Un numero preciso sull’ammontare delle tangenti non c’è. E questo la dice lunga sul livello di corruzione che ha caratterizzato la storia del Mose, acronimo di Modulo Sperimentale Elettromeccanico che rimanda direttamente al profeta capace di far separare le acque del Mar Rosso. È questo che dovrebbe fare il Mose, senza accento: proteggere Venezia dall’acqua alta. Ideato negli anni ’80, cominciato nei duemila, il progetto non ha ancora visto la luce. Colpa, sopratutto, di un sistema di tangenti scoperto tra il 2013 e il 2014 e che tra arresti, indagini e processi ha bloccato lo sviluppo dell’opera. Secondo gli inquirenti attorno al Mose sarebbero state emesse 33 milioni di euro di fatture false: almeno la metà – 16/17 milioni – sarebbero servite a pagare tangenti. Altre stime, invece, portano a ipotizzare quasi cento milioni di euro di mazzette.
La data spartiacque (è proprio il caso di dirlo, nonostante il gioco di parole) nella storia dell’opera è il 4 giugno del 2014: quel giorno Venezia viene travolta da un’ondata d’alta marea partita dalla procura. Vengono arrestate 35 persone, un centinaio gli indagati. In quell’elenco di nomi ci sono imprenditori, politici, amministratori, di centrodestra e centrosinistra, che negli anni sono entrati nel libro paga di Giovanni Mazzacurati, a lungo direttore generale del Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per le opere di salvaguardia della Laguna dalle acque alte. Mazzacurati voleva assicurarsi di non avere ostacoli nei finanziamenti pubblici per il Mose. Per questo pagava politici e imprenditori. Un giro colossale di mazzette, all’inizio calcolato in cento milioni di euro per cinque anni, che aveva colpito l’ex governatore del Veneto, Giancarlo Galan, l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, l’ex ministro dei Trasporti, Altero Matteoli. L’indagine era nata dagli accertamenti sui fondi neri creati all’estero da alcuni imprenditori legati al Consorzio Venezia Nuova: Piergiorgio Baita, ex amministratore delegato della Mantovani, Claudia Minutillo, ex segretaria di Galan diventata imprenditrice e poi lo stesso Mazzacurati.
I tre decisero di patteggiare e sulle loro dichiarazioni è nata l’inchiesta che ha travolto Venezia. Il nome principale finito nella bufera era quello del “doge” Galan, potente ex governatore, che ha patteggiato due anni e dieci mesi per corruzione continuata. Gli hanno confiscato la villa sui Colli Euganei, per un controvalore di due milioni e 600mila euro. L’ex governatore, poi deputato di Forza Italia e poi ministro dell’Agricoltura, è stato anche condannato a risarcire lo Stato per 5 milioni 808 mila euro, di cui 5 milioni 200 mila euro per danno all’immagine e 608 mila euro per danno da disservizio. Ha patteggiato sempre per corruzione anche l’allora assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso: per lui due anni e mezzo di pena. Si è accordato a due anni l’ex magistrato delle Acque, Patrizio Cuccioletta. In totale il 16 ottobre del 2014 furono 19 gli indagati che patteggiarono davanti al giudice di Venezia. A Milano, invece, si accordarono con la procura – in uno stralcio dell’inchiesta – l’ex generale della Guardia di Finanza Emilio Spaziante e l’ex ad di Palladio Finanziaria Roberto Meneguzzo, rispettivamente a 4 anni di carcere con una confisca di 500 mila euro e a 2 anni e mezzo di reclusione. Provò a patteggiare anche l’ex sindaco di Venezia, Orsoni, ma il gup respinse l’istanza.
