“Quella società è disponibile ad apparire ma il lavoro lo fa un altro?”. La ricostruzione e le conversazioni, con quella che per i pm è una proposta illecita. Al di là degli eventuali reati, il punto è capire se il comportamento di Ambrosini possa essere compatibile con un incarico dal compenso milionario conferito dai giudici fallimentari di Roma sulla base della fiducia nel professionista. Gli scenari possibili per i commissari
Stefano Ambrosini resiste al suo posto di Commissario Giudiziale di Astaldi. Sono passate più di due settimane dalle perquisizioni. A differenza dell’altro commissario Francesco Rocchi, indagato anche lui per corruzione in atti giudiziari insieme al professore Corrado Gatti, asseveratore della procedura, Ambrosini non si è dimesso anche se è pure indagato per istigazione alla corruzione, in un secondo filone, stavolta con il professionista romano, Marco Costantini.
Accuse gravi che vanno riscontrate. Si parla di storie complesse fatte di incarichi e presunti conflitti di interesse. La corruzione per i pm romani non consisterebbe in mazzette cash ma in presunti scambi di ‘favori’ tra professionisti su incarichi e compensi che allo stato non sono stati nemmeno liquidati. Insomma la presunzione d’innocenza è d’obbligo ma – a prescindere dall’esito penale – restano interessanti i fatti descritti nei decreti di perquisizione notificati a Gatti, Rocchi, Ambrosini e Costantini.
Dalle carte si scopre innanzitutto che c’è un quinto indagato: il commercialista Carlo Salvagnini, iscritto per istigazione alla corruzione con Ambrosini e Costantini. Ambrosini lo conosce da tempo. Entrambi sono dal 2015 commissari giudiziali in un importante concordato preventivo del Tribunale di Rovigo: Grandi Molini Italia Spa, 300 milioni di fatturato, ovviamente estranea all’inchiesta Astaldi che riguarda i suoi due commissari. “Ambrosini – scrivono i pm romani – sollecitava, per il tramite del Salvagnini (che con lui agiva in unione e concorso), indebite utilità a beneficio del dottor Marco Costantini consistenti nella remunerazione della consulenza che di fatto avrebbe dovuto essere svolta da costui”.
Questa storia non coinvolge l’altro commissario indagato nel primo filone di inchiesta sui compensi, Francesco Rocchi, estraneo alla questione dell’incarico da dare a Costantini, anche perché spingeva per un altro professionista. Il 26 settembre i pm intercettano Ambrosini che si vanta con Marco Costantini di averlo sponsorizzato. Così sintetizzano il colloquio i pm: “Nonostante Rocchi abbia insistito, anche se ‘molto garbatamente’, per Falcone (un altro commercialista romano estraneo ai fatti e all’inchiesta, Ndr) e per altri nomi, si è giunti a fare il nome di Marco (Costantini). Ambrosini aggiunge che anche il terzo commissario, Vincenzo Ioffredi (non indagato, Ndr) avrebbe appoggiato la sua idea, in quanto reputerebbe lo stesso Marco persona riservata e fidata. (…). Ambrosini aggiunge che, tuttavia, avrebbe incontrato ‘esitazione’ da parte del ‘pres’”.
A questo punto è necessaria una precisazione. ‘Il pres’, per i pm sarebbe Antonino La Malfa, presidente della Sezione Fallimentare del Tribunale di Roma, completamente estraneo all’indagine. Marco Costantini è considerato amico di La Malfa da quando entrambi lavoravano a Velletri e proprio per questo ‘il pres’ non gradiva che gli fosse dato un incarico in una procedura sotto il suo controllo giurisdizionale.
Ambrosini nella telefonata infatti dice a Costantini: “Quando l’ho detto al pres, ha avuto un attimo di esitazione, ha detto: ‘bah…poi lo riconducono a me’ credo abbia avuto…..”. Ambrosini non termina la frase e i pm sintetizzano così il seguito del suo discorso: “Ambrosini prosegue dicendo che il ‘pres’ ha poi detto ‘ma no, va bene, scegliete voi, per carità!’, chiedendo però di parlarne con il giudice delegato (Coluccio). Ambrosini, quindi, riferisce di aver chiesto a ”Enzo” (Vincenzo Ioffredi, terzo commissario,Ndr) di parlare con Angela Coluccio, perché avrebbe dei ‘rapporti’ con lei. Ambrosini, probabilmente raccontando quanto appreso da Ioffredi, riferisce che la Coluccio avrebbe espresso dubbi su Marco Costantini, dicendo ‘no, per carità, è bravo…però sempre lui in tutte le procedure…insistenza sullo stesso nome’ e che la stessa avrebbe proposto di affidare l’incarico a una società di revisione. A questo punto, Ambrosini chiede a Costantini se conosce una società di revisione con cui ‘collabori e concordi’. Costantini risponde che lui, effettivamente, collabora con diverse società di revisione, tra cui Ernst & Young e KPMG. Ambrosini lo interrompe spiegando che, tuttavia, le grandi società di revisione dovrebbero essere già tutte coinvolte nella procedura, perché incaricate da Astaldi e Salini. Costantini concorda, infatti, dice che probabilmente le società menzionate non passerebbero ‘l’analisi di conflitto’. A questo punto, Ambrosini propone di affiancargli Alfonso Di Carlo (un altro commercialista romano, non indagato, Ndr). Costantini concorda dicendo che sarebbe un valore aggiunto per lui. Ambrosini chiede a Costantini altri nomi di professori, nel caso in cui la Coluccio non dovesse essere d’accordo con il nome di Alfonso. Costantini propone Eugenio D’Amico, docente presso l’Università di Roma Tre. Ambrosini risponde: ‘Ecco, allora: o Alfonso di Carlo, o Eugenio D’Amico…che non rompessero!!!’”.
