Oltre alla ex parlamentare Ue di Forza Italia, è finito ai domiciliari Paolo Orrigoni, titolare della catena Tigros ed ex candidato al Comune di Varese per il centrodestra. Custodia cautelare in carcere per Giuseppe Zingale, ex direttore generale della agenzia per il lavoro Afol
Nuovo terremoto giudiziario a Milano. Puntata numero due dell’inchiesta Mensa dei poveri, ovvero il nuovo tangentificio Lombardia. A poco più di sei mesi dai 43 arresti del 7 maggio scorso, questa mattina la Guardia di Finanza di Milano e i colleghi di Busto Arsizio hanno dato esecuzione a tre ordinanze di arresto firmate dal giudice Raffaella Mascarino. Ai domiciliari così è finita l’ex europarlamentare di Forza Italia Lara Comi. Stessa misura per l’imprenditore varesino Paolo Orrigoni, proprietario della catena dei supermercati Tigros, ex candidato sindaco a Varese nel 2016, molto vicino alla Lega e al numero due del Carroccio Giancarlo Giorgetti. In carcere è finito invece Giuseppe Zingale, ex direttore generale dell’agenzia per il lavoro Afol, sospeso il primo ottobre e poi licenziato, come specifica la stessa agenzia in una nota.
Sette in totale i capi di imputazione, tutti tranne due già contestati agli indagati nei mesi scorsi. Cinque di questi riguardano la posizione di Lara Comi che si ritrova indagata per corruzione rispetto a una consulenza che l’avvocato ligure Maria Teresa Bergamaschi ha incassato dalla Afol di Zingale. Oltre a ciò, l’ex eurodeputata, che dopo gli arresti di maggio ha dismesso ogni carica, è accusata di due truffe ai danni del Parlamento europeo. Una riguarda la retrocessione in contanti di parte dello stipendio di un suo ex addetto stampa. In sostanza è emerso come lo stipendio fosse stato portato da mille e tremila euro al mese, denaro rimborsato dal Parlamento europeo, ma parte di questo, circa duemila euro, veniva girata poi alla stessa Comi.
La seconda riguarda l’iscrizione nello staff della Comi di Nino Caianiello, ex coordinatore provinciale di Fi, ritenuto il vero regista delle mazzette. Un’iscrizione della quale lo stesso Caianiello davanti ai pm sostiene di non aver saputo nulla. Inoltre, la Comi risulta indagata per un finanziamento illecito di 31mila euro. Il denaro sarebbe arrivato attraverso una finta consulenza a una società di Marco Bonometti, attuale presidente di Confindustria Lombardia, anche lui indagato ormai da tempo.
A questo reato si associa l’ultimo contestato alla Comi, ovvero la falsa fatturazione emessa per la consulenza che sarebbe consistita in una ricerca copiata direttamente da una tesi di laurea reperibile in Rete e discussa da Antonio Apuzza nel 2014 all’università Luiss di Roma. “Dall’esame degli elementi indiziari”, scrive il gip di Milano Raffaella Mascarino nell’ordinanza di arresto, “emerge la peculiare abilità che l’indagata Comi ha mostrato di aver acquisito nello sfruttare al meglio la sua rete di conoscenze al fine di trarre” dal ruolo pubblico “di cui era investita per espressione della volontà popolare il massimo vantaggio in termini economici e di ampliamento della propria sfera di visibilità”.
A Giuseppe Zingale è contestato solo una capo d’imputazione, cioè la corruzione legata alla doppia consulenza (totale 38mila euro) affidata all’avvocato Maria Teresa Bergamaschi, la quale a verbale ha spiegato che parte di quei soldi, 10mila euro, sono poi stati girati a Lara Comi. Zingale è anche accusato di istigazione alla corruzione nella vicenda che vede indagato per abuso d’ufficio il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana per la nomina dell’ex collega di studio Luca Marsico in un organo regionale.
Questo capo di imputazione rientra nel filone principale dell’inchiesta su cui la Procura ha chiuso le indagini il 30 settembre scorso. Ultimo protagonista della nuova inchiesta è Paolo Orrigoni, anche noto in Lombardia come Mister Tigros. Per l’imprenditore del ramo supermercati l’accusa è corruzione, legata a una mazzetta da 50mila euro che sarebbe stata pagata per la modifica di una variante relativa a un’area in via Cadore a Gallarate, di proprietà di Piero Tonetti, in cui far nascere un nuovo supermercato. Il fatto è noto e viene confermato a verbale da Alberto Bilardo, ex coordinatore locale di Forza Italia.
Meno noti gli elementi che stanno dietro alle esigenze cautelari. Il primo riguarda la costruzione di un Tigros a Milano nel quartiere di Baggio. Qui emerge la figura di Marco Bestetti, presidente del Municipio 7 e soprattutto coordinatore nazionale dei giovani di Forza Italia. Bestetti non è indagato, anche se risulterà in contatto con Orrigoni. L’incontro, stando alle carte, avviene al ristorante da Berti, ribattezzato Mensa dei poveri dagli indagati. Orrigoni incontra Bestetti e Pietro Tatarella, consigliere comunale a Milano indagato nel filone principale per corruzione. Intercettato, Caianiello così descrive i due giovani politici: “Loro sono i miei figliocci milanesi anche se hanno già superato il padre, questi qui hanno già imparato”. I due, spiega sempre Caianiello ad Orrigoni, “mi manifestavano il fatto che volevano darti una mano perché lì c’erano dei problemi sull’aspetto del progetto”.
Il secondo dato che per il giudice supporta le esigenze cautelari è legato a un’altra inchiesta coordinata dalla procura di Busto Arsizio in cui Orrigoni è indagato per l’articolo 319 quater del codice penale, ovvero il dare o promettere utilità. L’indagine riguarda la volontà di Orrigoni di aprire l’ennesimo Tigros nel comune di Solbiate Olona, in provincia di Varese. Da qui l’incarico dato a un suo geometra di agganciare qualcuno all’interno del Comune. Cosa che secondo la Procura avviene nella persona del capo dell’ufficio tecnico, anche lui indagato, che si sarebbe messo a disposizione in cambio di una consulenza da una società dello stesso Orrigoni per la sua compagna, di professione architetto.
Gli arresti di oggi non chiudono però l’inchiesta che, dopo il 7 maggio, anche grazie alle dichiarazioni fatte da Caianiello, ha preso diverse direzioni, alcune delle quali riguardano la Lega di Matteo Salvini.