Si aprì dunque un processo col rito ordinario: l’ex sindaco è stato assolto in appello nel luglio scorso per alcuni capi d’accusa di finanziamento illecito e prescritto per altri. La stessa decisione emessa per l’ex presidente del Magistrato alle acque, Maria Giovanna Piva. Sempre i giudici di secondo grado hanno dichiarato il non doversi procedere per l’ex ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, ritenendo “il reato estinto per morte dell’imputato” e revocando “le corrispondenti situazioni civili”. In primo grado l’esponente del Pdl era stato condannato a 4 anni per corruzione. Condanna a 4 anni confermate in appello anche per Erasmo Cinque, con confisca di beni ridotta 9 milioni di euro. All’ex presidente di Adria infrastrutture, Corrado Crialese, è stata rideterminata la pena a un anno e otto mesi. Prescritte tutte le accuse a carico dell’imprenditore veneziano Nicola Falconi, in primo grado condannato a 2 anni e 2 mesi oltre che a un maxi risarcimento di 3 milioni di euro, poi ridotto a circa 100 mila euro.
I grandi accusatori della vicenda Mose, invece, hanno patteggiato solo il 28 febbraio 2019: Baita, Minutillo, Mirco Voltazza, Nicolò Buson, ex direttore finanziario di Mantovani, e Pio Savioli. I primi tre hanno patteggiato 2 anni per corruzione e frode fiscale, mentre hanno chiusa la propria vicenda giudiziaria con un anno e otto mesi Buson e Savioli, quest’ultimo solo per reati fiscali. Il gup ha disposto confische per circa 24 milioni, per la maggior parte a carico di Baita e Buson, per i ruoli che avevano in Mantovani. Un primo tentativo di patteggiamento era fallito perché Baita e Buson non avevano dimostrato la possibilità di saldare le richieste economiche.
Giustizia & Impunità
Venezia, decine di milioni di tangenti e una ventina di condanne: perché non c’è il Mose a proteggere la città
L'ex governatore Galan, l'ex assessore Chisso: la lunga lista di politici e imprenditori responsabili del sistema di tangenti scoperto tra il 2013 e il 2014 che tra arresti, indagini e processi ha bloccato lo sviluppo dell'opera. Secondo i magistrati attorno al Mose sarebbero state emesse 33 milioni di euro di fatture false: almeno la metà - 16/17 milioni - sarebbero servite a pagare mazzette. Ma altre stime portano a una stima di quasi cento milioni
Un numero preciso sull’ammontare delle tangenti non c’è. E questo la dice lunga sul livello di corruzione che ha caratterizzato la storia del Mose, acronimo di Modulo Sperimentale Elettromeccanico che rimanda direttamente al profeta capace di far separare le acque del Mar Rosso. È questo che dovrebbe fare il Mose, senza accento: proteggere Venezia dall’acqua alta. Ideato negli anni ’80, cominciato nei duemila, il progetto non ha ancora visto la luce. Colpa, sopratutto, di un sistema di tangenti scoperto tra il 2013 e il 2014 e che tra arresti, indagini e processi ha bloccato lo sviluppo dell’opera. Secondo gli inquirenti attorno al Mose sarebbero state emesse 33 milioni di euro di fatture false: almeno la metà – 16/17 milioni – sarebbero servite a pagare tangenti. Altre stime, invece, portano a ipotizzare quasi cento milioni di euro di mazzette.
La data spartiacque (è proprio il caso di dirlo, nonostante il gioco di parole) nella storia dell’opera è il 4 giugno del 2014: quel giorno Venezia viene travolta da un’ondata d’alta marea partita dalla procura. Vengono arrestate 35 persone, un centinaio gli indagati. In quell’elenco di nomi ci sono imprenditori, politici, amministratori, di centrodestra e centrosinistra, che negli anni sono entrati nel libro paga di Giovanni Mazzacurati, a lungo direttore generale del Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per le opere di salvaguardia della Laguna dalle acque alte. Mazzacurati voleva assicurarsi di non avere ostacoli nei finanziamenti pubblici per il Mose. Per questo pagava politici e imprenditori. Un giro colossale di mazzette, all’inizio calcolato in cento milioni di euro per cinque anni, che aveva colpito l’ex governatore del Veneto, Giancarlo Galan, l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, l’ex ministro dei Trasporti, Altero Matteoli. L’indagine era nata dagli accertamenti sui fondi neri creati all’estero da alcuni imprenditori legati al Consorzio Venezia Nuova: Piergiorgio Baita, ex amministratore delegato della Mantovani, Claudia Minutillo, ex segretaria di Galan diventata imprenditrice e poi lo stesso Mazzacurati.
