Nel giorno in cui la commissione Finanze della Camera disinnesca gli emendamenti al decreto Fiscale di Italia Viva e Forza Italia per reintrodurre lo scudo penale per l’ex Ilva, il governo ribadisce che convincere ArcelorMittal a restare in Italia è il “piano A, B, C e D” e il premier Giuseppe Conte annuncia che slitta il Consiglio dei ministri sul ‘Cantiere Taranto’. La riunione a Palazzo Chigi nella quale i ministri sono stati invitati dal presidente del Consiglio a proporre idee per sostenere e riconvertire il capoluogo jonico, alle prese con la fuga di ArcelorMittal, si terrà la settimana prossima e non giovedì, come da programma. Un “differimento”, spiega Conte, dovuto agli “impegni istituzionali” di alcuni ministri e dello stesso premier.

“Data l’importanza, perché ho sollecitato tutti i ministri a raccogliere tutti i progetti” sull’ex Ilva “l’ho accordato volentieri perché non si tratta di varare e definire il cantiere Taranto in due giorni, ma è un cantiere che si apre e se differiamo il Consiglio dei ministri di qualche giorno non cambia assolutamente nulla”, ha spiegato sottolineando che “stiamo lavorando intensamente in questi giorni e in queste ore per rendere tutti i capitoli del dossier Taranto sostenibili”. E quando gli viene chiesto se il governo rischia di cadere sull’Ilva, risponde: “Ma cosa dice mai… Suvvia… su questa sfida il governo rischia di cadere? Ma scherziamo?”.

Così il governo resta al lavoro in attesa di un nuovo faccia a faccia con i Mittal, quando ormai è trascorsa quasi una settimana dalle “48 ore” per una soluzione di cui aveva parlato Conte. Il punto lo fa il ministro Stefano Patuanelli, tutto imperniato sulla battaglia legale che si profila all’orizzonte nella giornata in cui il Tribunale di Milano ha fissato la prima udienza per l’atto di citazione presentato dai franco-indiani per il 6 maggio 2020: “Credo che c’è una evidenza. ArcelorMittal non ha rispettato il piano industriale presentato. È evidente che il rispetto del piano industriale è un elemento contrattuale”. Mentre sul tema dello scudo penale, sottolinea, ci sono posizioni diverse.

Ma in ogni caso il ministro dice: “Non mi sembra che ci sia stata una modifica alle norme che renda impossibile il piano industriale”, e quindi giustifichi il diritto di recesso. “Questo è un dato oggettivo”, sintetizza. “Ma a noi interessa risolvere un problema, che è un problema Paese, è un problema di sistema Paese”. E “non è pensabile che da un giorno all’altro una società” prenda una decisione così. “Ha deciso evidentemente da prima del 2 novembre di fare questo, perché oggi ci dicono che i parchi sono vuoti e ci vuole molto tempo e programmazione per farlo”, continua. Quindi aggiunge: “Noi dobbiamo risolvere la questione della continuità produttiva. A me interessa risolvere il problema, poi sul percorso vedremo. Per noi il piano A, B, C o D, è sempre Mittal che deve essere richiamata dal sistema Paese, con un appello alla responsabilità di tutte le forze produttive ma anche dei sistemi produttivi”. E sulla posizione del M5S per una riconversione post-industriale a Taranto, Patuanelli dice: “Possiamo fare le polemiche che vogliamo su chi ha detto questo. Su decrescita felice, cozze, pattini… Io non ho certamente mai parlato di questo”.

Nella discussione politica, però, continua a tenere banco proprio lo scudo penale. Stoppata l’iniziativa di renziani e Fi perché gli emendamenti sono stati dichiarati inammissibili, almeno all’apparenza resta compatto l’orientamento contrario alla norma da parte del M5s. Ma gli eletti ribollono: “La battaglia sullo scudo la facciamo – è il concetto – Ma il governo non cada su questo”. È stato proprio il premier Conte a mettere più volte sul tavolo della trattativa con ArcelorMittal la possibilità di inserire di nuovo l’immunità per facilitare un’intesa con il gruppo franco-indiano.

E nel documento approvato dai senatori pentastellati, approvato con soli 5 contrari in assemblea martedì sera, si specifica che se dovesse tornare all’ordine del giorno se ne parlerà in assemblea, mentre viene detto un “no” secco alla fiducia sul provvedimento. Nello stesso testo si dà pieno mandato al ministroPatuanelli, che mercoledì incontrerà i deputati M5s, sul dossier ex Ilva e pieno appoggio al presidente del Consiglio. Durante l’incontro c’è stato un accalorato intervento dell’ex ministro Barbara Lezzi, che ha sostanzialmente ribadito il suo no allo scudo penale per la multinazionale dopo averlo espresso in maniera chiara durante l’incontro tra gli eletti tarantini e il premier.

Ancora oggi a Radio24 il capo politico M5s Luigi Di Maio ha ribadito che la questione dell’addio annunciato dalla multinazionale dell’acciaio è di tutt’altro tipo: con ArcelorMittal, dice Di Maio, “abbiamo firmato un contratto e chiediamo che questo contratto venga rispettato”. “Se hanno delle difficoltà sul numero di tonnellate da produrre – continua – ci sediamo a un tavolo e si trova una soluzione insieme, ma la soluzione unilaterale di andarsene, questo noi non lo possiamo permettere”. Il capo politico del M5s ha dunque annunciato che “lo Stato impugnerà l’atto con cui loro hanno avviato l’uscita dall’Italia”.

Il ricorso d’urgenza, tuttavia, dopo l’annuncio degli scorsi giorni, non è ancora stato impugnato. Fonti vicine al dossier fanno sapere che il deposito dovrebbe avvenire entro venerdì. Procede invece l’iter della citazione in Tribunale da parte dell’azienda, che ha fatto prevenire ieri le carte ai giudici di Milano. La causa è stata assegnata alla sezione A specializzata in materie delle imprese e presieduta da Claudio Marangoni e la prima udienza è stata fissata al 6 maggio 2020. Da qui la necessità espressa da Di Maio di rispondere subito, proprio attraverso atti giudiziari: “In pochi giorni ci sarà la prima risposta, poi ci sarà un lungo contenzioso ma intanto l’obiettivo è fare in modo che Arcelor si sieda al tavolo e ritiri la procedura”. Martedì l’azienda ha annunciato ai lavoratori (e non ai sindacati) il cronoprogramma per spegnere l’altoforno 2, con scadenza finale al 14 dicembre.

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