A poche ore dalla condanna a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale inflitta ai due carabinieri, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di aver pestato il 31enne Stefano Cucchi dopo averlo arrestato, la sorella Ilaria torna a parlare della sentenza dicendosi “frastornata” per ciò che è accaduto nella giornata di giovedì e si sofferma sulle parole del capo della Lega, Matteo Salvini, che poco dopo la sentenza ha negato le scuse alla famiglia e dichiarato che “se qualcuno ha usato violenza ha sbagliato e pagherà. Questo testimonia che la droga fa male sempre e, comunque, io combatto la droga in ogni piazza”: “Anch’io da madre sono contro la droga, ma Stefano non è morto di droga – ha dichiarato ai microfoni di Circo Massimo, su Radio Capital – Contro questo pregiudizio e contro questi personaggi ci siamo dovuti battere per anni. Tanti di questi personaggi sono stati chiamati a rispondere in un’aula di giustizia e non escludo che il prossimo possa essere proprio Salvini”.

Il messaggio che la sorella di Stefano ha voluto lanciare dopo dieci anni di indagini, processi e dichiarazioni a mezzo stampa è chiaro: “Sono ancora frastornata, sono passati tanti anni in cui abbiamo sentito parlare di Stefano che era morto di suo – ha detto a Non Stop News, su RTL 102.5 – Oggi sappiamo che qualcuno è stato chiamato a rispondere per la sua morte e che in aula di giustizia, e voglio ricordare che Stefano è morto anche di giustizia, è stato riconosciuto che Stefano Cucchi è stato ucciso. Cosa che sia io che tutti coloro che hanno voluto approfondire questa storia e non piegarsi alle ipocrisie sapevamo fin dal principio. Però ci sono voluti dieci anni per farlo riconoscere in aula di giustizia”.

La donna si è soffermata anche sul momento in cui un carabiniere, a sentenza pronunciata, le ha baciato la mano in segno di rispetto e gratitudine: “È stato un momento emozionante perché racchiude un po’ quello che diciamo da sempre – spiega – Anche se da più fronti si è voluto far passare il concetto che noi fossimo in guerra con le istituzioni e con l’Arma dei Carabinieri, quello che sta accadendo oggi anche nel processo sui depistaggi dimostra che non è così e anzi, tutt’altro. L’Arma dei Carabinieri è stata danneggiata quasi quanto la famiglia di Stefano Cucchi da ciò che è avvenuto”.

Ilaria si è soffermata anche a riflettere sugli ultimi 10 anni, ripensando agli ultimi momenti passati insieme al fratello e al giorno in cui ha visto il suo corpo senza vita sul tavolo dell’obitorio: “Quando ho visto Stefano sul tavolo dell’obitorio continuavo a rimproverarmi e a dire che era tutta colpa mia perché non avevo saputo capire cosa stava succedendo in quei sei giorni. E me lo sono ripetuto per anni. Oggi so che non era colpa mia e so che io – con l’aiuto di coloro che mi sono stati vicino, a partire da Fabio (l’avvocato Fabio Anselmo, ndr), da sola non avrei fatto nulla – ho mantenuto la promessa fatta a Stefano quel giorno sul tavolo dell’obitorio, ‘Non è finita qui’“.

Anche il padre Giovanni ha raccontato a Repubblica questi suoi dieci anni dopo la morte del figlio. Torna anche sulle scelte fatte dalla famiglia, come quella di mostrare le foto (lo fece Ilaria) del cadavere del figlio. Era il 29 ottobre quando il Fatto Quotidiano pubblicò per la prima volta le immagini di quel corpo evidentemente sottopeso, con gli occhi tumefatti e gli zigomi troppo sporgenti. “É stato Luigi Manconi l’uomo che ci ha convinto a mostrare le foto di Stefano – racconta l’uomo – , noi non volevamo, pensavamo che a Stefano dispiacesse. Il suo corpo, in tutti questi anni, ha raccontato la verità“.

Adesso, continua l’uomo, arriva il momento del silenzio, quello che permetterà alla famiglia di analizzare definitivamente la scomparsa prematura di Stefano, dopo dieci anni in cui i tribunali non hanno lasciato un attimo ai genitori e alla sorella: “Finora abbiamo dovuto combattere e siamo stati sempre circondati da gente. Ci sono stati i media che hanno svolto un ruolo importante, ma quando calerà questo caos allora mi troverò, ci troveremo, soli con Stefano”. Uno sforzo che, però, gli ha permesso di provare “un leggero sollievo” per i risultati ottenuti nelle aule di tribunale: “Possiamo iniziare a credere nella giustizia”.

Oggi Giovanni Cucchi prova sollievo, ma ricorda ancora la delusione dopo il primo processo, conclusosi con l’assoluzione degli imputati: “Me lo ricordo bene quel giorno. Uscii dal tribunale impietrito. Come se qualcosa dentro di me si fosse guastato. Non riuscivo a capacitarmi. Sa quel giorno cosa disse mia figlia a Fabio Anselmo? ‘Abbiamo vinto’. E Lui: ‘Ma che dici?’. ‘Sì, abbiamo vinto di fronte all’opinione pubblica’”.

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