I tre decisero di patteggiare e sulle loro dichiarazioni è nata l’inchiesta che ha travolto Venezia. Il nome principale finito nella bufera era quello del “doge” Galan, potente ex governatore, che ha patteggiato due anni e dieci mesi per corruzione continuata. Gli hanno confiscato la villa sui Colli Euganei, per un controvalore di due milioni e 600mila euro. L’ex governatore, poi deputato di Forza Italia e poi ministro dell’Agricoltura, è stato anche condannato a risarcire lo Stato per 5 milioni 808 mila euro, di cui 5 milioni 200 mila euro per danno all’immagine e 608 mila euro per danno da disservizio. Ha patteggiato sempre per corruzione anche l’allora assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso: per lui due anni e mezzo di pena. Si è accordato a due anni l’ex magistrato delle Acque, Patrizio Cuccioletta. In totale il 16 ottobre del 2014 furono 19 gli indagati che patteggiarono davanti al giudice di Venezia. A Milano, invece, si accordarono con la procura – in uno stralcio dell’inchiesta – l’ex generale della Guardia di Finanza Emilio Spaziante e l’ex ad di Palladio Finanziaria Roberto Meneguzzo, rispettivamente a 4 anni di carcere con una confisca di 500 mila euro e a 2 anni e mezzo di reclusione. Provò a patteggiare anche l’ex sindaco di Venezia, Orsoni, ma il gup respinse l’istanza.
Si aprì dunque un processo col rito ordinario: l’ex sindaco è stato assolto in appello nel luglio scorso per alcuni capi d’accusa di finanziamento illecito e prescritto per altri. La stessa decisione emessa per l’ex presidente del Magistrato alle acque, Maria Giovanna Piva. Sempre i giudici di secondo grado hanno dichiarato il non doversi procedere per l’ex ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, ritenendo “il reato estinto per morte dell’imputato” e revocando “le corrispondenti situazioni civili”. In primo grado l’esponente del Pdl era stato condannato a 4 anni per corruzione. Condanna a 4 anni confermate in appello anche per Erasmo Cinque, con confisca di beni ridotta 9 milioni di euro. All’ex presidente di Adria infrastrutture, Corrado Crialese, è stata rideterminata la pena a un anno e otto mesi. Prescritte tutte le accuse a carico dell’imprenditore veneziano Nicola Falconi, in primo grado condannato a 2 anni e 2 mesi oltre che a un maxi risarcimento di 3 milioni di euro, poi ridotto a circa 100 mila euro.
I grandi accusatori della vicenda Mose, invece, hanno patteggiato solo il 28 febbraio 2019: Baita, Minutillo, Mirco Voltazza, Nicolò Buson, ex direttore finanziario di Mantovani, e Pio Savioli. I primi tre hanno patteggiato 2 anni per corruzione e frode fiscale, mentre hanno chiusa la propria vicenda giudiziaria con un anno e otto mesi Buson e Savioli, quest’ultimo solo per reati fiscali. Il gup ha disposto confische per circa 24 milioni, per la maggior parte a carico di Baita e Buson, per i ruoli che avevano in Mantovani. Un primo tentativo di patteggiamento era fallito perché Baita e Buson non avevano dimostrato la possibilità di saldare le richieste economiche.