A questo punto accade qualcosa di strano: Ambrosini chiama il suo collega Salvagnini e gli chiede di contattare la società di consulenza milanese Rebis per sentire se sia disponibile a prendere un incarico dal concordato di Astaldi che però dovrebbe poi svolgere nei fatti prevalentemente Costantini.
“Il 28 settembre Ambrosini – scrivono i pm – riferisce che hanno individuato lo studio dei commercialisti per valutare delle partecipazioni di Astaldi. Ambrosini aggiunge che, però, necessitano di un’azienda di revisione e chiede di potersi informare con tale società se ci può essere disponibilità nel ‘mettere il loro cappello, previa revisione e controllo, ma non a fare il lavoro’. Salvagnini chiede se tale società dovrà apparire solo formalmente, dato che il lavoro dovrà essere svolto da un altro professionista. Ambrosini risponde che il lavoro è fatto dallo studio di commercialisti che non apparirà nella procedura, ma la società di revisione dovrà solo controllare e apparire formalmente. Ambrosini specifica che, dato che si tratta del più grosso concordato della storia italiana, darà visibilità alla società più che compensi economici. Salvagnini chiede il nome di tale studio. Ambrosini risponde che si tratta dello studio ‘Marco Costantini e Partners’. Ambrosini continua dicendo che si tratta di ‘un investimento reputazionale più che la parcella’. Salvagnini risponde che chiederà e gli farà sapere. Salvagnini aggiunge: ‘Bisogna vedere se sono disposti a prendersi questo rischio’. Il 30 settembre Salvagnini chiama Ambrosini per comunicargli che la società Rebis Italia s.r.l. non è disponibile ad accettare la proposta fatta da Ambrosini. Rebis non è disposta ad assumersi la responsabilità di un lavoro di revisione fatto da altri”.
Due settimane dopo, è l’11 ottobre scorso, i pm intercettano Rocchi, che si trova con Di Carlo e dice “di avergli spiegato un po’ tutto”. Rocchi dice che gli passerà al telefono Di Carlo che vorrebbe ringraziarlo. Proseguono i pm “Rocchi fa presente che Di Carlo avrebbe proposto di aumentare il ‘cap’, visto che sono in due (riferito al compenso, ndr). Ambrosini chiede se fa riferimento al cap di 100 (che probabilmente sta per 100mila euro di tetto al compenso massimo, ndr). Rocchi conferma. Ambrosini risponde che vedranno come fare per aumentare il compenso, magari togliendo qualcosa agli avvocati. Rocchi acconsente”.
Questo è uno dei passaggi più delicati della vicenda. Sembra di capire che Rocchi e Ambrosini, dopo avere registrato la contrarietà del giudice a dare l’incarico a Costantini, decidano di fare fare comunque a lui il lavoro dando l’incarico a Di Carlo. Rocchi chiede ad Ambrosini di alzare il compenso visto che i professionisti sono due e Ambrosini immagina di reperire le risorse abbassando il compenso ai legali che avrebbero preso l’altro incarico, probabilmente quello della valutazione delle cause in corso.Poi Rocchi passa il telefono a Di Carlo e, scrivono i pm: “Ambrosini commenta che è contento che faranno questa cosa insieme”.
Tutto ciò per i pm sarebbe un reato perché ritengono che “Ambrosini, nella scelta dei professionisti (ai quali conferire gli incarichi connessi alla procedura), in contrasto con le indicazioni del giudice delegato, abbia agito ingannando (ovvero, con il proposito di ingannare) il Tribunale con il preciso scopo di veicolare l’incarico a persona da lui individuata ( Costantini) , facendo figurare, nelle formali richieste di autorizzazione, nominativi professionisti diversi da quelli poi che avrebbero, su sua indicazione di fatto, svolto l’incarico”.
Marco Costantini, sentito dai pm dopo la perquisizione il 30 ottobre, ha fatto mettere a verbale che non ha mai saputo nulla di Rebis e di Salvagnini. La manovra di ‘aggiramento’ delle volontà del giudice delegato Coluccio e del presidente La Malfa, insomma, sarebbe stata ideata e condotta dal coindagato Ambrosini a sua insaputa. Costantini è un professionista stimato che ha preso altri incarichi importanti in passato sia dal Tribunale che da soggetti privati (è attestatore del concordato Atac, per esempio) e effettivamente ha fatto notare che lui in fondo non ha avuto altra colpa di avere accettato di lavorare con un commercialista anche lui stimato e non indagato come Di Carlo. L’incarico peraltro non è stato dato poiché deve essere affidato formalmente dai giudici e non dai commissari. Al Fatto risulta che c’è stata solo una prima riunione alla quale hanno partecipato sia Di Carlo che Costantini con i commissari per vedere le carte del lavoro da fare.
Il punto oggi non è tanto capire se nell’episodio dell’incarico indiretto a Costantini si celi un reato. Ma se il comportamento di Ambrosini possa essere compatibile con un incarico dal compenso milionario conferito dai giudici fallimentari di Roma sulla base della fiducia nel professionista. I giudici Antonino La Malfa e Angela Coluccio hanno sul tavolo le intercettazioni notificate agli indagati con il decreto di sequestro dei loro cellulari. Ora i giudici del concordato Astaldi dovranno prendere una decisione sui loro commissari.
Le ipotesi astrattamente possibili sono quattro: o vanno avanti con due commissari come se nulla fosse accaduto; o nominano solo un commissario al posto dell’unico dimissionario, Rocchi, lasciando l’indagato Ambrosini al suo posto; o nominano due commissari al posto dei due indagati o infine rinnovano tutta la terna, sostituendo anche Vincenzo Ioffredi che però non ha nessuna accusa pendente. La decisione dovrebbe essere rapida.