“Vogliamo mantenere fortissimo questo legame identitario con gli emigrati e i loro familiari in Italia e all’estero attraverso le massime espressioni della cultura e dello sport nell’Isola: il nuraghe, la nostra casa più antica, il Cagliari Calcio e la Dinamo Sassari”. L’assessore della Regione Sardegna al Lavoro, Formazione Professionale, Cooperazione e Sicurezza Sociale, Alessandra Zedda non ha dubbi in proposito. Il progetto “Casa Sardegna”, che ha presentato insieme al presidente della Regione, Christian Solinas, ri-annoderà i fili con chiunque abbia abbandonato l’isola. Rinsalderà il rapporto con le terra dalla quale ci si è allontanati.
Un progetto che prevede, con il supporto del Cagliari e della Dinamo, iniziative per consolidare “il senso di appartenenza dei nostri emigrati attraverso la storia e i successi del calcio e del basket”. Ma lo sport è solo uno degli attrattori. L’altro, forse il più importante, è costituito dal monumento che rappresenta la Sardegna, la sua storia. Insomma il nuraghe. Come potrà concretizzarsi questa idea l’ha spiegato l’assessore. Verrà costruito un nuraghe “nelle diverse forme artistiche, da parte degli emigrati, che abbiamo individuato come ‘missionari di Sardegna’, nelle città in cui operano i 121 ‘circoli dei sardi’”.
“Consentire di edificare questo nostro simbolo significa anche portare nel mondo un’immagine della Sardegna legata non solo alle sue ben note potenzialità paesaggistiche, ma anche ai suoi aspetti culturali, dei quali siamo fieri eredi e portatori”. Il Presidente Solinas è fiero di questo progetto. Che però conserva ancora delle incertezze. Peraltro di non poco conto. A partire dalle dimensioni e dal materiale con il quale verranno realizzate queste opere, proseguendo per le collocazioni che avranno. E senza contare le spese. Ma in ogni caso l’idea dei nuraghe-ambasciatori dell’identità sarda appare non propriamente felice.
Come ha sottolineato anche Stefano Deliperi, presidente dell’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico. “Ben 121 nuraghi a spasso per il mondo, da Buenos Aires a Bergamo, da Arnhem a Piossasco. Come se alla Regione Veneto fosse venuto in mente di disseminare il mondo di false Basiliche di San Marco o alla Regione Puglia di riempire l’orbe terracqueo di Trulli finti”, ha scritto Deliperi. Già, perché il punto è proprio questo. Realizzare dei nuraghe simili a quelli veri, altrove. Fuori dall’isola. Con lo scopo di farne quasi dei feticci. In ogni caso dei “falsi”. Che non sono una novità.
Nella provincia di Guangdong, in Cina, alla fine dell’aprile 2012 è terminata la ricostruzione del villaggio alpino austriaco di Hallstatt. Con tanto di chiesa. È, in fondo, quel che è accaduto tante volte a Venezia, riprodotta a Las Vegas, replicata all’infinito da Macao al Brasile. Qualcosa di simile si è verificato per la basilica di San Pietro è stata edificata tale e quale in Costa d’Avorio e il Taj Mahal rifatto in Bangladesh. La Rotonda di Palladio ricostruita dal magnate palestinese Al Masri a Nablus, nei territori palestinesi, e uguale a quella di Vicenza.
“Fotocopie” degli originali, costruite certo con fini diversi da quelli che dovrebbero portare dei nuraghe dove ci sono dei circoli di sardi. Ma come i casi richiamati, privi di valore. Anzi portatori di dis-valori. Altro che identità! A questo punto non rimane che aspettare. Con la speranza che le altre regioni non vogliano copiare l’iniziativa per i loro emigranti. Il potpourri di monumenti-simbolo privati del contesto annullerebbe ogni identità. Insomma un risultato opposto a quello che si sarebbe voluto realizzare.