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
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Economia & Lobby
Caro bollette, a due settimane dagli annunci di Giorgetti il decreto slitta ancora: cdm rinviato a venerdì
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “La presentazione di Fondazione Bicocca è un momento importante perché Bicocca ha già dimostrato, spostandosi in quest'area geografica della città, di fare tanto per il territorio in cui è immersa, con una trasformazione ambientale e strutturale". Lo afferma Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo economico e politiche del lavoro del Comune di Milano, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
"Basti pensare - dice - a tutti gli investimenti sul verde che ha fatto e che circondano quest'area, ma soprattutto culturale, sulla parte che riguarda la proprietà intellettuale, il trasferimento tecnologico, la possibilità di avvicinare e orientare ancora di più tante ragazze e ragazzi alle materie che l’Università Bicocca rappresenta in questo territorio. Ora attraverso la Fondazione, si cerca di creare quel ponte ancora più esplicito, ancora più forte con il mercato del lavoro”.
"L’obiettivo della Fondazione è trasformare da un lato il mercato del lavoro, avvicinandolo sempre di più alle aspettative di tante ragazze e ragazzi, dall'altro lato avvicinare questo patrimonio di giovani alle proposte che ci sono nel mercato del lavoro, orientandoli e formandoli nel modo corretto a fronte delle tante vacancies che ci sono in diversi settori. Un obiettivo molto utile non solo a Milano, ma al nostro Paese”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il costo delle bollette in Italia ha raggiunto picchi insostenibili per famiglie e imprese. Oggi la segretaria Schlein ha dimostrato che sono possibili interventi urgenti e immediati per abbassare il costo dell’energia. Nello stesso giorno in cui il governo Meloni fa slittare il cdm per affrontare la questione: sono nel caos. Seguano le proposte del Pd, perché gli italiani non possono rimetterci di tasca propria per l’incompetenza di questa destra". Lo scrive sui social Alessandro Zan del Pd.
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “Il valore di Fondazione Bicocca è un atto di coraggio, ma anche di eredità, perché questo è il mio ultimo anno di mandato. Pertanto, l'ottica è mettere a disposizione le competenze, ma anche il coraggio, di un grande ateneo pubblico multidisciplinare, come Bicocca, a disposizione della società civile a 360 gradi”. Così Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’università degli studi di Milano-Bicocca, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
“Tutti noi sappiamo dell'incertezza economica, dei problemi relativi al mancato sviluppo delle competenze e dell'inverno demografico. Queste sfide non sono solo italiane, ma anche europee, rispetto a colossi come Stati Uniti e Cina e fanno riflettere sul gap di innovazione tecnologica che caratterizza tutta l'Europa e in particolare il nostro Paese. Pertanto - spiega la rettrice Iannantuoni - è motivo di orgoglio avere da un lato lo sviluppo delle competenze e dall’altro mettere a disposizione i nostri laboratori e le nostre migliori menti insieme alle imprese per fare sviluppo e crescita. Non c'è innovazione tecnologica se non c’è giustizia sociale, cioè se l’innovazione non è a favore di tutti. Un esempio sono le polemiche legate alle auto elettriche”.
“Quindi, il nostro approccio è multidisciplinare, innovativo e diverso, com’è diversa Bicocca, e si propone come una piattaforma di connessioni per il futuro, come abbiamo voluto chiamare la giornata di oggi e aspettiamo tutte le imprese del terzo settore, gli Irccs, gli istituti di cura, le scienze della vita, Tutti insieme per dare una speranza diversa al nostro Paese”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il governo Meloni, in quasi due anni, non ha adottato alcuna misura efficace per contrastare l’aumento delle bollette, preferendo smantellare il mercato tutelato e aggravando così la situazione di famiglie e imprese". Lo afferma Ubaldo Pagano, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Bilancio alla Camera, sottolineando la necessità di un cambio di rotta immediato. Il Partito Democratico torna a chiedere interventi concreti, proponendo due soluzioni centrali: separare il costo dell’energia da quello del gas e istituire un ente pubblico che possa garantire prezzi più accessibili.
