivi ai pagamenti elettronici possono “contribuire a ridurre la propensione a evadere“. Non solo: le misure per favorire il ricorso a pagamenti tracciabili e in generale “tutti gli strumenti che ampliano la disponibilità di informazioni e ne aumentano la tempestività possono contribuire a migliorare la capacità di analisi e di controllo preventivo dell’Amministrazione e accrescere l’adempimento spontaneo“. Tuttavia occorre fare attenzione perché “le misure previste potrebbero incentivare forme di evasione con consenso, quelle in cui esiste un accordo tra acquirente e venditore, ampliando anziché riducendo l’evasione nelle cessioni con il consumatore finale”. Sono i giudizi di Bankitalia e Ufficio parlamentare di bilancio sulle misure di contrasto all’evasione inserite nella legge di Bilancio. L’Upb ha aggiunto che l’efficacia delle nuove norme dipenderà, in modo cruciale, “dall’effettivo superamento delle problematiche connesse con il trattamento dei dati personali” nell’ambito del Regolamento generale sulla protezione dei dati per la privacy. “E’ opportuno che il governo abbia deciso di fare seriamente” la lotta all’evasione fiscale “e di farne una priorità della manovra”, ha detto dal canto suo il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. “È certificato che azioni in questo ambito possono dare risultati importanti anche nel breve periodo, come ha dimostrato il successo della fatturazione elettronica”.
“Prudenzialmente, il governo non ipotizza che questo incentivo determini alcuna emersione di base imponibile negli anni di programmazione. È però plausibile che nel medio periodo esso possa contribuire a ridurre la propensione a evadere”, ha detto. Luigi Federico Signorini, vice direttore generale della Banca d’Italia, durante l’audizione sulla manovra. “Alcuni recenti studi empirici mettono in luce l’esistenza di una relazione negativa tra l’evasione e la quota delle transazioni effettuate con moneta elettronica”, sottolinea Signorini. “Favorire il ricorso ai mezzi di pagamento più moderni (sempre rispettando, s’intende, le preferenze individuali dei consumatori) è utile anche per altri motivi. L’uso del contante comporta costi non trascurabili per la produzione, distribuzione, custodia delle banconote e aumenta i rischi per la sicurezza e quelli connessi con la contraffazione“. Il vice direttore di Bankitalia ha sottolineato che “in Italia la diffusione dei pagamenti elettronici resta piuttosto bassa. Il valore complessivo delle transazioni oggi regolate con carta di pagamento al punto vendita fisico è pari a poco più del 30% – come in Spagna – a fronte di oltre il 70 in Francia e di circa il 45% in Germania”. E gli studi empirici “suggeriscono che la propensione all’utilizzo della carta da parte del cliente è sensibile a incentivi monetari simili a quelli prefigurati dalla manovra (cashback, premi, sconti, punti). Sulla base delle elasticità generalmente stimate, ci si può attendere, come effetto congiunto dei provvedimenti di incentivo previsti dal governo, un aumento delle transazioni elettroniche dell’ordine del 10%”.
Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, dal canto suo ha avvertito però del rischio che aumentino le “forme di evasione con consenso”, quelle in cui il consumatore concorda con il venditore o il professionista un pagamento in nero con lo sconto. “Questo tipo di evasione, sicuramente più difficile da contrastare, non è ancora stata affrontata con determinazione”, ha proseguito l’economista, ordinario di Scienza delle finanze alla Sapienza di Roma, secondo cui “l’aumento dell’evasione con consenso potrebbe portare anche a una perdita di gettito. Questo fenomeno andrebbe contrastato dalla previsione di adeguati controlli sulla stabilità e credibilità dei margini di ricavo“. Comunque la manovra, per l’Upb, “compie uno sforzo apprezzabile mettendo in campo un set di misure dissuasive, incentivanti, repressive e informative ad ampio raggio ai fini di un significativo recupero di basi imponibili. Si tratta quindi ora di predisporre tutti gli strumenti operativi in grado di massimizzarne l’efficacia, dotando l’Amministrazione delle necessarie risorse professionali e tecniche e superando eventuali ostacoli rimanenti (per esempio quelli in materia di trattamento dei dati personali)”. Chiaro riferimento ai paletti finora posti dal Garante della Privacy all’utilizzo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari per individuare criteri di rischio evasione e preparare liste di contribuenti da controllare.
