“Sono momenti di estrema tensione perché sono passati 10 anni. Ormai mi sembra tutto chiaro ed è evidente che Stefano sia morto per le conseguenze di un pestaggio. Spero che possa avere giustizia e possa riposare in pace”. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, è in attesa della sentenza del processo che vede imputati cinque carabinieri, a vario titolo, per la morte del giovane arrestato per droga e deceduto all’ospedale Pertini nell’ottobre.
I giudici della prima Corte d’assise di Roma sono entrati in camera di consiglio: il verdetto è previsto per il 18. Rispondono di omicidio preterintenzionale abuso d’autorità Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro; per loro il pm ha chiesto la condanna a 18 anni di reclusione ciascuno. Per il carabiniere Francesco Tedesco, l’imputato-accusatore che con le sue dichiarazioni ha fatto luce sul presunto pestaggio subito da Stefano Cucchi in caserma la notte del suo arresto, il rappresentante dell’accusa, Giovanni Musarò, ha chiesto l’assoluzione dall’omicidio preterintenzionale e tre anni e mezzo di reclusione per l’accusa di falso. Otto anni di reclusione per falso sono stati richiesti per il maresciallo Roberto Mandolini; mentre per l’ulteriore imputazione di calunnia, contestata al carabiniere Vincenzo Nicolardi e ai colleghi Tedesco e Mandolini, il pm ha sollecitato una sentenza di non procedibilità per prescrizione del reato.
“Ilaria ci ha dato la forza per andare avanti e cercare la verità. Quello che abbiamo giurato davanti a quel corpo massacrato è che non ci saremmo mai fermati e così faremo, andremo sempre avanti. Oggi ci auguriamo una svolta, i dati sono tutti a favore di una sentenza positiva, però ci sono dei segnali… – dicono i genitori di Stefano, Giovanni Cucchi e Rita Calore – Siamo molto agitati il fatto di avere come parte civile dei ministeri in altri processi è molto positivo perché vuol dire che dopo 10 anni finalmente lo Stato è vicino a noi e non siamo più soli“.