"Non possiamo accettare – aggiunge Pagano – che il nostro sistema energetico rimanga vincolato a un meccanismo che pesa enormemente sulle tasche di cittadini e aziende. Il gas è la fonte più costosa e instabile, e continuare a legare il prezzo dell’elettricità a questa risorsa è un errore che il governo deve correggere subito. Le bollette stanno raggiungendo livelli insostenibili proprio nei mesi di maggiore consumo: Meloni e la sua maggioranza si decidano ad agire, perché gli italiani non possono più aspettare", conclude Pagano.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Non è più procrastinabile un intervento del Governo per contenere i costi delle bollette, oramai insostenibili per milioni di italiani. Governo e maggioranza facciano proprie le proposte del Pd avanzate da Elly Schlein e tutte a costo zero. Proposte semplici, chiare ed efficaci. Approviamole con spirito bipartisan per il bene del Paese". Così in una nota il senatore del Pd Michele Fina.
"Dopo che il taglio delle accise, promesso dalla presidente Meloni, era rimasto intrappolato nella distanza che c'è tra il dire e il fare e nulla è stato fatto è ora che maggioranza e governo prendano atto della gravità della situazione. Come si fa a non rendersi conto che questa emergenza bollette si aggiunge all’aumento di carburante, RC Auto e pedaggi, beni alimentari, materiale scolastico e affitti? Una situazione sconfortante che si va ad aggiungere ad una economia che arretra da 750 giorni, proprio mentre attendiamo gli effetti nefasti dei dazi di Trump".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Si riunirà domani pomeriggio il gruppo Pd della Camera e all'ordine del giorno c'è anche la questione della pdl Cisl sulla partecipazione dei lavoratori. Dopodomani infatti si riunirà in mattinata il Comitato dei 9 e quindi è atteso il provvedimento in aula. Provvedimento sul quale si sono registrate sensibilità diverse tra i dem. Con il disagio dell'area riformista, in particolare, a dire no all'iniziativa promossa dalla Cisl. Per un altro pezzo dei dem invece, come Arturo Scotto e Maria Cecilia Guerra, il testo base è stato stravolto dalla maggioranza ed è quindi insostenibile. Testo su cui, per altro, ha messo il cappello la stessa premier Giorgia Meloni parlando all'ultima assemblea Cisl.
I dem, per trovare una quadra, si erano già confrontati nelle settimane scorse in una riunione del gruppo a Montecitorio. Si era deciso di rinviare la decisione sul voto, in attesa di vedere se la maggioranza si fosse resa disponibile ad accogliere alcune modifiche, in aula, proposte dal Pd. "Attendiamo un segnale", si era detto. A quasi un mese di distanza però il 'segnale' non sembra arrivato. Dice Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro: "Noi abbiamo tenuto sempre come bussola il merito. E votare no al mandato al relatore, è stata un scelta di merito perchè il testo base Cisl è stato completamente stravolto e peggiorato. Tanto che viene da chiedersi come sia possibile che un grande sindacato come la Cisl possa riconoscere come proprio il provvedimento che arriva in aula...".
"Ma -aggiunge- abbiamo detto che eravamo disponibili a modificare il nostro no in commissione, se in aula la maggioranza avesse dato l'ok ad alcune significative modifiche. Al momento, però non abbiamo avuto alcun segnale in questa direzione". E quindi, va a finire che il Pd si divide? "Non credo proprio". Magari si va verso un'astensione? "Domani abbiamo il gruppo, discuteremo domani".
Roma, 24 feb. (Adnkronos Salute) - L'intervento e le cure per il tumore al seno possono avere un forte impatto sulla sfera emotiva e sessuale della donna; il bisogno di recuperare femminilità e intimità, così come il desiderio di maternità, sono molto sentiti dalle pazienti, che però non ne parlano. Lo confermano i dati di un'indagine condotta da Iqvia e promossa da Europa Donna Italia per comprendere l'impatto della malattia sull'identità femminile e la relazione di coppia. I risultati sono stati presentati nel corso del convegno scientifico 'Rəvolution in medicine', che si è tenuto sabato 22 febbraio all'università degli Studi di Milano.