L’Upb ricorda che tra le nuove misure previste del ddl di bilancio si prevede la possibilità per l’Agenzia delle entrate di integrare, previa pseudonimizzazione dei dati personali, rendendoli cioè anonimi, le banche dati di cui già dispone con i dati dell’archivio dei rapporti finanziari per definire profili di rischio utili a far emergere posizioni da sottoporre a controllo o per incentivare l’adempimento spontaneo. “La portata innovativa della norma – spiega l’Ufficio parlamentare di Bilancio – risiede nella possibilità per l’Agenzia delle entrate di passare da logiche deduttive a logiche induttive nella propria attività di controllo, grazie al trattamento automatico di grandi masse di dati a monte della determinazione dei criteri di rischio”. Finora “la determinazione di criteri di rischio sembrerebbe essere avvenuta a monte della consultazione delle banche dati – riducendone l’efficacia – quale condizione posta dal Garante per la protezione dei dati personali per l’utilizzo delle banche dati stesse. La pseudonimizzazione dei dati, plausibilmente, dovrebbe inoltre consentire l’ampliamento all’universo dei contribuenti (la totalità delle persone fisiche) delle sperimentazioni dell’incrocio delle banche dati già in corso presso l’Agenzia delle entrate con riferimento a società di persone e di capitali per alcuni periodi di imposta”.
Pisauro ha poi ricordato che “rispetto a quanto ipotizzato nella Nadef (la nota di aggiornamento del Def, ndr) la manovra fuga alcuni elementi di incertezza”, tuttavia restano dei “rischi“. “In particolare, ridimensiona, rispetto agli originari 7 miliardi previsti per il 2020, l’apporto delle misure di contrasto all’evasione fiscale, ora oggetto di quantificazioni più prudenti e realistiche. Le grandezze di finanza pubblica appaiono in ogni caso soggette a rischi e incertezze derivanti dall’andamento del quadro macroeconomico. Un forte peggioramento del contesto internazionale potrebbe influire negativamente sulla domanda estera rivolta al nostro Paese e quindi sulla crescita del pil, che potrebbe risultare inferiore a quella dello scenario programmatico prospettato nella Nadef. Inoltre, sul fronte dei tassi di interesse, la situazione favorevole dovuta alla loro recente riduzione è soggetta a incertezza, con rischi sulla spesa per l’onere del servizio del debito”, afferma Pisauro.
Nel complesso la programmazione della manovra presenta “troppe incertezze“, ha proseguito Pisauro a Palazzo Madama. “Com’è avvenuto in tutti gli anni recenti – sottolinea – anche in questa occasione la manovra fissa per il 2020 un livello del rapporto deficit/pil stabile rispetto agli anni precedenti, rinviando agli anni successivi la sua riduzione. Riduzione, per conseguire la quale ci si affida ancora principalmente alle clausole di salvaguardia su Iva e accise (19 miliardi nel 2021 e oltre 25 miliardi nel 2022) che zavorrano il quadro programmatico di bilancio senza che sia fornita alcuna indicazione sul loro destino futuro”. Nella manovra inoltre, “vengono inoltre presi impegni divergenti nel triennio in materia di entrate e spese: al netto delle clausole di salvaguardia, le prime tendono a ridursi (dai 7,5 miliardi del 2020 ai 3,9 miliardi del 2022), le seconde a salire sensibilmente (da 0,7 miliardi il prossimo anno a 11,3 miliardi del 2022)”.