Oltre il 90% delle donne riscontra problemi legati alla sfera sessuale in seguito a interventi e trattamenti per il tumore al seno, ma il 66% non ne parla con nessuno e il 42% rinuncia a gestirli, evidenzia la ricerca coordinata da Isabella Cecchini, responsabile del Centro studi Iqvia Italia, che ha coinvolto 382 donne con diagnosi di tumore al seno di diverse fasce di età e a diverso stadio di malattia. I risultati indicano che le tematiche relative a emozioni e sessualità sono percepite importanti per il 72% del campione, ma restano taciute non solo dalle donne stesse - principalmente per timore, vergogna, idea che siano aspetti secondari rispetto alle priorità dettate dalla malattia - ma anche dai medici.
"Rispetto agli esordi del mio essere oncologa - dichiara Manuelita Mazza, oncologa della Senologia medica dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e responsabile scientifica di 'Rəvolution in medicine' - la vita delle pazienti è cambiata. In poco più di vent'anni ho assistito a grandi passi avanti nella capacità di curare il tumore al seno, anche nelle forme metastatiche; tuttavia, se si guarisce sempre di più e l'aspettativa di vita è più lunga, non sono certa sia anche più larga, più piena, più densa di vita stessa. La salute sessuale è un aspetto puntualmente trascurato del benessere di chi ha una diagnosi impegnativa come il tumore al seno, specie se metastatico, ma è parte integrante del benessere di ciascuna donna e non può essere un argomento omesso a fronte di una diagnosi di tumore al seno".
"Fornire alla paziente informazioni chiare sugli effetti collaterali sessuali dei trattamenti e, se desiderato, includere il partner nelle discussioni cliniche può fare una grande differenza - prosegue Mazza - Questa apertura non solo supporta meglio la paziente, ma le permette di sentirsi compresa in una delle sfere più intime e vulnerabili della sua vita".
I dati presentati confermano quanto un cambio di passo sia necessario: appena il 22% delle donne intervistate ha un alto livello di consapevolezza dell'impatto delle terapie sulla propria sessualità, l'11% ha interrotto la relazione con il proprio partner dopo la diagnosi di tumore al seno e 2 coppie su 3 hanno interrotto i rapporti sessuali. Anche sul fronte della maternità emergono dati significativi: solo 3 pazienti su 4 parlano del desiderio di diventare madri con il proprio medico di riferimento, e la comunicazione risulta chiara e rassicurante appena per la metà di esse, con il risultato che troppo spesso si rinuncia al proprio progetto di vita perché non si sono ricevute informazioni adeguate.
"E' il momento di promuovere un cambiamento - commenta Rosanna D'Antona, presidente di Europa Donna Italia - e far sì che i problemi riscontrati dalle pazienti nella sfera emotiva e sessuale escano dal cono d’ombra del tabù. Le donne chiedono un supporto specifico da parte dei medici e vorrebbero essere affiancate anche dagli psiconcologi. L'impegno di Europa Donna in queste direzioni non mancherà. Già dal 2022 abbiamo avviato il progetto 'Come Prima', dedicato al recupero della femminilità e al desiderio di maternità delle donne con tumore del seno, coinvolgendo le pazienti, i loro partner e i medici con materiale informativo e appuntamenti dedicati, e proseguono i nostri sforzi per promuovere e normalizzare il dialogo tra pazienti e professionisti sanitari, medici in primis, anche su questi aspetti. Non dimentichiamo che la presa in carico delle pazienti deve prendere in considerazione non solo la malattia di per sé, ma la donna nella sua interezza, con i suoi bisogni fisici e psicologici".